5 film da vedere su Amazon Prime Video – Parte due

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Amazon Video è una piattaforma streaming che purtroppo viene costantemente ignorata dal grande pubblico, a discapito di molte opere interessanti e d’autore. Il catalogo infatti, non solo presenta diversi titoli recenti meritevoli, ma anche grandissimi film che son entrati per merito nella storia del cinema. Opere assolutamente da non perdere e lavori che non possono sfuggire ai veri appassionati della settima arte. Una lista di creazioni in grado di spaziare attraverso i generi, gli stili e i target, fornendo sempre il giusto prodotto al pubblico di riferimento. Ecco quindi, 5 film da vedere su Amazon Prime Video:

1) Martyrs – Pascal Laugier (2008)

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Martyrs è una sorpresa; un continuo ribaltamento di trama, che sconcerta e disorienta lo spettatore, sia per l’efferatezza delle immagini e sia per i suoi twist narrativi imprevedibili.

Un’opera inaspettata e che proietta il suo pubblico in una spirale di violenza, disturbante e capace di far gelare il sangue nelle vene. Un prodotto di cui risulta difficile parlare, senza anticipare elementi salienti e fondamentali per lo sviluppo della trama. Un abisso di disperazione, dolore e violenza, nel quale ci si può tuffare, ma solamente si è pronti ad assistere a tutte le sfumature della sofferenza. Un qualcosa che lede, per quanto riguarda la poetica del regista, non solo la carne, ma anche la psiche delle protagoniste. Istanze che si incidono nel tempo, mutandolo e protraendosi in eterno, verso una mistificazione del dolore, sia della carne che della mente. La sofferenza diviene così elemento capace di mutare le persone, anche temporalmente, intrappolandole in condizioni iterative della violenza subita.

2) Brazil – Terry Gilliam (1985)

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In un futuro distopico e orwelliano, dove il lavoro e la burocrazia sono il fulcro dell’esistenza degli esseri umani, sognare è l’unica forma d’evasione possibile.

I colori che prima caratterizzavano il mondo, ora sono scomparsi e hanno lasciato il posto al grigio metallico dell’industria, tonalità asettica e fredda, rappresentazione di una società meschina e ormai incapace di provare emozioni.  Sam Lowry, eroe dei suoi sogni ed ennesimo sottomesso della realtà, è un rivoluzionario dell’ordinario. Un individuo che prende le distanze dall’omologazione della sua epoca, per immergersi nella sua dimensione onirica, dove tutto è possibile. Lowry quando chiude gli occhi, diventa la sua antitesi e indossando un’armatura scintillante, vola libero e coraggioso verso la sua amata; la donna che sogna da sempre, simbolo della sua felicità.

In Brazil la burocrazia e l’ordine regnano sovrani, schematizzando e catalogando in maniera cieca e insensibile ogni cosa. Gli esseri umani non esistono più, hanno perso il loro valore esistenziale, venendo sostituiti da fogli di carta anagrafici. Una volontà di rappresentare il mondo, come una gabbia per lo spirito e per l’individualità di una persona, così costretta a retrocedere a macchina ubbidiente ed instancabile. Terry Gilliam crea un macro-universo meccanico, fatto di tubi e strani circuiti, vene ed infrastrutture nervose di un’entità in grado di fagocitare qualsiasi cosa. Un ecosistema vivente e pulsante, simbolo di un capitalismo incalzante, specchio della nostra società attuale.

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Il genio visionario del regista confeziona così il suo lavoro più completo, capace di straniare lo spettatore ed indurlo a riflettere sulla propria condizione esistenziale. Le cose capaci di “far muovere il Sole e le altre stelle” non si trovano tra i palazzi grigi e nei cassetti pieni di soldi, ma in tutte quelle cose che sono in grado di metterci delle ali indistruttibili e di farci volare verso orizzonti sconfinati, in direzione della nostra felicità. Un invito da parte del regista a tornare ad una dimensione meno macchinosa, adita all’animo e alla sua necessità di esprimersi. Lo stesso bisogno che veniva costantemente negato al protagonista da una realtà, che non era altro che la sua nemesi stratificata e relazionale.

