Scrubs è una serie che ha fatto scuola: ha conquistato una generazione, facendoci ridere e piangere e lasciando ricordi indelebili. Ecco perché andrebbe rivista e riscoperta anche oggi
Scrubs: una serie imprevedibile
Quando, durante gli anni ’00, capitava di imbattersi in un episodio di Scrubs in onda su MTV (lo streaming non c’era ancora), la reazione poteva essere: “Aspetta, cosa sto guardando?” Perché la serie era davvero atipica per l’epoca, come lo rimane oggi: un misto di sit-com e medical drama con sequenze surreali e momenti allucinanti ma anche scene intense e strappalacrime.
La furbizia nella formula di Scrubs sta in un continuo cambio di tono, dalla commedia al dramma e viceversa, passando da sfumature leggere e spassose a sequenze traumatiche e indimenticabili, riuscendo miracolosamente a prendere il meglio da entrambi e creando un prodotto completo, ricco di sfaccettature e appassionante nella costruzione di una sua propria mitologia.
Le avventure del giovane dottore John Dorian (J.D., Zach Braff) e del suo best friend forever, il chirurgo Chris Turk (Donald Faison) alle prime armi nell’ospedale Sacred Heart hanno infatti tutto della struttura della sit-com eppure sono più reali, più complesse, meglio tratteggiate. Allo stesso tempo sono anche indescrivibili, assurde, concitate all’eccesso.
I comprimari, leggendari, contribuiscono a una narrazione corale d’effetto: l’insicura e nervosa Elliot Reid (Sarah Chalke) e la tosta infermiera Carla Espinosa (Judy Reyes) forniscono una prospettiva femminile solida e intrigante sulla vita nell’ospedale, mentre la figura del burbero, cinico ma in fondo buono dottor Perry Cox (John C. McGinley) è fondamentale nel cucire insieme le esperienze di tutti.
I voli mentali di J.D.
In Scrubs sono tanti i momenti commoventi e tanti quelli esilaranti, ma i più memorabili sono certamente i “sogni” di J.D.: sequenze oniriche che intervengono inaspettatamente nella storia, inventando situazioni e immaginando contesti impossibili, nei quali il sensibile e sognatore J.D. si perde spesso anche dimenticandosi di chi gli sta attorno.
Proprio questa capacità immaginativa contraddistingue Scrubs dalle serie coeve, perché non esita ad abbandonare la sicurezza di una storia realistica per osare, creare ed esplorare ogni possibilità con un meccanismo narrativo semplice ma geniale, che contribuisce anche a fornire maggior spessore sia ai personaggi che alle vicende raccontate.
Storie profonde e pregnanti
Eppure, facendo questo, la serie riesce anche a narrare della crescita personale e professionale dei personaggi in modo convincente e profondo, esplorando le loro identità e i rapporti tra loro e l’ambiente che li circonda, quello ospedaliero, spesso teatro di dilemmi psicologici, etici e morali ma anche di momenti di pura sofferenza.
Nel corso di otto stagioni (la nona, com’è ben noto, non si conta) vediamo questi personaggi crescere, maturare, cambiare e trovare la loro strada tra mille avversità, come nelle migliori sit-com ma qui con una punta in più di pura imprevedibilità. Ci sono infinite battute e scene da imparare a memoria e da amare, e per molti di noi rimangono preziose tra i nostri ricordi. Se non vi ci siete ancora gettati, fatelo subito!