Zelda II: The Adventure of Link | Recensione del titolo più atipico della serie

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Zelda II rimane tuttora uno dei giochi più peculiari della serie

Dopo l’enorme successo di The Legend of Zelda, verso la fine degli anni ’80, Nintendo non tarda a sviluppare ulteriormente la serie con un nuovo titolo che funge, all’epoca, da primo e in effetti unico sequel ufficiale del gioco. Zelda II: The Adventure of Link inizia timidamente ad espandere la lore della saga, muovendosi però come gameplay in una direzione molto diversa.

Se infatti gran parte dell’esplorazione overworld si basa su una prospettiva top-down ma meno dettagliata (alla Final Fantasy), l’azione ha luogo principalmente in schermate 2D side-scrolling, come quelle di Super Mario. E non è un caso ovviamente, dato che in quegli stessi anni i primi storici titoli della saga dell’idraulico iniziavano ad uscire per NES.

Zelda II esce infatti in Giappone, dapprima per il famoso Famicom, nel 1987, e solo un anno dopo il primo gioco. Super Mario Bros. 2 uscirà per NES nel 1988, e sempre in quell’anno Zelda II arriverà proprio su NES e nella regione PAL (quindi anche da noi). I due giochi vengono sviluppati in parallelo e il produttore dietro entrambi è sempre Shigeru Miyamoto.

Nella trama, la principessa Zelda deve essere risvegliata da un sortilegio che la costringe ad un sonno eterno, come nella favola francese de La Bella Addormentata. Per farlo Link, l’incarnazione di turno dell’eroe di Hyrule, deve attraversare a spada tratta un’infinità di ambienti ostili e piazzare sei cristalli magici negli appositi alloggiamenti alla fine di altrettanti letali castelli (o dungeon).

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Nel frattempo una pletora di nemici fantasiosi gli dà la caccia, progettando di utilizzare il suo sangue (ugh!) per un rituale magico che consenta il ritorno in vita di Ganon, il villain del primo gioco. Ed è quanto avviene infatti, anche se solo in forma di silhouette, nel caso (molto frequente) di un game over.

A missione compiuta Link è in grado di ottenere la Triforza del Coraggio, elemento ricorrente della saga, e di riportare Zelda alla veglia. Ma è più facile a dirsi che a farsi: non è un caso infatti che questo venga spesso considerato uno dei più difficili, se non il più arduo in assoluto, tra tutti i titoli della saga.

Il motivo sta principalmente nel combat system, affidato puramente a prontezza di riflessi, abilità tecnica e preparazione. Come molti giochi dell’epoca, Zelda II si basa sul meccanismo sbaglia/riprova, dal quale il giocatore trova solo in parte sollievo con i vari upgrade e l’acquisizione di nuove abilità.

Elementi che sono, comunque, un grande passo avanti nella serie. Link può apprendere nuove mosse di combattimento e nuove magie, ed incrementare le proprie capacità di attacco o la propria resistenza vitale. Una delle caratteristiche migliori del gioco sta infatti nella ricerca di questi upgrade e potenziamenti nascosti.

Una parte, comunque, ardua quanto quella di combattimento. Il gioco è enigmatico, dà pochi indizi e molto criptici. In molti momenti, nonostante la presenza di tanti NPC e di diverse città in cui dialogare, il player deve di fatto prendere l’iniziativa e provare da solo a procedere negli ambienti scoprendo segreti che, spesso, sfuggono ad ogni logica.

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A questo uniamo il battle system, che prevede l’incontro casuale (sempre come in Final Fantasy); e la struttura complessa dei dungeon, che segue gli schemi d’esplorazione dei Metroidvania (entrambi usciti per la prima volta nel 1986). Ne risulta un’esperienza completa, sfumata ma anche estremamente impegnativa e per non dire, a tratti, frustrante.

Ciliegina sulla torta: l’impossibilità di ripristinare gli HP se non con l’apposita magia (che consuma una buona metà del mana ogni volta). Link deve recarsi sempre nei villaggi e nelle città, facendosi “ospitare” da alcune abitanti per tornare in piena salute. E poi tornare sui suoi passi, fino al dungeon o al passaggio che sta cercando di affrontare.

Inoltre nel gioco, caso unico, non sono presenti le famose rupie. Non si possono perciò effettuare acquisti e non è possibile portarsi dietro pozioni ed eteri. Risultato: basta un attimo ed è game over. Non siamo al livello dei giochi più difficili di sempre, ma comunque sempre sulla buona strada. Per fortuna A Link to the Past (1991) aggiusterà alquanto il tiro.

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Zelda: A Link to the Past | Testato su Switch

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RECENSIONE
VOTO
8.7
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Avatar di Andrea Campana
Scrivo di musica, cultura, arte, spettacolo e cinema. Ho pubblicato su SentireAscoltare, OndaRock, Cinergie, Digressioni, Radio Càos, Rock and Metal in My Blood.
zelda-ii-the-adventure-of-link-recensioneUno Zelda atipico frutto di una continua ricerca di identità di genere e/o l'invenzione di esso. A Link to the Past è infatti un perfetto ibrido tra i famosi Final Fantasy dell'epoca e un misto tra Super Mario e Castlevania. Ovviamente con un pizzico di genialità che non manca mai alla serie.