Lie: un disco di Charles Manson

L'attesissimo nono film di Quentin Tarantino è disponibile già da qualche giorno in tutte le sale italiane. Tra i personaggi del film, c'è anche Charles Manson. Analizziamo insieme l'unica nota positiva nella vita del criminale: il suo disco del 1970 "Lie: the Love and the Terror Cult"

Charles Manson
Lie - Charles Manson
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“La mia musica non è su nastro”

Il percorso che portò alla pubblicazione di questo guilty pleasure della musica Folk firmato Charles Manson fu tutt’altro che lineare. Va innanzitutto ricordato che quando il disco uscì, il noto criminale era in carcere sotto l’accusa di essere stato il mandante degli omicidi di Sharon Tate e 4 suoi amici nonché dell’omicidio del dirigente Leno LaBianca e di sua moglie. Ebbe comunque il tempo di tartassare il proprio produttore per convincerlo a pubblicare il materiale registrato. Una situazione sicuramente sfavorevole per far uscire un proprio disco, ma evidentemente nella mente contorta di Manson era il momento perfetto.

Ma il pazzo ritrattò: ”[il disco] venne ricavato da un vecchio registratore da 7 dollari, e venne messo insieme per pura speculazione commerciale, e il tizio ci guadagnò sopra 6000 o 7000 dollari. La mia musica non è su nastro”. Queste le dichiarazioni di Manson a proposito del disco. Per la stampa delle prime 2000 copie il produttore Phil Kaufman, da tempo intenzionato a pubblicare un disco di Manson, trovò e spese solo 3000 dollari. Quindi secondo quanto è riportato nell’intervista, questo ”produttore maledetto” ci lucrò sopra parecchio.

Registrazioni misteriose.

La sede della chiesa greco-cattolica, la casa dei Beach Boys e lo studio di Phil Spector furono solo alcuni dei posti che ospitarono Manson durante le fasi dell’incisione. Ma andiamo con ordine. Van Nuys era una cittadina di Los Angeles che subì un aumento demografico vertiginoso nei primi del ‘900 e di conseguenza si munì di tutti i servizi possibili. Tra essi, appunto, uno studio di registrazione. È singolare pensare che appena 20 anni più tardi quella città sarebbe diventata la sede di un’importante congregazione cattolica. Manson di sicuro non avrebbe approvato.

Persino i Gold Star Studios, presso i quali Phil Spector si inventò il Wall of Sound, ospitarono Manson e la sua musica, così come la casa dei fratelli Carl e Brian Wilson: niente meno che i fondatori dei Beach Boys. Le misteriose sessioni di registrazione del noto criminale passarono anche da loro. Tra i brani registrati, molto probabilmente c’era anche il numero 4 del lato B di Lie: Cease to Exist. I fratelli Wilson avevano già registrato a loro nome questa traccia per poi cambiarle nome. Questo è il fatto più eclatante: Manson e i Beach Boys hanno in un comune la stessa canzone.

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Il disco in sé.

Le tracce sono estremamente varie, ma non si può prescindere dall’opening. Look at your Game Girl è stato veramente un colpo di genio. La canzone è fin dall’attacco una ballata coinvolgente. Dei corposi accordi di chitarra accompagnano melodie sapientemente scritte e un testo invidiabile. È sicuramente una delle tracce più lineari del disco che lascia subito spazio a ritmiche frenetiche e cantato stile spoken words. È il caso di Mechanical Man, una traccia piuttosto insolita che narra la surreale storia di un uomo che nutre la propria scimmietta di pan di zenzero finché ella non muore. Insomma non proprio un testo in cui immedesimarsi.

Già queste due tracce ci danno una sorta di linea guida su cui è tracciabile l’andamento del disco: pezzi squisitamente folky alternati a squilibri sonori degni del maniaco che era. È addirittura possibile ascoltare alcune adepte della famigerata ”Family” che fanno da coro esoterico in I’ll Never Say Never to Always, brano di 40 secondi senza base e probabilmente senza un vero e proprio senso. Ma sicuramente di grande effetto.

Ma vediamo insieme quel fatidico pezzo del lato b conteso tra Manson e gli autori di Surfin Usa. Cease to Exist è in fondo una canzone d’amore (tra l’altro splendidamente condita da dei bei feel di chitarra elettrica). Certo non è facile entrare nell’ottica di Charles Manson, ma sotto l’ambiguità che permea ogni brano di questo disco ogni tanto l’autore se ne esce con degli ottimi spunti di riflessione. Nel caso di questo brano, egli ci dice che ”Amore e comprensione son fatti l’una per l’altra”. Magari banale come assunto, però colpisce che a dirlo sia stata la stessa persona che qualche anno più tardi affermò di essere Gesù Cristo.

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Charles Manson
L’immagine mostra il numero del 19 dicembre 1969 della rivista Life da cui fu rimosso il sottotitolo e il prezzo per creare la copertina del disco. Il titolo è quindi un gioco di parole sul nome del magazine.

Personaggio vs Artista

Questo disco è il perfetto specchio della personalità di Manson: bipolare, sconclusionato, bizzaro, ironico (Don’t Do Anything Illegal). Unico. Se c’è un modo sano per avvicinarsi al suo operato è proprio tramite questo disco. D’altronde, anche il già citato Spector si è sporcato le mani nella sua vita privata, ma ci ha anche donato un modo nuovo di concepire la produzione musicale. Perché privarsene?

Occorre sempre saper distinguere la vita artistica di un individuo da quella privata, altrimenti saremmo costretti a privarci di fior fiore di artisti che hanno cambiato in positivo il nostro mondo. Di certo non ci sentiamo di paragonare Lie ad un opera di Picasso. Semplicemente riteniamo, da amanti della musica, che sia un peccato non sentire Eyes of a Dreamer -ultima traccia del disco- almeno una volta nella vita.

Charles Manson nel film di Tarantino

Evitando gli spoiler, possiamo dirvi che Cliff Booth, personaggio interpretato da Brad Pitt, a un certo punto della pellicola viene a contatto con Charles Manson (interpretato da Damon Herriman) che si presenta a casa Polański in cerca del precedente proprietario. Prima di venire allontanato, Manson addocchia Sharon Tate, interpretata da Margot Robbie. In seguito un’adepta di Manson condurrà Cliff all’interno della Family.

Come vedete, ci sono accenni solo al Manson criminale, e non al Manson artista. Il film di Tarantino permetterà a molti suoi fan di fare un tuffo nel passato lungo 50 anni. Noi della scimmia vi invitiamo a farlo a modo nostro: consigliandovi un disco che è sottostimato per ragioni più che valide, ma che merita comunque l’attenzione dei nostri lettori più musicofili.

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