Ozzy Osbourne: recensione di Ordinary Man

Un tuffo in tutta la carriera di Ozzy in un solo disco

Ozzy Osbourne
- Credits: Ozzy Osbourne / Flickr / Focka
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L’ultimo lavoro del leggendario Principe delle Tenebre è contornato da grandi collaborazioni e alcune novità.

Ozzy Osbourne è senza alcun dubbio una delle poche leggende viventi che hanno rappresentato un’epoca e l’hanno plasmata con la loro arte. Grazie a lui e i suoi Black Sabbath interi movimenti musicali si sono ispirati per creazioni sempre più dure e oscure. Possiamo ringraziarlo insomma per la nascita del metal e generi affini. Ma non solo questo, perché Ozzy ha intrapreso tante strade nella sua carriera e quest’ultimo album è un concentrato del suo lunghissimo percorso.

All’interno del disco troveremo nomi come Slash, Elton John, l’immancabile Zakk Wylde e soprattutto Post Malone. Se sugli altri artisti potevamo scommettere su un’eventuale collaborazione, l’ultimo citato è una vera e propria sorpresa. È presente in ben due tracce, una più da ospite l’altra più da padrone di casa. Andiamo però con ordine.

Un’intera biografia dentro un solo album.

Ordinary Man è tutto ciò che ci si può aspettare da un album di Ozzy Osbourne. Al suo interno ci sono tracce che ricordano tutte le varie tappe artistiche intraprese dall’artista, c’è tensione e paura, c’è la ricerca di qualcosa di nuovo. Ogni traccia racconta qualcosa di luie riesce a legarsi in modo perfetto a tutte le altre mantenendo un’ottima coerenza. Vero, qualche canzone sa di già sentito ma al suo interno ci sono tutte le intenzioni di raccontare ancora qualcosa.

La title track ci riporta alla mente i tempi di Mama I’m Coming Home e alle super ballad di stampo Ozzy. A livello sonoro infatti Ordinary Man non porta grande innovazione ma, come detto prima, richiama alla mente il passato dell’artista. Il testo è estremamente autobiografico e la parte vocale prende forza anche grazie alla voce di Elton John.

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Prima il classico Ozzy.

L’apertura del disco è potente e veloce con Straight to Hell. Alle chitarre c’è Slash e il ritmo è incalzante dall’inizio alla fine. All my Life richiama alla mente i grandiosi arpeggi di Iommi e dei Black Sabbath mentre Goodbye ha il sapore del grunge anni ’90. Under the Graveyard è la canzone perfetta da mandare in radio, da traino per tutto l’album. Il ritornello infatti si fa strada facilmente dentro il cervello per poi non abbandonarlo più. Eat me mischia ottimamente ritmiche più veloci a passaggi più lenti e potenti oltre ad avere un’ottima parte vocale.

Today is the End ci trascina in una canzone di Panteresca memoria. Per un attimo sembra di ascoltare la band dei fratelli Darrell, i grandiosi Pantera che a loro volta si erano ispirati al Principe delle Tenebre. Ricordiamo inoltre che lo stesso Zakk Wylde era grande amico dei due fratelli e che il loro percorso artistico è stato molto simbiotico.

Scary Little Green Man ripercorre il tema vocale dell’intero album portandolo all’estremo. Voci ridondanti accompagnate prima da arpeggi poi da chitarre distorte. Vogliamo ricordarvi il bellissimo teaser video della canzone interpretato da Jason Momoa. Holy for Tonight torna su una ballad nuda e cruda che vede una chitarra distorta solamente nel bellissimo assolo di Wylde.

Poi lo sguardo al futuro.

Per tanti anni Ozzy Osbourne si è adagiato sulle proprie sonorità ma in passato ha sempre cercato di innovarsi, sempre a modo suo. A sorpresa infatti possiamo ritrovare questa ricerca in Ordinary Man con le due collaborazioni insieme a Post Malone. Le ultime due tracce insieme al producer sono un vero e proprio sconvolgimento delle dinamiche dell’album. It’s a Raid è velocissima, un misto tra punk lo-fi e glam rock. Il risultato è stupefacente, divertente e trascinante.

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In Take What You Want, come anticipato a inizio articolo, la mano di Post Malone è ancora più importante. La voce di Ozzy viene modulata su una base minimale, in pieno stile Post Malone. Probabilmente la traccia più fresca, ovviamente, dell’intero disco che apre le porte a nuove soluzioni future, nuove collaborazioni tra due generi che sembravano completamente incompatibili fino a pochi mesi fa. Ozzy in auto-tune è una novità che ci piace veramente tanto.

La fine di tutto.

Il tema di tutto l’album sembra indicare la fine della lunga carriera di Ozzy. Si guarda spesso al passato, all’uomo “cattivo” che era e come tutto volgerà al termine. Tratta la morte e la fama e lo fa a modo suo, con le chitarre devastanti di Zakk Wylde e i ritornelli melodici che lo contraddistinguono. Dopo le notizie sulla sua malattia viene da pensare che questo possa essere davvero il suo ultimo disco, il testamento artistico di una leggenda vivente. Come, possibile, ultimo lavoro il Principe delle Tenebre ci regala un ottimo disco che farà felici i vecchi fan e, perché no, avvicinare molti giovani alla sua incredibile storia.

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