Fronte del Teatro Ariston a Sanremo. Credits: Jose Antonio
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Molta tradizione e molti “passi indietro” per Amadeus e i suo concorrenti a Sanremo 2020
Sanremo 2020 non è partito esattamente all’insegna dell’innovazione. Almeno, per quanto riguarda le esibizioni canore e le canzoni in gara. La classifica finale è scoraggiante: sono stati premiati i numeri più tradizionali, prevedibili, innocui. Quel poco di “rinnovamento”, o perlomeno di diversità, che si è potuto sentire tra queste prime dodici canzoni, non ha incontrato il gradimento del pubblico.
Di buono, c’è il fatto che Amadeus abbia scelto una conduzione umile, non straripante e chiassosa come quella di Claudio Baglioni. Pochi numeri comici (quindi, poco cringe), e per fortuna in gran parte affidati al sempreverde Fiorello, che mostra di essere sul palco dell’Ariston ben più a suo agio rispetto ad Amadeus. Finora, insomma, non siamo esattamente entusiasti.
Ma ecco le nostre pagelle su tutte le canzoni in gara. Per saperne sempre di più continuate a seguirci sulla nostra pagina Facebook ufficiale, La Scimmia sente, la Scimmia fa.
Irene Grandi sale sul palco da professionista, da veterana, e conquista subito la scena. La voce, come sappiamo, ce l’ha, e la grinta anche. Peccato che la canzone, scritta come un pezzo per Vasco Rossi (e da Vasco Rossi) ricada in tutti i cliché del caso: un pop/rock energico ma piatto, senza particolare innovazione, che funziona per quello che deve fare ma va poco oltre.
Marco Masini – Il confronto [3/10]
Un ritorno forse da non auspicarsi, almeno per coloro che non sono fan sfegatati del cantore d’amore per eccellenza degli anni ’90. Masini propone il classico lento Sanremese, lamentoso, forzatamente emotivo, e accuratamente tradizionale. Uno di quei pezzi che riportano il Festival indietro, verso un completo disinteresse per il nuovo.
Rita Pavone – Niente (Resilienza 74) [8/10]
Rita Pavone torna al Festival di Sanremo dopo circa trecentomila anni, anno più, anno meno, e in qualche modo porta un pezzo che è assolutamente più rock e convinto di quasi tutti quelli presentati dai giovani. La sua performance è quella di un’artista che vuole dimostrare, a un’età avanzata, di essere ancora “in gamba”. E, contro ogni previsione, ci riesce appieno.
L’unico momento della serata, almeno per quanto riguarda le canzoni in gara, veramente notevole. Il che è tutto dire, dato che Achille Lauro non fa nulla che non abbiano già fatto un Renato Zero o un David Bowie. E anzi, l’eco che ha seguito la sua performance è la prova provata di quanto ancora, davvero, la musica italiana (e il suo pubblico) siano indietro.
La sua canzone, di per sé, non è particolarmente notevole. Il voto va all’esibizione, dato che la medesima canzone interpretata da un altro e in un altro modo non avrebbe certo avuto lo stesso impatto. E poi, che dire: è sempre piacevole vedere a Sanremo un momento di provocazione, anche se ingenuo come questo, e immaginarsi sconvolto lo spettatore medio del Festival.