Tenet ha salvato il cinema? I numeri di Nolan dopo l’uscita nel mondo

Tenet ha davvero salvato il Cinema dalla pandemia? Dopo l'uscita del film in tutto il mondo possiamo iniziare a tirare le somme

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Particolare della locandina di Tenet
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Tenet, box office e futuro del Cinema: dati e riflessioni:

Era dalle prime settimane di Avengers Endgame che la distribuzione di un film non era accompagnata da una lettura così disperata e maniacale dei numeri economici collaterali. Ora, Tenet (qui la nostra recensione) si è rivelato capace di porsi sullo stesso piano mediatico del colosso Marvel: forse non per le ragioni che Christopher Nolan avrebbe auspicato.

Nel caso dell’ultimo Avengers, l’industria intera del cinema americano e dunque mondiale aveva investito sinergicamente sull’elezione di un nuovo Best Grossing Movie of All Time. Allora le ragioni erano serenamente propagandistiche; decretando il trionfo della decennale operazione MCU, l’intento reale fu mandare un inequivocabile segnale al pubblico e agli investitori: mostrare come un film del 2019 potesse ancora rappresentare un fenomeno economico e culturale, provando così che le sale, il cinema e la famosa “visione collettiva” fossero infine vivi, thriving, ancora centrali nonostante l’avanzare delle nuove pressanti forme distributive.

Flash forward, un anno dopo: dodici mesi che paiono dodici anni separano l’uscita del tentpole Disney nella primavera 2019 con lo scenario apocalittico della primavera 2020, e a quello postatomico di questa lunga estate di ricostruzione.

Box Office Tenet: Nolan ha salvato il Cinema dalla pandemia?

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Tenet Box Office: Una delle immagini promozionali di film

Un anno dopo il trionfo di Avengers Endgame, il mondo che Tenet si trova ad affrontare sembra appartenere a un’altra era

I drammatici punti dell’excursus sono ormai noti a tutti: chiusura forzata delle sale cinesi nell’ultima settimana di gennaio (perdite stimate al momento: circa due miliardi di dollari americani), lo shock del doppio weekend italiano del 24/2-2/3, l’inesorabile propagarsi della pandemia che nel corso di marzo mise definitivamente in ghiaccio ogni discorso legato all’entertainment.

Poi le riaperture, l’euforia mista a depressione di chi riemerge dal bunker per trovare la devastazione; alle prime timide ma significative riaperture cinesi, sono seguiti gli ok europei tra la metà di maggio e la fine di giugno (il 15 in Italia). Infine, la drammatica constatazione, già avanzata dai media cinesi a marzo e divenuta realtà anche in occidente; ovvero, che riaprire senza film equivale a condannarsi alla chiusura.

Negli ultimi due mesi, l’appello per una ripresa della distribuzione di massa è stato lo stesso in mezzo mondo: devono tornare i film, e devono essere, grandi, importanti, e frequenti. Ma senza pubblico (sopratutto americano) le major non distribuiscono; senza i film, il pubblico non torna certo in sala a rivedersi La Favorita o l’ultimo film-evento dei BTS. Un circolo vizioso da spezzare con un atto di forza, il prima possibile: in questi primi nove mesi di 2020, il passivo mondiale stimato dall’industria si aggira attorno ai 5 miliardi di dollari.

In un tale contesto, la venuta di Tenet ha assunto i toni millenaristi del Giudizio biblico, a decretare salvezza o dannazione. Grazie all’opposizione totale di Christopher Nolan a ogni tipo di cancellazione o, sia mai, distribuzione alternativa, la Warner si è infine vista costretta a mantenere l’uscita del film in cartellone, con aggiustamenti minimi. Da metà luglio ad un insperato 28 agosto; è questa la data scelta per il lancio worldwide, a cui è seguita una più cauta distribuzione in USA e Cina il successivo 4 settembre. Il film, si stima, dovrà assicurare intorno ai 400 milioni complessivi per ripagarsi. Ma è chiaro che la posta in gioco è maggiore: se Tenet vince, il pubblico c’è. Se il pubblico c’è, il cinema può ripartire.

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Dopo sei mesi di immobilismo e paura, Tenet ha avuto il compito di riportare in sala, da solo, praticamente il mondo intero

Facendo qualche conto a bocce ferme, si può affermare con cautela che Tenet abbia vinto la sua battaglia. Il che non equivale, purtroppo, ad affermare la salvezza del mezzo-cinema (né il successo economico per i produttori); ma i numeri di questi tre bizzarri weekend potrebbe bastare a serrare le file e caricare l’umore di esercenti e operatori, in vista dell’autunno postbellico che li attende.

Il clima di rassegnazione collettiva di fronte alle pretese del regista (col senno di poi rivelatesi lungimiranti, o completamente folli a seconda del punto di vista), determinato fino all’ultimo ad assicurare al suo film una distribuzione alla prima finestra libera, si evince dalle proiezioni stimate all’esordio. Pur con tutta la scaramanzia di rito, i 25 milioni attesi da settanta mercati (per lo più europei) al weekend del 28 agosto erano una cifra da condannato a morte.

La risposta dei paesi meno colpiti all’arrivo del film è stata la sorpresa più gradita, a testimonianza di una paura ormai serenamente superata; il film chiuse il suo primo weekend mondiale con 53 milioni, cui ne seguirono altri 58 al secondo e, arrivati al terzo, altri 20. Entrate stabili, cali minimi, mercati estremamente ricettivi (persino in territori particolarmente colpiti come Francia e UK, oltre dieci milioni a testa – più del doppio della “guarita” Italia, per lo più ancora in spiaggia). Oggi il film conta circa 130 milioni raccolti tra Europa e altri mercati “isolati” (Australia, Corea); con diversi territori ancora indietro (Russia, Spagna), il primo scoglio è da considerarsi superato.

