Caparezza – ?! | RECENSIONE

Recensioni di un classico dei classici: il primo album di Caparezza... in quanto Caparezza

Caparezza
Caparezza - ?! (frame da Youtube)
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La nascita di un mito e la metamorfosi del rap italiano

Il primo album ufficiale di Caparezza è anche il primo album di Michele Salvemini “come” Caparezza. Il primo, cioè, dopo la difficile ma risolutiva conversione dell’artista dalla figura dell’MC canonico e innocuo, Mikimix, al nuovo corso, aperto a sperimentazioni musicali, rime taglienti, satira iconoclasta e rap anti-convenzionale. Laddove per anti-convenzionale si intende non tanto nei confronti della musica italiana, quanto a riguardo della scena rap coeva.

Caparezza infatti, intenzionalmente, non intende affatto aderire ai cliché del genere. Non si comporta da artista di strada, che per metà del tempo parla delle condizioni “del quartiere” e nell’altra metà si occupa di illustrare la propria superiorità rispetto ai colleghi. Al contrario, Caparezza è “fuori”, o anzi nel mezzo, come ben spiegato in Dindalé Dindalò. Del rap adotta la forma, perché al’’epoca trattasi (come un po’ ancora oggi) del genere musicale maggiormente “di rottura”, e che quindi può meglio servire agli scopi eversivi dell’artista.

Caparezza – La fitta sassaiola dell’ingiuria, 2000

“Non fumo, non mi canno, non mi drogo, non bevo / A volte penso di essere il vero alternativo”

Ma non ne adotta l’etica, né necessariamente le regole. Già da questo primo disco si nota infatti un’apertura verso altri generi, a cominciare dal tentato nu metal di Mea Culpa. C’è poi la minimal techno di Tutto ciò che c’è, la house de La gente originale, il funk di Ti clonerò, e così via. In generale le sonorità di questo primo album si affidano a diverse basi elettroniche (come adeguatamente spiegato dalla guida alla tecnologia sei fasi super-stereo, a inizio disco), ma è ben chiaro, anche dai riferimenti e dalle citazioni (già numerosi) che la formazione musicale di Caparezza è ben più vasta.

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Altrettanto si può dire per quanto riguarda la varietà delle liriche, già in questo primo lavoro attente e intelligenti, pronte a passare da intenzionali volgarismi esasperati (“sul palco si vomita / Tra noi ci si sgomita / Andate a cagare”) a parentesi poetiche che nulla hanno da invidiare alle migliori produzioni cantautorali (“Fortemente volli farmi i calli tra i folli / Per capire che non ero tra quelli ma tra i ribelli”). Nel mezzo, lucide prese di posizione che sfiorano, in un’epoca in cui tutti si definiscono originali, un’originalità autentica (“Non fumo, non mi canno, non mi drogo, non bevo / A volte penso di essere il vero alternativo”).

Caparezza – Tutto ciò che c’è, 2000

Appare allora chiaro che, almeno in questo primo disco, i testi sono la vera forza che conferisce validità e buone prospettive alla trasformazione di Salvemini. L’eclettismo musicale si intravede, si coglie, e si possono prevedere le deviazioni e le sperimentazioni degli album successivi. Però, sono sempre i testi, fulminanti, azzeccati, sparati a raffica, a colpire l’orecchio, a penetrarvi e a non uscirne più. Il meglio del meglio, in questo senso, si ha sicuramente in Tutto ciò che c’è: la canzone migliore del disco e fulgido esempio della reale capacità di Caparezza di distinguersi dal resto della scena rap (e di quella musicale).

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Nella canzone, Capa costruisce un testo intero sul fatto che non sa di cosa potrebbe parlare, perché la realtà è già stata per intero adeguatamente descritta e definita. Allora, l’artista immagina un mondo assurdo, anarchico, psichedelico, con valori invertiti e situazioni al contrario: proprio quello che gli serve per poter rappare di… qualcosa. Questo è un esempio, ma ogni singola canzone apre un universo concettuale pregno di tessiture liriche di livello sempre eccezionale, che affermano e riaffermano la statura di uno dei più promettenti e significativi artisti della scena rap.

Caparezza – Chi c*zzo me lo, Live in Molfetta, 2004

E ciò è possibile, per Caparezza, solo perché egli sceglie il “caos”, non la norma o l’anti-norma, come propria bandiera. Una bandiera che, se mai venga sventolata, non riporta colori o sigle ma solo quell’espressione, ?!, che riassume quel famoso concetto poi ribadito dal rapper qualche anno dopo: che lui, cioè, “dellavitanonhacapitouncazzo”. Ed è un bene, perché pur non avendo capito, non smette mai di provarci, trascinandoci con lui.

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