Radiohead: gli album dal migliore al peggiore [LISTA]

Classifica dell'intera discografia della band di Thom Yorke

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5. Hail to the Thief

Probabilmente il disco più politico della band, insieme, chiaramente, ad OK Computer, Hail to the Thief sacrifica la semplicità di Kid A e Amnesiac in favore di una sperimentazione maggiore sul fronte degli arrangiamenti. Anche i suoni vengono rinnovati, lasciando spazio ad ambienti sonori inusuali come quelli di Myxomatosis, che gira attorno ad un riff di basso/sintetizzatore distorto, e di Backdrifts, che sfrutta un campionamento trovato in rete. Tornano, e numerose, le chitarre, a grande richiesta con arpeggi ora puliti ora distorti che si intrecciano in melodie articolate che ricordano le tracce di OK Computer. L’album dalla durata maggiore dell’intera discografia del gruppo.

4. A Moon Shaped Pool

Rilasciato a sorpresa verso la fine della primavera del 2016, è, al momento della scrittura di questo articolo, l’ultimo lavoro in studio firmato Radiohead. Un ritorno in grande stile, tra straordinarie orchestrazioni di chitarre acustiche e ambient, pianoforti e sintetizzatori, qui unici e caratteristici di ogni brano. Il gruppo fa un passo indietro dal precedente The King of Limbs, tornando alle idee ed al mixing misurato ma pieno di In Rainbows. Un disco che racconta l’esperienza ormai ventennale della band di Yorke, attraverso fiumi di suoni interessanti e minuzie nella produzione, racchiusi nella durata “pop” della maggior parte dei brani. Un’opera raffinata ma colorita, che fonde alla perfezione acustico ed elettronico in strutture più o meno astratte, nelle undici tracce che compongono l’album.

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Screenshot dal video ufficiale di “No Surprises”

3. Kid A

Non se lo aspettava certamente nessuno un cambio così radicale ma dopo un album del calibro di OK Computer, i Radiohead avrebbero anche potuto ritirarsi dalle scene e godersi la fama. Invece i ragazzi di Oxford pensarono bene di investire tutto il guadagnato in nuove attrezzature, tra Ondes Martenot e Prophet-5. Era dagli anni ’80 che un gruppo rock non si convertiva all’elettronica, e i risultati, come sappiamo, non erano tutti paragonabili alla transizione da Joy Division a New Order. Eppure i Radiohead ci sono riusciti, confezionando questo già capolavoro di “rock-non-più-rock” alternativo del nuovo Millennio, dai testi minimalisti quanto le melodie e gli arrangiamenti.

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2. In Rainbows

Regalato (letteralmente) dalla band a tutti i fan in formato digitale, In Rainbows è il settimo album in studio dei Radiohead, nonché il secondo classificato in questo nostro articolo. Un lavoro impressionante, prodotto autonomamente dai membri della band e dal fidato Nigel Godrich, costituisce una delle più grandi conquiste del panorama musicale indipendente. Un album tanto coeso quanto eclettico e pesato. Si raggiungono le vette del minimalismo sonoro di Kid A, ma tirando in ballo le variopinte chitarre di Hail to the Thief, integrando il tutto con sintetizzatori mai invadenti e tempi dispari (15 Step) e velatamente sincopati (Videotape). Un vero gioiello, impeccabile in ogni suo aspetto, In Rainbows fissa un nuovo standard nel panorama alternative e finisce al secondo posto della nostra personale classifica.

1. OK Computer

Se siete arrivati a leggere fin qui l’avrete già capito: una mossa scontata forse ma non potevamo astenerci dal mettere al primo posto quello che per noi è indiscutibilmente l’opera più importante e influente della band inglese, OK Computer. Il disco, non solo segna l’inizio della storica collaborazione con il produttore Nigel Godrich, definibile, ormai, quasi un “sesto membro”, ma rappresenta anche l’ultimo vero album rock.

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Negli anni ’90 il “rock” si è definitivamente smembrato in decine e decine di sottogeneri, dal post-rock all’industrial, e la vena più classica, mainstream, ha integrato elementi di elettronica ma senza snaturare l’onnipresente chitarra. OK Computer segue la naturale evoluzione del genere ed è, di fatto, un’album di chitarra, anche se arricchito, ovviamente, dalle varie tastiere e percussioni presenti. Tuttavia, è di una chitarra nuova, che, quando non è stravolta dalle lunghe file di pedali, percorre scale e arpeggi barocchi ed estremamente originali alle orecchie di un qualunque chitarrista “classico”. Tanto è stato detto e scritto su quest’opera, dalle sonorità innovative alla grinta del concept lirico, all’intesa perfetta tra i membri del gruppo, perciò non resta davvero molto altro evitando di ripetersi. Un capolavoro tale da segnare la fine di un genere ed in grado di aprire ad una nuova era per la “musica della chitarra”.

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