Sanremo 2020: serata cover, le nostre pagelle

Ecco come è andata la terza serata del Festival di Sanremo, quella delle cover

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Piero Pelù – Cuore matto [9/10]

Una scelta azzeccata e quasi ovvia quella di Piero Pelù, che finalmente si affida a quel tipo di arrangiamento più puramente rock che è nelle sue corde. Non arriviamo a dire di risentire “Pierotten” nei giorni gloriosi dei Litfiba, no, ma di certo il numero gli dà la possibilità di rivivere il proprio personaggio in maniera sincera e naturale, non più adagiato sulle regole Sanremesi ma libero di essere sé stesso. Lupus in fabula, un duetto “in diretta” con una registrazione del compianto Little Tony, direttamente da Sanremo 1967. Miracolosamente, funziona tutto.

Paolo Jannacci, Francesco Mandelli e Daniele Moretto – Se me lo dicevi prima [8/10]

Un Nongio ormai invecchiato introduce il numero di Enzo Jannacci, interpretato con pronta perizia e immancabile spirito dal figlio Paolo. Il teatro/canzone del cantautore milanese rivive con estrema efficacia, trascinando tutta la carica ironica e amara della composizione dal 1989 al 2020. La canzone, naturalmente, è straordinaria già di per sé, e un arrangiamento perfetto non può che acuirne la potenza comunicativa.

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Elettra Lamborghini e Myss Keta – Non succederà più [6/10]

Girl power intensifies. Un’Elettra Lamborghini evidentemente inadeguata a livello vocale sembra perlomeno divertirsi, finché il carisma di Myss Keta non prorompe sul palco a salvarla, mancando però, stranamente, di trasformare l’intero pezzo in un electro-rap provocatorio, ma accontentandosi di occupare il suo posto come co-interprete. Poco incisive le ragazze, e forse penalizzate dalla scelta di un pezzo in fondo non granché indimenticabile.

Francesco Gabbani – L’italiano [6/10]

Alle soglie delle due di notte, Francesco Gabbani entra vestito da astronauta, sventolando il tricolore e cantando, naturalmente, Toto Cutugno. Viene da pensare che i sensi siano infine mancati, e che si tratti di un sogno. Ma è vero, e purtroppo funziona ben poco: scenografia e coreografia dal sottinteso multietnico (come dovrebbe essere normale) non salvano un’interpretazione fin troppo regolare e simile all’originale. Il premio va all’idea, che arriva però stancamente e un po’ in ritardo, e non ottiene neanche la giusta attenzione.

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