Emilio Stella e la sua arma contro il logorio della società di oggi

Emilio Stella
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Il cantautorato romano è vivo e vegeto. E se ne già lo sapevamo grazie a Il Muro Del Canto, ne abbiamo un’ulteriore conferma con Emilio Stella e il nuovo album, Suonato. Uno sguardo al quotidiano, alla vita comune di tutti giorni. E forse è proprio questo che lo rende un disco di facile ascolto per chiunque. Da chi è intrappolato tutti i giorni nel traffico a chi si lotta ogni giorno contro lo stress quotidiano. Dinamiche che rendono chiunque, inevitabilmente, suonato. Le sonorità del nuovo album di Emilio Stella spaziano su più fronti. Dal tipico folk regionale al reggae. Differenze che conferiscono al disco un’identità ben precisa, forte e delineata. Abbiamo avuto la fortuna ed il privilegio di poter intervistare l’autore Emilio Stella che ha risposto alle nostre domande.

Emilio Stella

Suonato è un disco che vuole raccontare ciò che si ha intorno. Da dove nasce questo bisogno?

Dalla voglia di comprendere la società in cui viviamo. Questo mi consente di fermare il tempo e fare analisi con me stesso.

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Quali sono gli artisti che ti hanno formato?

Influenzato tanti, formato pochi. Direi Rino Gaetano, De Gregori, De Andrè.

Il singolo Attenti al cool forse differisce rispetto le altre tracce perché più universale rispetto alle altre. Come mai hai scelto questo brano per lanciare il disco?

Esatto, proprio perché la ritenevo un po’ più universale delle altre.

Parli molto di Roma e della Roma. Quanto è importante per te la città in cui sei nato e cresciuto?

Roma è importante come una donna di cui sono innamorato.

Domanda extramusicale: Maledetto tempo è un’ode a Francesco Totti. Cosa significa per te il calcio e la figura di colui che è stato insignito come Ottavo Re di Roma?

Nel 93 avevo dieci anni e Totti esordiva in prima squadra. Coronava il sogno di tanti romani e romanisti. Quando ha smesso, io ne avevo trentadue. Siamo cresciuti insieme.

Qual è stata la scintilla che ha fatto scattare in te la voglia di diventare un cantautore?

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Nonno costruiva le chitarre e scriveva poesie. Sempre quando avevo dieci anni, face una piccola chitarra e me la regalò. Da lì a poco nonno morì. Mi lasciò in eredità la musica e le parole. Ne ho fatto la mia ricchezza.

Qual è stata la parte più difficile nell’incidere questo tuo album dopo quattro anni dall’ultimo ?

La parte più difficile è stata dare un’identità a livello di sound a undici brani diversi tra loro. Insieme alla band e al gruppo di lavoro però, abbiamo trovato il modo di essere contenti.