La Ballata di Buster Scruggs: recensione del nuovo film dei Coen

I Fratelli Coen decidono di sperimentare proponendo sul piccolo schermo un film ad episodi. La rottura della sceneggiatura, però, non giova all'esperimento.

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A partire da oggi sarà disponibile su Netflix La Ballata di Buster Scruggs (The Ballad of Buster Scruggs) dopo essere stato presentato allo scorso Festival di Venezia. La pellicola, già nella struttura, è molto particolare: sei episodi, tutti collegati dall’ambientazione western, ma tutti con trame a loro stanti.

Il film è idealmente e concretamente la rappresentazione di un libro antico, istoriato e con figure. Le pagine sono girate da una mano nella transizione da un capitolo ad un altro. Gli “episodi”, se così si possono chiamare, sono spesso incentrati su una o due figure di cui poco sappiamo della vita pregressa e tantomeno della vita futura, dato che molti si concludono in maniera tragica.

Tra i personaggi: Tim Black (Buster Scruggs nel primo episodio), James Franco (un cowboy, nel secondo episodio), Liam Neeson (impresario, nel terzo episodio), Tom Waits (cercatore d’oro, nel quarto) e l’unico personaggio femminile di rilevanza sarà Zoe Kazan (Alice, nel quinto episodio).

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La Ballata di Buster Scruggs, la frammentazione della sceneggiatura

Uno dei punti forti nei film dei Fratelli Coen è sempre stata la sceneggiatura: che fosse originale o presa da altre fonti (ad esempio quella meravigliosa di Non è un paese per vecchi). Cosa succede, dunque, se i due cantastorie del cinema americano decidono di rompere l’unità narrativa in sei parti?

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La Ballata di Buster Scruggs è un banco di prova interessante, e il risultato è abbastanza deludente. La volontà di John e Ethan di sperimentare si rompe davanti all’assenza di un filo conduttore e una struttura narrativa forte. Gli episodi indipendenti tra di loro, nonostanti tutti soggiacenti in un ambiente esternamente e psicologicamente desolato, non riescono mai ad essere veramente indipendenti. Ecco che, quindi, lo spettatore cercherà un quid che non riesce ad arrivare neanche nell’enigmatico episodio finale.

Nella Ballata di Buster Scruggs c’è una grande preparazione tecnica

La regia, in parte, riesce a colmare la lacuna. La Ballata di Buster Scruggs è in parte splatter, ricordando vagamente il Django di Tarantino, è in parte drammatico e struggente e in ultima parte abbastanza angoscioso. A ben vedere, nel film si incontrano tutti i topoi dei registi, ma è forse la stretta convivenza a non restituire un ottimo prodotto.

Non mancano, comunque, riprese dall’alto e dal basso, interessanti carrellate, e le ottime inquadrature nelle sconfinate praterie che riempiono lo schermo. La fotografia non è da meno: Bruno Delbonnel riesce ad adeguare la luce ad ogni episodio, rendendola prima languida (nell’episodio The Gal Who Got Rattled ricorderà fortemente quella de I Giorni del Cielo di Almendros e Wexler) e poi elettrica, quasi surreale nell’ultima sequenza. Tuttavia anche la visione sul piccolo schermo potrebbe in parte vanificare questo grande sforzo.

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Discorso a parte merita l’accompagnamento musicale. Chi guarda i primi minuti del film sarà convinto di assistere ad un musical a tema western. Non è così, anche se la musica ricopre un ruolo fondamentale. I Coen prendono molta della musica popolare e la inseriscono nel film, da una parte per dare un connotato di autenticità, dall’altra per rendere palese l’assurdità e la surrealtà di ciò che ci viene mostrato. Non a caso nel cast c’è Tom Waits, stella della musica blues e folk. 

La Ballata di Buster Scruggs è nel complesso un insieme di tanti spunti interessanti per realizzare altrettanti film. C’è da dire che è un prodotto molto colto visto che – come anticipato – ci sono diversi riferimenti alla letteratura americana (lavori come Furore di Steinback) e al cinema contemporaneo; l’unica e grande penalizzazione, però, è stata quella di provare a metterli tutti insieme.

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