Il punto critico del discorso rimangono ovviamente la Cina e, prima ancora, gli Stati Uniti. La cautela del rimandare l’uscita di una settimana rispetto alle altre finestre internazionali testimonia una tensione ancora difficile da sciogliere; e se l’ormai quasi ripresosi mercato cinese ha siglato un dignitosissimo esordio da 30 milioni, saliti a 50 complessivi al secondo weekend, le discutibili strategie (anche comunicative) adottate in USA per contrastare il virus ne hanno inevitabilmente rallentato la ripresa.

Se l’Europa e la Cina hanno risposto, il mercato cinematografico americano rimane un punto interrogativo

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Tenet Box Office: Washington in una scena del film

Attualmente le sale americane aperte viaggiano attorno al 70%, con solamente il 25% delle postazioni prenotabili; di base, meno di una sala su cinque è da considerarsi interamente operativa. A Hollywood non sono ottimisti, e il rilancio ad autunno inoltrato degli altri tentpole stagionali (ultimo in ordine di tempo, Wonder Woman 1984) lo confermano. Su suolo americano, condizionato da un’offerta di multisala a macchia di leopardo (si sprecano online i racconti di viaggi in macchina inter-statali per raggiungere la proiezione più vicina), la “ripartenza” piena è ancora un miraggio. A un esordio da 20 milioni su sale selezionate, è seguito un aggiornamento a 30 complessivi nelle ultime ore; la Warner aveva inizialmente rifiutato di rendere pubblici i dati, che al momento includerebbero anche gli incassi delle anteprime canadesi.

È chiaro che l’apporto del mercato nordamericano all’industria è al momento pressoché nullo, e ciò spiega la distribuzione minimale, mirata ad uno sfruttamento lungo. Dei 207 milioni raccolti in questi confusi venti giorni, i dollari nordamericani rappresentano appena il 14%. Solitamente, la quota USA degli incassi per un film internazionale viaggia tra il 25 e il 45%: il gigante dorme ancora.

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Con 207 milioni di dollari mondiali, Tenet dovrà attendere il risveglio del mercato americano

Si ripresenta dunque ingombrante il tema della ripartenza. Un discorso che prescinde da Tenet, i cui numeri rappresentano a questo punto solamente il primo capitolo di un volume da scrivere.

Tenere i conti del passivo rispetto a un 2019 pur drogato dall’uscita di Endgame è autolesionismo. Si è aperta volenti o nolenti una nuova era per la fruizione del prodotto-film, è stato detto; come è stato detto che a farne le spese, per puro e cinico darwinismo, saranno gli esercenti.

Grandi alternative non se ne vendono, le idee emerse nei mesi di lockdown sanno di fiction speculativa più che di proposta. Molti analisti hanno lasciato andare per mesi la fantasia e lo slancio utopistico, auspicando un ritorno a questa o quella “esperienza cinematografica”; ma al netto di trovate folkloristiche come drive-in e cineforum su Zoom, nessuna alternativa pratica al grande schermo appare al momento sostenibile.

In Italia l’obbligo di confrontarsi con questo nuovo presente si è risolto con un’appello di massa al Governo e poco altro; al momento non una singola iniziativa coordinata su vasta scala sembra voler provare a smuovere un’offerta bloccata, orfana di prodotti nazionali che facciano da ossigeno tra un blockbuster americano e l’altro.

Dopo Nolan, il nulla: per le nuove uscite bisognerà aspettare novembre, ma l’offerta mondiale ha bisogno di titoli

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Tenet Box Office: Washington e Pattinson in una scena del film

Il futuro resta grigio, per un segnale positivo dieci negativi ne seguono. La clamorosa resa di Mulan, campione annunciato di questo 2020 e più importante collaborazione storica sino-americana di sempre, sbattuto tra i malumori del pubblico generalista su una piattaforma ancora in fase di lancio come Disney+, indica che nessun investimento è più sicuro. L’importante sarebbe ora dar seguito a Tenet con un listino di programmazione calibrato a livello globale; ma il calendario delle prossime settimane è desertico, Wonder Woman si è tirato indietro, per James Bond e Black Widow bisognerà aspettare novembre. Altri tempi quando il dominio dei prodotti Marvel pareva l’unico problema: il nuovo film dell’MCU sembrerà provenire da un altro mondo.

Capriccioso, megalomane, l’unico ad aver avuto comunque ragione è stato Christopher Nolan. Con Tenet la Warner perderà dei soldi, ma si è sobbarcata un impegno storico. Avesse scelto la strategia attendista dei colleghi rimandando il film a Natale, avrebbe probabilmente posticipato il ritorno in sala del pubblico di massa di altri due mesi, condannando alla chiusura un numero infinito di esercizi. Con il “sacrificio” del progetto-Tenet nel momento più critico della storia del Cinema, la ruota ha ripreso a girare, ed è arrivato finalmente un quadro chiaro della situazione 2020. L’Europa è (quasi) presente, la Cina pure. I mercati sudamericani sono bloccati; la zona dell’Asia orientale e del Pacifico ha risposto, timidamente. Gli USA agonizzano, per quanto ancora?

Il regista, dal canto suo, ha poco da chiedere. Dall’inizio della lavorazione, si era assicurato il 20% in first dollar gross; dunque, comunque proceda la vita del film, 40 milioni di dollari sono già suoi. E’ sempre stato più intelligente degli altri.

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