Muse – Will of the People | RECENSIONE

Muse
Condividi l'articolo

Will of the People, il nuovo album dei Muse, è un disco ambizioso sulla carta ma ben poco rivoluzionario nei fatti

Cominciamo col dire che Will of the People, il nuovo disco in teoria “politico” dei Muse, è troppo breve e si prende troppo poco sul serio per essere considerato tale. Questo anche perché il trio, ormai affermato nel mainstream da vent’anni e più, guarda al panorama attuale comunque da una posizione privilegiata, e certo non come gruppo rock esordiente e arrabbiato.

Il loro è più una sorta di sguardo indignato e annoiato a un tempo, che però non fa scaturire mai veri momenti di passione. Piuttosto, Matt Bellamy e i suoi colleghi si dimostrano freddamente analitici, non seriamente preoccupati per ciò che succede nel mondo più di quanto potrebbe esserlo chiunque viva “al sicuro” in occidente e con un reddito a più zeri a fare da scudo contro le peggiori paure.

Alcuni spunti ci sono, come quello di Compliance. L’unica canzone nel disco forse veramente politica che coglie un’intuizione importante: scartata ogni ideologia, identifica come vero pilastro di sostegno del “sistema” il bisogno disperato dell’individuo moderno di credere in qualcosa, di avere qualcosa che lo progetta, che lo ami, che lo difenda, che lo aiuti.

LEGGI ANCHE:  Muse - Matt Bellamy svela una canzone inedita: "Uscirà presto"

Ma è solo un attimo e il concetto non prende purtroppo il posto che avrebbe potuto assumere all’interno di un concept più serio e ampio, che potesse affrontare questi temi finalmente da una prospettiva nuova, non demagogica e retorica. Invece i Muse, pur cantando l’apocalisse e la distopia, fondamentalmente si divertono. Lo prova chiaramente il divertissement, appunto, di You Make Me Feel Like It’s Halloween.

Perciò è ben chiaro che i tempi di brani urgenti e puramente cupi come Time Is Running Out (2003, ricordiamolo) sono ben lontani. E c’è poi la questione della presunta “svolta metal” annunciata da Bellamy. Svolta che si ritrova principalmente in Kill or Be Killed (altra potenziale riflessione interessante costruita sul concetto homo homini lupus) e in alcuni passaggi di Won’t Stand Down.

Continua a pagina 2