Joker, Analisi del film e Spiegazione del Finale

La nostra analisi di Joker, uno dei film più attesi dell'anno. All'interno proveremo a dare anche una spiegazione del controverso finale

Joker recensione, Joker spiegazione e analisi del finale
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Interpretazione di Joker e Spiegazione del finale

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Joker è finalmente giunto nelle sale nostrane e dobbiamo affermare che non ha deluso le aspettative, anzi. Il film di Todd Philips, vincitore del Leone d’oro alla 76ª mostra del cinema di Venezia, è riuscito a dimostrare il perché di tante attenzioni. Quest’ultime sono state di vario genere, dal discorso prettamente artistico fino alla preoccupazione dei fan di Batman, passando per i timori legati alla sicurezza pubblica negli Stati Uniti. Joker ha monopolizzato l’attenzione, su questo non c’è dubbio e lo ha fatto a giusta ragione.

In questo articolo vi risparmieremo frasi trite e ritrite del tipo “Joker prende a piene mani dalla filmografia di Martin Scorsese, in modo preminente da Re per una notte e Taxi Driver“. Per quanto possa essere condivisibile, tale accostamento, a nostro parere, riduce fin troppo la natura di questo film, che ha comunque un taglio profondamente personale, nato sia dalla visione del regista sia dall’interpretazione di Joaquin Phoenix.

Inoltre, voremmo ricordare ai migliaia di articoli che citano in maniera ossessiva tale mantra che non costerebbe nulla mezionare, tra i tanti riferimenti, anche Un giorno di ordinaria follia con Michael Douglas. Lungi da noi fare polemiche sterili, asseriamo solo che queste sono semplici citazioni, omaggi, nulla di più. Joker è un film che non ha bisogno di emulare, vive di per sé pur guardando al passato.

Fatta questa necessaria premessa, immergiamoci nella nostra analisi di Joker, per poi soffermarci su una piccola spiegazione del finale.

“Ho avuto una brutta giornata”

Ho dimostrato la mia teoria. Ho provato che non c’è nessuna differenza tra me e gli altri! Basta una brutta giornata per ridurre alla follia l’uomo più assennato del pianeta. Ecco tutta la distanza che c’è tra me e il mondo. Una brutta giornata.

(The Killing Joke)

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Innanzitutto, Joker è un film sovversivo di denuncia politica e sociale che suggerisce una soluzione estremamente violenta ad alcuni problemi che affliggono il mondo e lo fa utilizzando, e contestualizzando, un personaggio estremamente calzante per l’obiettivo prefissato.

Nonostante le paure dei fan e le avvertenze del regista, possiamo dire che questo stand alone prende in pieno lo spirito del personaggio pur non attingendo didascalicamente da decenni di storie cartacee.

Proprio per questo motivo, siamo convinti che i primi ad apprezzare Joker saranno i fan del fumetto, o almeno, i fan meno rigidi e più propensi ad accettare alcuni cambiamenti nel quadro meramente descrittivo (caduta nella vasca chimica e via discorrendo).

I lettori e amanti di Batman, abituati già da lungo tempo a cambi repentini di contesto e revisione “storica”, non avranno problemi ad accettare alcune differenze presenti nel film, poiché, in compenso, avranno una caratterizzazione estremamente fedele della nemesi de L’uomo pipistrello, probabilmente la più fedele finora realizzata (ve ne parleremo in un altro articolo). In termini concettuali e filosofici, sia chiaro.

Chi da anni è immerso nela cosmologia batmaniana saprà sicuramente apprezzare i numerosi riferimenti alle storie cartacee, soprattutto visivi, e si troverà a constatare alla fine del film come questo prodotto sia riuscito ad entrare efficacemente nel cuore e nella mente del celebre villain di casa DC.

Alan Moore e The Killing Joke

Primo riferimento da notare è sicuramente quello a The Killing Joke con cui il film condivide buona parte dell’ impalcatura concettuale. La storia origins di Alan Moore è forse l’albo più famoso e “canonico” legato al principe dei clown e “padre” della sistematizzazione del pensiero filosofico del Joker. A conferma di ciò, riportiamo alcuni stralci dal celebre monologo presente nel romanzo grafico dell’autore britannico.