3) Un lupo mannaro americano a Londra – John Landis (1981)

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In un equilibrio perfetto tra commedia e orrore, l’opera di John Landis dissacra ed esalta il genere al tempo stesso. Un ibrido che riesce nella sua impresa di convincere il pubblico, anche grazie all’ottima gestione delle tempistiche messe in atto. Due amici universitari, dopo essersi avventurati tra le inquietanti e nebbiose terre inglesi, finiscono travolti da una terribile maledizione, andando in contro a due destini differenti. David si trasforma a sua insaputa in un lupo mannaro, mentre Jack diviene un morto vivente, intrappolato in quello stato fino alla rottura del sortilegio. Due manifestazioni opposte del male, ma capaci sia di imprigionare i due personaggi e sia di deturparli nella loro essenza. Una minaccia indefinibile, che sfugge alla logica umana, e che fa regredire l’essere umano, sia mentalmente che fisicamente, in uno stadio bestiale.

John Landis dirige così un’opera intrigante e dallo stile unico, capace di mettere in mostra una delle migliori trasformazioni umane di sempre. Il cambiamento della fisionomia di David, nel suo passaggio da umano a lupo a mannaro, è resa dolorosa ed angosciante. Una metamorfosi viscerale, che esalta tutta la sofferenza legata al cambiamento di stadio, da una natura razionale ad una più primordiale ed istintiva. Una scena convincente, soprattutto dal punto di vista visivo, dove le infinite sessioni di trucco hanno svolto un lavoro eccellente. Un lupo americano a Londra è il frutto di una sceneggiatura convincente e coerente, in grado di rendere credibile ogni singola situazione, anche se immersa nell’assurdo, nella commedia e nel surreale.

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4) Lazzaro Felice – Alice Rohrwacher (2018)

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Guardando il film di Alice Rohrwacher, viene difficile non ripensare alle atmosfere delle novelle Veriste ed in particolar modo a Ciaula scopre la luna, di Luigi Pirandello. Entrambi i personaggi protagonisti infatti sono degli ingenui, individui privati di una consapevolezza terrena e predisposti a subire passivamente un’esistenza matrigna. Sono quindi protagonisti di una condizione di degrado ed alienante, che in seguito si trasforma, conducendoli ad una riscoperta del mondo e di loro stessi. Durante la visione di Lazzaro Felice, non si può fare altro che avvertire la poesia malinconica e bucolica, di un individuo strappato dal proprio scoglio, per poi essere lanciato in un mare al quale non appartiene. Il personaggio chiave delle vicende è quindi un foglio bianco, sul quale tutti possono scrivere, ma che inconsapevolmente custodisce un bene prezioso: la felicità.

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Alice Rohrwacher per la realizzazione del suo film sembra prendere ispirazione anche da Giovanni Verga e Giovanni Bocaccio, almeno per quanto riguarda le sorti ed il destino del protagonista. Un ragazzo che vive per le piccole cose, ingabbiato inizialmente in una condizione alienante, per poi andare incontro ad una società disposta a fregarlo in tutti i modi possibili. Una novella urbana dei giorni nostri ed una riflessione sulla condizione umana, sempre segnata dalla miseria e dagli eventi avversi. Alice Rohrwacher sembra quasi voglia condannare la felicità di Lazzaro, di quel personaggio sempre capace di rialzarsi in piedi e con un sorriso sul volto, indipendentemente da ciò che accada. Un sentimento che si beffa di lui, ma che al tempo stesso lo rende invulnerabile a tutto ciò che lo circonda.

5) Gomorra – Matteo Garrone (2008)

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Un ritratto freddo, fedele ed autentico di una realtà sub-urbana, dove le persone sono costrette ad omologarsi ed a sottostare a clan malavitosi, per poter aver salva la vita. Matteo Garrone sceglie di ispirarsi ad uno dei romanzi più importanti della nostra contemporaneità, annullando più filtri cinematografici possibili. Avvia così un tentativo di riprodurre fedelmente tutto ciò che quotidianamente sfugge alla vista borghese, portando la sua camera tra i quartieri della malavita. Quattro storie, quattro modi di vedere, vivere ed affrontare le problematiche che affliggono un tessuto urbano e le persone che lo abitano. I protagonisti delle vicende, non sono altro che esseri rassegnati, topi intrappolati in labirinti di criminalità, dai quali non possono evadere.

Matteo Garrone porta in scena un riflesso autentico di quella che è una realtà quanto mai odierna e pulsante, trasportando su schermo i suoi linguaggi ed la sua decadente estetica. Tutto viene curato sotto un’ottica realistica, in modo che possa risultare veritiera e sconcertante per il pubblico che vi assiste. Un’opera che contribuisce ad ampliare la denuncia sociale scritta e messa in piedi da Roberto Saviano, amplificando il suo messaggio attraverso immagini desolanti e degradanti. In Gomorra possiamo assistere, attraverso una sorta di finestra aperta dall’autore, ad una realtà scomoda e che spesso risulta più gradevole ignorare.

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