Muse: Time Is Running Out, il Significato del Video e il legame con Kubrick

Ecco il significato dello storico video dei Muse, TIme Is Running Out

Muse
I Muse nel video "Time Is Running Out". Credits: Muse / YouTube
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Il famosissimo video dei Muse, Time Is Running Out, è ispirato a uno dei massimi capolavori di Stanley Kubrick

Siamo nel 2003. I Muse sono uno dei principali nomi della scena alternative inglese. Ispirati dai Radiohead, si scatenano in un rock chitarristico con forti influenze math e prog, una tecnica non indifferente e uno stile ancora fortemente influenzato dal nichilismo anni ’90.

Absolution è il terzo album della band ed è quello che li lancia definitivamente verso il successo internazionale. Singoli come Stockholm Syndrome, Hysteria e Sing For Absolution conquistano istantaneamente le classifiche, ma il vero pezzo forte è naturalmente Time Is Running Out.

Super-classico irrinunciabile della musica anni ’00, il pezzo si pone come un forte rock alternativo che segue un crescendo in intensità, accompagnato da un ritmo impetuoso e da parti di chitarra potenti, derivanti dal grunge. Lo scopo è rendere l’urgenza “apocalittica” di ciò che la canzone stessa esprime: il tempo sta per finire.

L’impatto del singolo si deve all’epoca, ovviamente, al fortissimo videoclip che gira in continuazione su MTV e che assicura a canzone e band un successo pronto. I toni particolarmente “cupi” del video (come solito per i Muse allora) colpiscono l’immaginario di una generazione intera.

Muse – Time Is Running Out, 2003

A quei tempi su MTV circolano anche boy band come i Blue o artiste pop femminili all’acqua di rose come Britney Spears nei suoi ultimi anni di vero successo. Non esiste ancora YouTube e difficilmente in rete si può ascoltare buona musica o vedere un buon video di un gruppo rock come questo.

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Ecco perché la forza di una canzone come Time Is Running Out è rimasta bene impressa per tutti coloro che, adolescenti, cercavano forme musicali “alternative” al pop da classifica per trovare sfogo al proprio bisogno di diversità. Questi sono, per inciso, i Muse che tutti rimpiangono ascoltando un album come Simulation Theory.

Ma in quanti si sono soffermati veramente a riflettere sul vero significato di questo video? O sull’ispirazione che c’era dietro? Ebbene, nel 2003 molti non sapevano che il riferimento preciso del videoclip era il film Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, del 1964.

Complessa metafora comico-drammatica sulla Guerra Fredda e sui privilegi delle elites, il film è uno dei tanti acclamati capolavori del regista. L’ambiente ricostruito nel video dei Muse è quello di una “stanza dei bottoni” nella quale tutti i potenti prendono le loro decisioni senza consultare la popolazione. Decisioni naturalmente gravi.

Una scena da Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, 1964

Nel film originale l’atmosfera è molto più comica e satirica, grazie anche alle interpretazioni di Peter Sellers e George C. Scott. Nel video della band inglese il messaggio è invece molto più intenso: tutti costoro, militari, uomini d’arme e potenti di ogni tipo, rispondono a loro volta a “un ritmo”, che è quello della canzone stessa.

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Si muovono infatti a tempo, seguendo delle coreografie e compiendo gesti all’unisono, come se le loro stesse decisioni non dipendessero da loro ma da una qualche forza “superiore”. A seconda di come si vuole interpretare la canzone questa può essere il fato, il destino, o la natura umana.

Per contrasto i Muse e il loro rock, sinonimo allora di musica ribelle e anti-conformista, si muovono liberamente, scatenandosi e suonando la canzone sul tavolo al centro della stanza. Gli uomini e le donne in divisa seguitano con i loro compiti, ignari di quanto avviene: i “ribelli” vengono ignorati, smentendo così ogni loro importanza.

Ma sembra esserci una speranza: alla fine gli stessi militari si scatenano, buttando le loro carte all’aria e salendo sul tavolo a loro volta. Finisce così. Non quindi solo una citazione di cinema “colto”, ma una vera e propria re-interpretazione dell’idea di Kubrick, sviluppata qui dal regista del video, John Hillcoat.

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