Bloodborne e la parabola dell’uomo cieco: una brutale lezione di umanità [VIDEO]

Bloodborne
Condividi l'articolo

Uno dei momenti più memorabili ma anche più filosofici in Bloodborne

Bloodborne e l’uomo cieco

Un momento fondamentale in Bloodborne riguarda la vicenda dell’uomo non vedente che capita di aiutare, salvandogli la vita come a molti altri derelitti in difficoltà. Si tratta di una situazione sintomatica della morale che fa da sfondo al gioco, legata alla corruzione umana: infatti agire in un modo o nell’altro nei confronti di costui può avere gravi conseguenze.

Fornirgli le informazioni che cerca circa un “posto sicuro” nel quale possa trovare rifugio, infatti, causerebbe una strage poiché quest’uomo dall’aria anche innocua si trasformerà in una belva e farà una carneficina di tutti i rifugiati come lui. D’altro canto affrontarlo direttamente, come potete vedere, non comporta un’evoluzione migliore.

“Una belva”

“Tu dici che io sono una belva? Una belva! Cosa vuoi saperne tu? Non ho chiesto io tutto questo!” si difende l’uomo ora tramutato in mostro, attaccando con violenza e con chiari intenti omicidi. Il confine tra bene e male è sottile e virtualmente non esiste, poiché chi agisce con tale brutalità spesso lo fa avendo le sue ragioni.

LEGGI ANCHE:  Bloodborne: in arrivo la remaster per PS5?

Il messaggio è molto umano: chiunque si comporta e intraprende azioni solo in base al proprio punto di vista e perché costretto dalle circostanze, nessuno veramente gode nell’infliggere dolore e nemmeno nel portare la morte. In Bloodborne, un mondo profondamente corrotto nell’essenza, ciò e tanto più vero e bisogna accettarne le conseguenze.

Autoconservazione

Ossia: ogni scelta può rivelarsi sbagliata e spesso, come in questo caso, non esiste una soluzione o una risposta giusta. In un mondo in cui tutto è relativo non c’è modo di salvare tutti né di inseguire alcuna utopia di pace o amore, e molte volte anzi la scelta più logica e sensata può essere, banalmente, quella che ci spinge all’autoconservazione.

Il gioco ce lo insegna semplicemente mettendoci in condizione di dover evitare a tutti i costi il game over, equivalente della morte videoludica. Non ci importa più dell’uomo che volevamo aiutare perché, divenuto “belva” in quanto pericolo per noi, ora lo identifichiamo solo come tale nient’altro conta.

LEGGI ANCHE:  Bloodborne giocato in prima persona grazie a una mod [VIDEO]

Gli istinti sopiti

Morendo sotto l’ultimo colpo inferto, il cieco sentenzia: “Siamo tutti luride bestie, dal primo all’ultimo”. Ovviamente è un discorso metaforico: c’è chi mostra di essere bestia nell’aspetto esteriore, chi nel comportamento e chi, invece, tiene segreta una bestia orribile dentro di sé.

Il punto non è quindi essere bestie oppure umani, ma cercare di bilanciare tra i due aspetti cercando una bussola morale che permetta di vivere lasciando meno spazio possibile agli istinti più terribili e nocivi: quelli bestiali, appunto. In questo, Bloodborne rappresenta cosa accadrebbe in un mondo nel quale questi istinti fossero completamente liberati, infine, come da un rivoltante vaso di Pandora.

Continuate a seguirci su LaScimmiaGioca e sul nostro Canale Telegram