«Signore e signori! Lo avete letto sui giornali! E ora fremerete d’orrore osservando con i vostri stessi occhi il più raro e tragico degli scherzi di natura! …L’uomo medio! […] Fisicamente trascurabile, possiede peraltro un sistema distorto di valori. Notate l’abnorme rigonfiamento del senso di importanza dell’umanità. La coscienza sociale deforme e l’ottimismo atrofizzato. Non è certamente per i debole di stomaco, vero? Sommamente repellenti sono le sue fragili e inutili nozioni di ordine e sanità mentale. Sottoposte a una pressione eccessiva… esse cedono. Come può vivere, già vi odo domandare? Come può questo povero, patetico esemplare sopravvivere nel mondo spietato e irrazionale di oggi? La triste risposta è ‘Non molto bene’. Posto di fronte alla realtà ineludibile della follia, della casualità e della futilità dell’esistenza umana, uno su otto di essi cede, riducendosi a un bruto vaneggiante! Come biasimarlo? In un mondo psicotico come questo… ogni altra reazione sarebbe una follia!»

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Così Joker si rivolge ad un prigioniero Jimmy Gordon nel tentativo di dimostrare come sia fragile la salute mentale dell’essere umano; la quale potrebbe tranquillamente cedere ad un singolo giorno andato male, a una brutta giornata.

Ma è ancora grazie a The Killing Joke che ritroviamo ulteriori riferimenti e citazioni:

«Oh, lo so… Sei confuso. Sei spaventato. Chi non lo sarebbe? Ti trovi in una situazione infernale! Ma anche se la vita è un ginepraio e non c’è rosa senza spine, non dimenticare mai che… musica, Sam… Se al mondo trionfa la desolazione e i giornali mostrano disperazione, se c’è solo violenza, dolore e guerra e tutto cospira per dividere… allora c’è una cosa che fa per me che se fai il bravo dirò a te e puoi stare certo che mi farà sorridere… Do di-mattoooo come due grosse, stonate campane… Do di-mattoooo, mangio il tappeto e faccio cose strane… Mister la vita è bella dentro una cella, toglie la tristezza di torno… Buonumore a vita con una stanza imbottita e due iniezioni al giorno! Dai di-mattoooo come un acido sotto pressione o un predicatore in televisione se la razza umana si fa troppo strana, quando le bombe cadono in testa, quando il tuo bimbo diventa blu e tu non ne puoi più, allora sorridi e fai festa! Quando dai di-mattoooo non te ne frega niente… […] l’uomo è distrat-toooo e l’universo mente…! […] Se ti senti ferito legatela al dito e se la vita ti fa il mazzo… […] non diventare sag-gioooo, diventa pazzo! »

Come potete notare, il Joker di Moore e quello di Phoenix, dinanzi alle atrocità del mondo e all’indifferenza della società trovano la stessa soluzione, vale a dire quella che concerne una deliberata accettazione della follia. E della violenza.

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Da notare anche l’utilizzo del topos del ricordo doloroso, ove in entrambe le opere ha un posto centrale, capace di smuovere corde da tempo sopite che una volta destate portano il protagonista ad un cambiamento violento della propria natura:

«Ricordi? Ooh, io non lo farei! I ricordi sono pericolosi. Il passato è un posto talmente ansiogeno. Ma fortuna che è passato! Ah, ah ah! La memoria è così ingannevole. In un attimo, da un luna park di delizie, pregno degli aromi della fanciullezza, del neon lampeggiante della pubertà, di tutto quello zucchero filato sentimentale… ci si ritrova in luoghi in cui non andresti mai… […] … luoghi freddi e oscuri, popolati dalle forme velate e ambigue di cose che speravi di aver dimenticato. I ricordi sanno essere infami, repellenti piccoli bruti. Come i bambini, suppongo. Ah, ah. […] Ma possiamo vivere senza di loro? I ricordi sono ciò su cui si fonda la nostra ragione. Se non riusciamo ad affrontarli, neghiamo la ragione stessa! D’altra parte, perché no? Non siamo legati alla razionalità per contratto! Nessuna clausola di sanità mentale!»

Per non dilungarci troppo sulle numerose similitudini concettuali tra l’opera di Moore e il film, concludiamo portando alla vostra attenzione l’uso del ruolo del comico.

Sogno infranto di entrambi i protagonisti, il comico diviene simbolo della malinconia perenne del clown e che dona una nota meno folle al personaggio, facendoci capire che l’eplosione emotiva finale è legata soprattutto ad un certo modo d’essere e che non emerge a caso e all’improvviso.

Il comico è un’inclinazione d’animo. Il comico fallito ancor di più. Philips e Phoenix sono magistrali nel rendere tale concetto vivo e palpabile all’interno di tutto il film, in cui, spesso, si ripropongono scene che strappano una risata lasciando un fondo di disgusto e tristezza, dando la sensazione di una ironia profondamente malata e distorta. Proprio come nelle migliori storie cartacee dedicate al clown di Gotham.

