L’enigma del ragno di Enemy: tra Denis Villeneuve e Louise Bourgeois

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Sposta impercettibilmente le zampe scheletriche. Si muove lentamente tra le sommità di decine di grattacieli, sospeso in una nebbia densa, dalle sembianze surreali. L’ombra del suo corpo copre la città, inglobandola nell’oscurità. Un ragno domina l’orizzonte.

Moderna rielaborazione del romanzo L’uomo duplicato di José Saramago, Enemy è la rappresentazione distorta della realtà che circonda il protagonista, Adam Bell (Jake Gyllenhaal), professore di storia in preda ad una crisi coniugale che conduce alla frantumazione del suo io, che lo induce all’autodistruzione.

Caratterizzato da una struttura labirintica fortemente enigmatica, il complicato film del regista canadese Denis Villeneuve – pubblicato nel 2013 – si presenta agli occhi dello spettatore come un dedalo di schermi e allucinazioni, di specchi e incubi, dove aleggia il più criptico simbolismo. Simbolismo che si condensa nella figura del ragno.

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Esce inaspettatamente da un piatto d’argento scoperchiato. Trasmuta in donna, dominando gli incubi di cui sono composte le notti agitate del protagonista. Sovrasta la città, con la sua massa mastodontica. Tesse le sue ragnatele in cavi elettrici e le scava nel vetro di una macchina. E, alla fine, diventa tarantola.

Immagine metaforica, pregna di significato, il ragno viene riproposto ripetutamente, ossessivamente, fino all’esasperazione.

Simbolo dalla potente valenza metaforica, l’aracnide popola l’immaginario di Enemy, elevandosi a simbolo di controllo: controllo da parte della moglie, controllo da parte della madre, controllo da parte delle strutture sociali in cui è intrappolato l’uomo moderno. Varianti che si compenetrano l’un l’altra, che si uniscono, fondendosi tra di loro. Il ragno si innalza ad emblema di un totalitarismo che invade l’umano, comprimendolo, immobilizzandolo, annientandolo.

L’immagine dell’insetto – che, con la sua presenza e con le sue ragnatele, intrappola l’individuo in un groviglio di mania e frustrazione – proposta da Villeneuve in Enemy trova il proprio precursore in Maman, celebre scultura realizzata da Louise Bourgeois.

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Esaltazione della forza materna, di cui la scultura diventa tributo, Maman è un’ode di Louise Bourgeois nei confronti della madre.

Louise Bourgeoise. Nata a Parigi nel dicembre del 1911 e morta a New York nel 2010, quando il mese di maggio stava terminando. Un’arte – la sua – focalizzata sul concetto di universalità, sulle relazioni tra individui, sull’affetto e sulla frustrazione, sull’erotismo e sulla famiglia. Una produzione artistica che dona una concretezza al tema della procreazione, della maternità. Una vita dominata dal ragno.

Maman – traduzione francese del sostantivo ‹ mamma › – fa, infatti, parte di una serie di sculture, denominate per l’appunto Spider, che hanno colonizzato le principali città del mondo: Parigi, San Pietroburgo e Tokyo, Copenhagen e Denver, Kansas City e San Francisco, New York e Londra. Creata nel 1999, attualmente la scultura si trova presso la National Gallery of Canada in Ottawa.

Attraverso la maestosità e la figura sinistra di Maman, si intravede la fragilità e la precarietà del vivere.

Opera artistica dal duplice significato, la scultura può essere contemplata – e vissuta – attraverso l’adozione di due prospettive diverse, antitetiche: attraversando le magre zampre, l’individuo scorge, sotto lo sterno metallico dell’insetto, un rifugio, trovando la protezione; al contrario, osservata da lontano, la figura – a causa delle spigolosità e della grandezza, del colore e del materiale da cui è composta – diventa simbolo del pericolo, dell’insicurezza, della paura.

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‘‘Aveva la facoltà di difendere se stessa e me. Non mi stancherò mai di rappresentarla. […] È la cura della Paura’’ scrive Louise in uno scritto poetico del 1995, dal titolo Ode to my Mother.

La Bourgeois perse la madre all’età di ventun’anni. Il vuoto lasciato dalla sua morte la portò a tentare il suicidio diverse volte: il dolore era troppo grande per essere sopportato. Con il susseguirsi degli anni, con il passare del tempo, la paura viene finalmente superata: diventando stimolo creativo, viene incanalata nell’arte, modalità ‘‘attraverso la quale combattere specifiche paure’’, quale il trauma dovuto all’abbandono della presenza materna.

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Maman – così come il resto della produzione dell’artista – assume le sembianze di un tentativo di esorcizzare un’incolmabile mancanza.

La scultura rappresenta, quindi, l’intangibilità dell’affetto e della protezione, fortemente associate al tema della maternità, esplicitato all’interno dell’opera attraverso la presenza di ventisei uova marmoree, contenute nell’addome bronzeo della figura. ‘‘I ragni sono utili e protettivi, come mia madre’’ sostiene la scultrice.

Il ragno diventa, secondo la prospettva della Bourgeois, l’enfasi della virtù, simbolo del processo artistico e, di conseguenza, dell’arte stessa: ‘‘Cos’è un disegno? È una secrezione, un filo che compone la ragnatela. È la rete, la spirale, la tela di un ragno e altre significative organizzazioni dello spazio.’’

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In un’intervista rilasciata a Film Comment, il regista ha confermato di essere stato fortemente ispirato da Louise Bourgeois, la cui scultura ha portato alla creazione degli aracnidi di Enemy: ‘‘Quando pensavo al ragno, avevo in mente un’idea specifica di ciò che cercavo, delle sensazioni che avrebbe suscitato la bestia […]. Volevo creare un ragno che trovasse la sua principale caratteristica nell’intelligenza e nell’eleganza. Il miglior esempio trovato fu la scultura di Louise Bourgeois. Abbiamo ideato tonnellate di modelli diversi, ma siamo sempre ritornati a quella iniziale. Quindi sì, sono stato ispirato da Louise Bourgeois’’.

Riprendendo la sensibilità femminile evocata dall’opera scultorea Maman, i ragni di Denis Villeneuve sono strettamente connessi alle donne presenti all’interno di Enemy.

La correlazione tra il ragno e le donne che hanno costellato e determinato la vita del protagonista della pellicola – ovvero la madre e la moglie – viene esplicitata attraverso la scena finale: Helen, la persona amata, perde le sue sembianze femminee, mutando in insetto.

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