Noyz Narcos – Recensione Enemy

Noyz Narcos
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Lo status di leggenda e la vita normale sono notoriamente difficili da conciliare.

Se si considera poi che oramai è pericoloso sia rimanere fedeli a se stessi, perchè ti diranno “Sei sempre uguale!”, sia cercare di spingersi oltre, perchè ti urleranno contro “Non sei più quello di una volta, ti sei venduto!”, è possibile avere una vaga idea di quanto sia difficile produrre un album credibile se sono quindici anni che racconti attraverso un microfono il degrado della periferia e sei un punto di riferimento per chiunque si avvicini al rap italiano, e nel frattempo cerchi di mandare avanti la tua esistenza nella maniera più ordinaria possibile.

Ciliegina sulla torta: Noyz Narcos (c’era bisogno di specificarlo?) ha annunciato che, verosimilmente, questo potrebbe essere il suo ultimo disco. Il che ha portato l’hype alle stelle, innalzando ulteriormente il rischio di flop.

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Il primo singolo uscito, Sinnò Me Moro, non ha aiutato a tranquillizzare i fan, con un video vagamente black metal e i cori angelici da canto gregoriano. Non proprio quello che ci si aspetterebbe da chi afferma: “Mi piace il fatto di andarsene lasciando solo roba figa, per cui mai essere criticato”.

Il 13 aprile (sì, era venerdì 13), però, esce il disco: Enemy.

Il “nemico” di Noyz Narcos stavolta è il suo stesso pubblico. Per tenerlo a bada, ha messo in piedi un vero e proprio esercito: Salmo, Achille Lauro, Capo Plaza, Luchè, Coez, Rkomi e Carl Brave x Franco 126. Letteralmente la Suicide Squad del rap italiano. Vecchia guardia e nuova scuola, voci graffiate e autotune. Un episodio crossover di Sesame Street in cui insieme ai Muppets compaiono gli scagnozzi del cartello di Medellìn.

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Riempire di collaborazioni il tuo probabile ultimo disco è come far scrivere metà del tuo testamento a qualcun altro: o non te ne frega assolutamente nulla, oppure ti fidi ciecamente dei sette che hai chiamato per lasciare ai ragazzini un’eredità degna di Noyz Narcos.

La Suicide Squad, però, contro ogni pronostico, funziona: non c’è una strofa fuori posto, una barra fuori contesto: anche l‘autotune di Capo Plaza e l’accento napoletano di quel gran volpone di Luchè si mescolano bene con il “romanaccio”, lingua ufficiale dei dischi di Noyz; è un meltin’ pot, comprensibilmente meno arrabbiato del resto della discografia del rapper romano ma non da sottovalutare in quanto a cattiveria: Mic Check con Salmo, che possiamo tranquillamente affermare essere la migliore traccia del disco, non lascia scampo: serrata, diretta, un pugno nei denti a tutti coloro che davano dei “venduti” ad entrambi.

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Un testamento scritto a sedici mani, in lingue diverse. Un testamento che vuole arrivare a tutti.

Niente continuità, niente staticità: di sicuro non era un disco che ci si poteva aspettare. Ogni pezzo è distante più o meno anni luce dal precedente e dal successivo, quasi fossero presi tutti da dischi differenti. Noyz ha mantenuto il vizietto di non essere troppo fantasioso nella scelta del proprio flow, ma ha capito bene che per compensare questa sua “mancanza”(che in realtà è il suo punto di forza) sarebbe bastato cercare l’originalità (mai troppa) nelle basi e chiamare al microfono qualcun altro. Lui combatte sempre con la stessa spada; piuttosto che cambiarla, ha fatto sfoderare le lame al suo esercito.

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I risultati sono la stralunata Matanza con Rkomi, la malinconica Borotalco con Carl Brave e socio, la freschissima R.I.P. con Achille Lauro. Nonostante tutto, assolutamente riconoscibili grazie alla voce e alle parole lanciate sul beat da Noyz. E proprio alla fine, quasi dimenticata, Lobo, la traccia-dissing a Jamil. Brutta, sporca e piena di fotta. Provate a dirgli ancora che non è più cattivo come prima.

https://open.spotify.com/album/1o6bsMz4Zj1S1eLC4y5uaJ

Noyz Narcos
Genere: Hip Hop/Rap
Anno pubblicazione: 2018