Altri riferimenti e citazioni

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Altro riferimento che ci preme portare alla vostra attenzione e che è ulteriore prova dell‘abilità di Philips di cogliere pienamente l’anima del personaggio lo ritroviamo nella scena in cui Joker è ospite del programma televisivo That’s Life. L’uso dei mezzi di comunicazione e il conseguente coinvolgimento dell’intera città di Gotham è un aspetto più volte riproposto nei fumetti.

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Ricordiamo, ad esempio, L’uomo che ride, graphic novel molto importante per la storia del personaggio o Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller ove anche qui il villain è invitato in un talk show e ne approfitta per uccidere tutti i presenti in studio.

Su questo determinato aspetto, nel film ritroviamo anche citazioni visive oltre che concettuali. Il frame in cui vediamo la telecamera nella quale si specchia il Joker prima dell’interruzione della trasmissione o quello successivo in cui vediamo molteplici schermi televisivi quadrati ricordano fortemente alcune vignette dello stesso Miller.

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Visivamente ritroviamo altre similitudini interessanti. Basti pensare alla fotografia sporca, con tinte prevalentemente nere e marroni alternate da colori più sgargianti, tipico delle storie a cui il regista fa più riferimento e di cui fulgido esempio sono quelle citate poco più in alto.

Come non citare l’esercito di accoliti che vediamo durante tutto il film. Qui la citazione è sia visiva che concettuale. Visiva perché nella mitologia batmaniana i seguaci del Joker tendono a vestirsi come lui dando la sensazione di essere un unico grande “corpo”.

Concettuale perché anche nel film ritroviamo un aspetto importante del personaggio, ovvero quello di riuscire a reclutare alleati non attraverso il semplice assoldamento ma attraverso un vero e proprio coinvolgimento mentale che porta gli accoliti a diventare dei veri e propri discepoli, potremmo quasi dire membri di un Credo.

La scena in strada in cui Phoenix allarga le braccia per riprendersi la sua rivincita e godere dell’ovazione della gente basta per capire di cosa stiamo parlando.

L’originalità del film: mai più nona arte

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Eppure, nonostante i numerosi riferimenti, Joker (qui la nostra recensione) riesce a distinguersi per originalità e acume. Pur dimostarndo un profondo rispetto per il passato e per la storia letteraria del personaggio, il film riesce a dire la propria distinguendosi e innalzandosi dal mare di inchiostro speso sul personaggio.

Esempio lampante è il capovolgimento di uno dei topos batmaniani più importanti. Come molti sapranno, si è spesso fatto intendere che a dare vita all’ondata di criminali in costume sia stato Batman stesso, che con la sua follia da giustiziere “dona” coraggio a tutti coloro che nel bene o nel male vogliono intraprendere una via simile.

Il film lascia andare questo pilastro concettuale senza remore e dice la propria operando un ribaltamento davvero interessante: è la società che crea Batman, così come ha trasformato Arthur Fleck in Joker, relegando l’omicidio dei Wayne a semplice pretesto. Ancora più apprezzabile la chiusura del cerchio messa in atto, in cui la nemesi ha un ruolo fondamentale nel destino del piccolo Bruce Wayne (omaggio a Burton?).

I ruoli si invertono, il caos regna, non ci sono punti di riferimento e tutti sono fagocitati da una società di massa le cui intenzioni sono solo quelle del controllo perenne e dell’assoggettamento. Pertanto, non è Batman che crea il Joker ma indirettamente è quest’ultimo che crea il primo, il tutto senza che i protagonisti abbiano un effettivo controllo sul proprio ruolo, il quale è deciso e manovrato dalla società in cui si vive.

Spiegazione del finale

Nel finale ritroviamo la quintessenza del Joker. Proprio nella conclusione è presente l’omaggio probabilmente più significativo alla storia decennale del personaggio. Joker viene mostrato nel suo habitat naturale: il manicomio di Arkham, ove è da sempre sovrano assoluto. Le impronte sporche di sangue lasciate sul corridoio bianco e asettico dimostrano come una cella non possa contenere la sua follia, anzi, sembra quasi rafforzarla a dismisura. La goffa rincorsa dell’infermiere è inutile, per Arthur è solo un gioco. Per citare un altra grande opera: non sono rinchiuso qui con voi…siete voi rinchiusi qui con me.

Le mura che lo avvolgono non impediscono al Joker di porre il suo potere su quel luogo, divenendone giudice e boia. Mister la vita è bella dentro una cella, toglie la tristezza di torno… Buonumore a vita con una stanza imbottita e due iniezioni al giorno! Poiché la vera prigione è il mondo fuori Arkham; mondo, la cui distruzione diverrà l’unica ragione di vita del folle criminale. E non saranno certamente quattro mura imbottite ad impedirglielo.

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