A Casa Tutti Bene, la recensione del nuovo film di Gabriele Muccino

Dopo dodici anni a Los Angeles, Gabriele Muccino torna in Italia con una storia familiare, raccontando un dramma collettivo ma esagerando con i toni.

A Casa Tutti Bene
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C’è aria di tempesta dappertutto“, così recita Stefania Sandrelli in A Casa Tutti Bene, ultima fatica di Gabriele Muccino. Il suo ritorno ad Itaca, come afferma il regista paragonandosi ad Ulisse, dopo aver vissuto dodici anni a Los Angeles e dopo aver sfornato film come Sette Anime e La Ricerca della Felicità. Torna a dirigere in Italia e lo fa riproponendo una storia goffa che sembra essere più un prodotto televisivo che non un film. Riproponendo un intreccio di storie familiari come in Ricordati di Me. Una tempesta dunque che si abbatte su Ischia, isola che ospita Alba e Pietro, freschi di nozze d’oro. Una grandissima festa che riunisce tutta la famiglia sparsa per l’Italia. L’inconveniente climatico però li costringerà a fermarsi più a lungo del dovuto, creando disagi che vanno ben oltre la semplice logistica del posto letto.

A Casa Tutti Bene

Fulimini e saette, la cornice perfetta per ciò che si andrà a creare sotto il tetto apparentemente ridente di un altrettanto allegra famigliola. Gli abbracci iniziali verranno spezzati dal confronto collettivo a cui saranno tutti costretti. I problemi di tutti verranno messi alla mercé e discussi in maniera molto animata, forse anche troppo. I toni si esasperano interrompendo l’alchimia perfettamente creata tra tutto il cast che vede protagonisti Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino, Valeria Solarino e Carolina Crescentini. Bugie, tradimenti e sguardi d’amore che si tramuteranno in sguardi d’odio. Con la macchina da presa di Muccino che segue l’accavallarsi delle vicende. Procedendo passo passo lungo ogni storia, il regista vorrebbe raccontare il confronto tra generazioni ma con un risultato scadente.

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A Casa Tutti Bene

Il dramma che accompagna questa storia è un dramma collettivo dal quale nessuno ha scampo. I personaggi gettano le loro maschere, rivelandosi mano a mano. Problemi di soldi, di noia post matrimonio, di incapacità di amare, si palesano grazie alla chimica perfetta che si va a costruire tra tutti gli attori. Con un grande però che inevitabilmente fa scadere in basso A Casa Tutti Bene. L’alternarsi tra il cliché del dramma, le simpatiche e malinconiche gag, va a rompere l’alchimia sopracitata, elevando al massimo l’esasperazione che caratterizza ed accomuna i personaggi. Emblematica la scena in cui Favino litiga con Ginevra, una Carolina Crescentini nei panni di un’insicura e morbosa seconda moglie. Una scena drammatica che diventa quasi tragicomica. Ugualmente, il personaggio di Ginevra sembra essere quasi una macchietta, tanto è sopra le righe. E non basta qualche frase ad effetto inserita in dialoghi banali all’inverosimile a salvare la barca.

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L’amore dunque non trionfa, la tempesta finisce e ciò che porta a riva è solo tanta ed eccessiva disperazione. E le persone tornano ad essere personae, nell’accezione latina di maschere. Senza scomodare Haneke per la dicotomia presente tra titolo e storia, gli intenti di Muccino sono molto buoni ma questo suo A Casa Tutti Bene è vittima della cattiva gestione della moltitudine di eventi che circonda la storia, privandolo di fatto di ogni carica drammatica. Anche e soprattutto a causa di una ricercata esasperazione dei toni che rende tutto molto poco credibile nonostante si parli di storie comuni che accadono e potrebbero accadere a chiunque.

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