Gioventù, amore e rabbia – Il Free Cinema britannico

Gioventù, amore e rabbia - Il Free Cinema britannico - Nella seconda metà degli anni '50 anche l'Inghilterra ha avuto la sua nouvelle vague, perfettamente rappresentata dal lavoro di Tony Richardson.

Il Free Cinema
Condividi l'articolo

Il Free Cinema britannico

Il periodo che ha seguito il secondo conflitto mondiale è stato, in generale, di forte rinnovamento rispetto al passato. Mentre negli Stati Uniti la macchina perfetta degli Studios batteva i suoi ultimi colpi ed in Francia scoppiava la rivoluzione cinematografica intorno ai Cahiers, in Inghilterra, già dalla seconda metà degli anni ’50, si cominciava a sperimentare un nuovo cinema. A differenza del movimento francese, però, si trattò soprattutto di un rinnovamento nei temi trattati. Oggi poco conosciuto ed esplorato, il free cinema è stata una rivoluzione, una virata di 180 gradi rispetto alla cinematografia tradizionale inglese.

Il free cinema prende piede da una forte critica alla società contemporanea.

Fondamentale per gli autori è la denuncia di un sistema di cui non si sentono parte. Il fondatore del movimento e principale teorizzatore, Lindsay Anderson, crede che il cinema possa spiegare l’aspetto sociale al pubblico. I registi prendono spunto dal clima di rivolta montante in quegli anni, dal lavoro di scrittori come John Osborne e Alan Sillitoe e, non da ultimo, dalla tradizione del documentario inglese. Nel ’56 viene presentato a Londra il manifesto del movimento, sotto forma di tre cortometraggi, diretti da Anderson stesso, da Lorenza Mazzetti e, in coppia, da Karel Reisz e Tony Richardson.

Come prevedibile, il cinema si rivolge soprattutto ad un pubblico popolare i cui protagonisti non sono altro che il riflesso di questo pubblico. La figura del proletario messo ai margini della società è sempre presente nei film del free cinema, marcando la differenza con i piccolo borghesi godardiani.

C’è una grande volontà di denuncia sociale, apertamente di sinistra, che ha come unico sbocco la rivolta.

I personaggi sono obbligati dalla loro posizione di subalternità a ribellarsi contro il sistema. È l’unico mezzo a loro disponibile per lottare contro le ingiustizie della società. Il movimento, così come la letteratura da cui prende spunto, dà voce agli ultimi, ai giovani che non si riconoscono nei valori britannici.

LEGGI ANCHE:  Albert Finney è scomparso all'età di 82 anni

Il Free Cinema

Amore, gioventù e rabbia (The loneliness of the long distance runner), uscito nel 1962 e diretto da Tony Richardson è uno dei punti più alti raggiunti dal movimento.

Tratto dal romanzo di Alan Sillitoe e sceneggiato dall’autore stesso, racconta una tipica storia del free cinema. Colin (Tom Courtenay) è un ragazzo di umili origini, che vivacchia grazie a piccoli furti. Il padre soffre di una malattia terminale e la madre spende per sé i soldi dell’assicurazione del padre. Colin brucia in simbolo di protesta una parte di questi soldi a lui donati. Nel frattempo, la madre ha portato in casa il suo amante ed allontana il ragazzo, spingendolo a guadagnarsi  da vivere da solo. Si dedica ad una rapina, finita male, dove verrà beccato dalla polizia con la refurtiva.

Il film si evidenzia per riuscire a trattare a 360 gradi la vita del giovane emarginato.

Dalla difficoltà di vivere in un sistema non certo a sua misura fino alla vita disumanizzante in carcere, Richardson dipinge un ritratto spietato, ai limiti del documentarismo, della società contemporanea. L’ineguaglianza, la vita grama delle periferie, le angherie dell’autorità sono all’ordine del giorno nella vita di Colin. Una volta in prigione infatti avrà modo di vedere con i suoi occhi la quotidiana sopraffazione esercitata dall’autorità. Un’autorità sempre più scomoda alla nuova generazione, che mal sopporta i costumi britannici.

LEGGI ANCHE:  The Lobster di Yorgos Lanthimos: analisi e spiegazione del finale

Il Free Cinema

Colin però ha un dono: è molto bravo nella corsa.

Nell’incipit del film (così come nel titolo originale) si parla della solitudine del corridore delle lunghe distanze. La sua famiglia è da sempre brava in questa disciplina, che altro non è se non una metafora della sua condizione. Il corridore è destinato ad essere lontano dal pubblico, ad essere completamente solo nella sua gara, così come Colin è solo nella sua vita. In carcere il ragazzo viene preso in simpatia dal direttore proprio per le sue qualità atletiche e riceverà un trattamento di favore. Ma quando dovrà competere per lui in una gara tra istituti detentivi, si renderà conto ancora una volta di essere stato usato. Si fermerà a pochi metri dalla linea di arrivo, con la vittoria ormai conquistata, gettando uno sguardo di sfida ad un imbestialito direttore.

Torna quindi centrale il tema della rivolta come unico mezzo di lotta a disposizione della classe subalterna. Colin assurge ad eroe proletario, rifiutandosi di collaborare con il sistema a suo discapito personale.

Il movimento del free cinema non durerà ancora molto, andando a terminare la sua spinta proprio alle porte di un’altra grande rivoluzione culturale. Nel ’68, con If…, Anderson pone uno degli ultimi mattoni del movimento, vincendo anche la Palme d’Or a Cannes. In seguito, lo stesso Anderson dirigerà gli ultimi due film che generalmente si fanno ricondurre al free cinema, insieme ad i primi film di un regista molto importante ed ancora in attività come Ken Loach, che proprio in questo ambiente culturale ha esordito e poi continuato la sua riflessione cinematografica.