Dopo il grandissimo successo al Toronto Film Festival, dove ha vinto il Premio del pubblico, The Fabelmans di Steven Spielberg incanta anche la Festa del Cinema di Roma e quindi raggiunge finalmente i cinema italiani questo 22 dicembre.
E così, dopo aver rivisitato il Musical che ha cambiato per sempre la sua idea di Cinema, West Side Story, Spielberg procede a rileggere la sua stessa infanzia, la sua adolescenza, raccontando insieme la sua storia familiare e il suo folgorante incontro con l’arte cinematografica: dal grande schermo alla prima cinepresa, la prima moviola per il montaggio delle pellicole Super 8.
Una parabola d’amore e disamore, la storia di una famiglia spezzata, ma soprattutto il racconto in prima persona di un bambino che non è un cinefilo né banalmente un cineamatore, ma un cineasta dal talento naturale, istintivo, capace di trovare in quei dispositivi i suoi più fedeli, intimi amici.
Tutto il cinema di Steven Spielberg è attraversato dal tema della famiglia disfunzionale, dove incomprensioni e senso di estraneità non uccidono mai del tutto la speranza, le affinità elettive, la possibilità dell’amore.
Da Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) a E.T. l’extraterrestre (1982) fino alla saga di Indiana Jones e A.I – Intelligenza artificiale (2001) il regista ha definito il suo cinema come una metafora della sua storia personale. E ora, la ricostruzione minuziosa del ricordo prende il posto dell’allegoria, senza rinunciare alla magia dello spettacolo.
The Fabelmans: La trama
Sam Fabelman (Gabriel Labelle) vive con la madre Mitzi (Michelle Williams) e il padre Burt (Paul Dano) e le tre sorelline a Phoenix, in Arizona. La famiglia si muove spesso attraverso l’America seguendo la brillante carriera di Burt Fabelman, ingegnere e pioniere dell’elettronica, in particolare per quanto riguarda l’evoluzione del Personal Computer.
Quando la famiglia si trasferisce in California, esplode la verità dell’amore tra Mitzi e il migliore amico di suo marito, quello che per tutta la famiglia era sempre stato lo Zio Bernie (Seth Rogen). Sam soffrirà particolarmente la separazione dei genitori, senza contare la discriminazione e il bullismo subito a scuola in quanto ebreo.
La cinepresa, la moviola, l’invenzione di piccoli effetti speciali diventano così il centro e lo scopo della sua esistenza, insieme al sogno di diventare un giorno un grande regista di Hollywood.
The Fabelmans: Recensione
Il 28 Dicembre del 1895 i Fratelli Lumiere proiettano al Salon Indien du Grand Café in Boulevard des Capucines a Parigi “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”.
Si tratta della prima proiezione cinematografica per un pubblico pagante, e leggenda vuole che l’apparizione delle immagini in movimento abbia destato nelle persone incanto, meraviglia, ma anche autentico, genuino terrore, tanto che qualcuno si sarebbe perfino istintivamente alzato, temendo che quel treno stesse effettivamente per travolgerlo.
Molti anni dopo, nel 1952, le immagini di un altro treno lanciato a folle velocità erano destinate a segnare un’altra pietra miliare nella Storia del Cinema. Fatalmente il titolo del film è proprio The Greatest Show on Earth, Il più grande spettacolo del mondo, ed è firmato dal maestro Cecil B. De Mille.
Ma in fila, fuori dalla sala cinematografica, c’è un bambino destinato a scrivere una nuova pagina di Storia del Cinema, un futuro maestro che oggi con The Fabelmans rimette in scena il suo incontro fatale col Cinema, insieme alla sua infanzia e la bizzarra parabola della sua famiglia.
Il bambino naturalmente è Steven Spielberg, qui tramutato in Sam Fabelman. In realtà non ha molta voglia di entrare. Da un lato, sua madre gli spiega che i film sono come sogni, che diventano memorie destinate a restare con noi per sempre.
Dall’altro, suo padre gli spiega il funzionamento del cinematografo, il fenomeno della persistenza retinica, che determina l’impressione del movimento continuo quando le immagini vengono proiettate a 24 fotogrammi al secondo.
E tra questi due estremi, la fantasia della madre ribelle, pianista e artista dal carattere indomito, e la razionalità del padre ingegnere, attento studioso di ogni innovazione tecnologica, Steven Spielberg rivela sé stesso, l’origine della sua visione e del suo approccio al Cinema.
The Fabelmans. Ovvero, come l’amore per il cinema salva la vita.
The Fabelmans non è semplicemente una lettera d’amore per l’arte cinematografica, tracciata da uno dei più influenti autori del nostro tempo. E non è banalmente la fiaba di una famiglia perfetta, ma piuttosto il racconto tenero e struggente di uno strano scherzo del destino, che vedrà la Signora Fabelman e lo Zio Bert innamorarsi perdutamente l’uno dell’altra.
Spielberg mette così a nudo la sua infanzia e la sua adolescenza, dal dramma familiare al bullismo subito come ebreo, mettendo sempre al centro quelle piccole cineprese amatoriali, la prima moviola, gli esperimenti per creare da assoluto autodidatta i primi effetti speciali.
L’amore per il Cinema per Spielberg non è sentimento ma pratica, ricerca, manualità. E sfidiamo qualunque spettatore a non provare un brivido di emozione mentre il cineasta rimette in scena fotogramma per fotogramma i suoi primi cortometraggi, le sue prime invenzioni, ad esempio l’idea di bucare la pellicola con uno spillo per generare un lampo di luce che simuli uno sparo.
Spielberg racconta così la sua personale avventura di vita attraverso il filtro del realismo magico, in perfetto equilibrio tra minuziosa ricostruzione del ricordo e incanto del Cinema, firmando uno dei migliori film della sua carriera, oltre che uno dei migliori titoli del 2022.
La sequenza finale, con David Lynch nei panni del caro vecchio John Ford, basta forse da sola a fare di The Fabelmans un film di culto. E noi non possiamo che invitarvi a vivere questo film in sala, con tutto l’incanto del grande schermo, perché accada ancora una volta il miracolo dell’arte cinematografica, conforto e gioia della nostra esistenza.