Sanremo 2020: serata cover, le nostre pagelle

Ecco come è andata la terza serata del Festival di Sanremo, quella delle cover

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Raphael Gualazzi e Simona Molinari – E se domani [8/10]

Il delicato jazz interpretato a suo tempo da Mina viene affidato alle sapienti mani e alla pronta voce di Raphael Gualazzi, e il buon risultato è assicurato. L’orchestra, per una volta, non è troppo invadente e sottolinea solo dove necessario, lasciando ai due interpreti la loro parte da protagonisti. Una perfetta dimostrazione di come fare per suonare un lento atmosferico e delicato senza annoiare, neanche per sbaglio.

Anastasio e PFM – Le spalle al muro [9/10]

Improvvisamente, la PFM. L’esibizione con Anastasio unisce inaspettatamente ritmi vagamente rock e rap, in una commistione voluta di antico e nuovo. Una continua alternanza tra due età, ciascuna rappresentata da un ritmo e un’energia diversa. Ad Anastasio la parte del “giovane”, e a Franz Di Cioccio quella del “vecchio”, in uno schem (concettuale, non musicale) a alla Father and Son di Cat Stevens. Di sicuro una delle performances più interessanti e innovative.

Levante, Francesca Michielin e Maria Antonietta – Si può dare di più [5/10]

Le tre interpreti propongono insieme una versione tutta al femminile del classico di Tozzi/Ruggeri/Morandi, con un arrangiamento che suggerisce molta più atmosfera e trasporto rispetto all’originale, a discapito però dell’energia. Detto questo, la loro esibizione non aggiunge nulla di personale alla composizione, né comunica molto altro che vada oltre la pura bravura vocale.

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Alberto Urso e Ornella Vanoni – La voce del silenzio [4/10]

Pura tecnica vocale che lascia tutto il tempo che trova. Regolare Sanremo. L’emozione dell’originale passa per due interpreti che mettono tutto nel dimostrare la propria bravura (tra l’altro, con un errore della Vanoni) ma poco per far arrivare la canzone al pubblico. Una performance per il pubblico più maturo, magari anche per chi ascoltò l’originale nel 1968, ma per pochi altri.