Le 10 grandi Icone del Female Power [LISTA]

Con l'8 Marzo celebriamo il Female Power attraverso le sue 10 più grandi icone: da Catwoman a Frida Kahlo, senza dimenticare Furiosa o La Sposa di Kill Bill, per una galleria sospesa tra Pop e storie reali, dominata da coraggio e determinazione.

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6. Catwoman nei film DC, 1991-2020

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Michelle Pfeiffer è Catwoman in Batman – Il Ritorno di Tim Burton, 1991

Una Top Ten delle icone che rappresentano il Female Power nel Cinema contemporaneo non può esistere senza la figura di Catwoman.

Speculare alla figura del Joker, eppure unica e irriducibile, Catwoman è un personaggio fondamentale del DCEU (DC Extended Universe) e le molte variazioni legate a Batman, nonché in assoluto una tra le più potenti icone di Villain al femminile.

Nata come autentica Chaotic Evil, Catwoman nasce dalle ceneri di Selina Kyle. Il personaggio, dal fumetto degli anni ’40 alla nuova era dei Cinecomic, ha conosciuto molteplici trasformazioni. Se in origine era un’orfana e una ladra, un personaggio dei bassifondi di Gotham, con Batman – Il Ritorno sarà Tim Burton a rifondare il mito, creando una perfetta icona Pop.

La sua Catwoman, che ha il magnifico sembiante di Michelle Pfeiffer, rinasce dalle ceneri di una donna sola, frustrata, la classica crazy cat lady, che trova conforto solo nella compagnia dei gatti. Ma quando viene uccisa su ordine del suo boss corrotto, Catwoman risorge come un’anti-eroina fasciata nel latex, suadente come un micio, letale come una pantera. E nell’imprevedibile ferocia del suo fascino, travolgerà perfino l’algido, incorruttibile Uomo Pipistrello

In verità, il film che nel 2004 vede Catwoman e Halle Berry come protagoniste assolute, si attesta forse tra i punti più bassi della Storia dei Cinecomic e del DC Extended Universe.

Al contrario, nella Trilogia del Cavaliere Oscuro, Christopher Nolan conferisce spessore, realismo e conflitti, che portano il personaggio di Catwoman al confine tra il bene e il male. E forse, quando la gatta sceglie di rinunciare al crimine, corona perfino il suo sogno d’amore con Batman.

Alla fine della Trilogia avevamo lasciato Bruce Wayne e Selina al tavolo di un caffè, in una giornata di sole, felici come una fantomatica coppia normale.

Ma una nuova Catwoman, affidata questa volta a un’inarrestabile Zoe Kravitz, sta per tornare nel prossimo, attesissimo The Batman. E a giudicare dalle prime foto (le potete ammirare qui), Zoe Kravitz promette d’incarnare una nuova icona sexy, simbolo di Empowerment, indipendenza e fascino irresistibili.

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5. Celia ne Il colore viola, 1985

Il colore viola
Il colore viola di Steven Spielberg, 1985

Siamo arrivati alle prime 5 posizioni della nostra classifica. E non potevamo non riservare un posto d’onore a Il Colore Viola: uno dei capolavori di Steven Spielberg, datato 1985.

Spielberg adatta per il grande schermo il romanzo omonimo di Alice Walker, e realizza un blockbuster decisamente anomalo. All’epoca, infatti, pochi i registi di Hollywood avrebbero osato sfidare il tabù razziale, realizzando un grande affresco sulla comunità afroamericana, e i soprusi riservati alle donne.

Il personaggio di Celia, interpretato da Whoopi Goldberg, è la chiave di volta di un racconto che inizia con i primi del ‘900, nel profondo Sud degli Stati Uniti. In un contesto di povertà, schiavismo e violenza, Celia conosce il mondo solo attraverso l’orrore.

Abusata dal padre, a soli 16 anni ha già dato alla luce 2 figli. Quindi, viene obbligata a darli in adozione, poi a sposare un uomo sadico e violento. E quando il marito tenta di violentare sua sorella, Celia perderà anche l’unico affetto che le resta al mondo.

Attraverso i decenni, il personaggio di Whoopi Goldberg descrive così una parabola struggente.  La ragazza consce il mondo solo in termini di sopraffazione e violenza: quella subita in casa, alternata alla violenza razzista della società in cui vive. Ma è proprio grazie all’amicizia di due donne, interpretate da Margaret Avery e Ophra Winfrey, che Celia inizia il suo percorso di emancipazione e rinascita.

Consapevole di replicare gli schemi degli uomini, giustificarne la violenza, perché non sa nulla sull’amore e l’affetto, trova il coraggio di allontanarsi finalmente dal marito. Spielberg la premia allora con un lieto fine, un  happy-ending fondato sull’indipendenza economica, la dignità e il riscatto.

4. Frida, 2002

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Salma Hayek in Frida, 2002

“Sono stata amata, amata, amata. Non abbastanza, ancora, perché non si ama mai abbastanza. Poiché una vita non basta. E ho amato incessantemente. Nell’amore, nell’amicizia. Uomini, donne.” 

Questa celebre frase dai diari di Frida Kahlo racconta la figura di un’artista rivoluzionaria, che ha vissuto i 47 anni della sua vita come una grandiosa, unica opera d’arte ininterrotta.

Nel 2002 Salma Hayek è l’attrice messicana più famosa e venerata al mondo. Così, all’apice del suo successo, ottiene finalmente i finanziamenti per portare su grande schermo un biopic che celebri la straordinaria avventura di Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, nata a Cayocàn nel lontano 1907.

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Salma Hayek studia così la più grande icona della cultura messicana, una donna oggetto di un culto quasi sacrale. Ma l’attrice cerca oltre l’aura del mito, racconta la donna, la sua unicità e quella personalità eclettica, che si esprime in ogni piccolo gesto. Così di Frida riproduce la voce, lo sguardo ma anche il passo, la postura bizzarra e fiera di una donna spezzata dalla sofferenza fisica. 

La storia di Frida Kahlo è quella della più influente pittrice del Surrealismo. Una rivoluzionaria pronta a battersi non solo nelle file dell’Avanguardia, ma anche nell’Internazionale Socialista, in una strenua battaglia che reclama la libertà delle donne, ma anche di tutto il popolo messicano.

Sposata con Diego Rivera, tra tradimenti e travolgenti riconciliazioni, il film mostra Frida anche come amante di Leon Trotsky. Ma soprattutto, mostra l’irriducibile passione per l’Arte e la vita di una ragazza che, quando era già una promessa della scena contemporanea, resta vittima di un violento incidente d’autobus. 

Frida subirà molte operazioni, trascorrerà molti anni prigioniera della sofferenza e l’infermità fisica, salvata solo dalla sua sfrenata immaginazione e dalla sperimentazione nell’Arte.

Per quanto il film voluto da Salma Hayek presenti una confezione hollywoodiana, ha saputo consacrare il mito di Frida Kahlo nel mondo intero, rilanciando il suo messaggio, che resta una inesauribile fonte d’ispirazione per nuove generazioni di ribelli.