The Beatles – Please Please Me | RECENSIONE

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Il primo, leggendario album dei Beatles: un disco rock and roll ingenuo ma nella cui semplicità già si intravede il genio

Nel 1963 i Beatles sono già famosi. Lo sono a Liverpool, con le loro celebrate esibizioni al Cavern Club. Lo sono con i loro primi due singoli, pubblicati nel 1962 e che già hanno fatto breccia nelle classifiche e nella mediocrità allucinante dei complessi rock dell’epoca. Ma non sono ancora “i Beatles”. Manca un passo fondamentale: il loro primo album.

Please Please Me esce il 22 marzo 1963 e pochi immaginano quanto un disco d’esordio tanto “umile” (perché lo è, anche in quanto costituito per metà da cover) segnerà l’inizio di una carriera incredibile e di una delle crescite musicali più eccezionali che si siano mai viste. Davvero difficile dirlo a partire da queste sole quattordici canzoni.

Il disco viene registrato in un giorno solo, l’11 settembre del 1962: questo perché i quattro registrano di volata praticamente quello che è il repertorio live che conoscono già a memoria. Alla produzione c’è il leggendario George Martin, un esperto, che prende lo stile grezzo ed energico dei Fab Four e lo organizza in un lavoro pop rock orecchiabile e ricco di sfumature.

L’album inizia subito in maniera leggendaria: Paul McCartney conta quattro e parte I Saw You Standing There, un rock and roll che presenta già una progressione di accordi originale rispetto alla norma dell’epoca e trova i quattro prontamente scatenati. Segue Misery, brano dai toni pre-baroque pop interessante e spesso dimenticato.

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Ci sono poi tre cover: Anna (Go to Him); Chains, della premiata coppia di autori Goffin/King, e la prima canzone nel catalogo dei Beatles cantata da George Harrison; e Boys, cantata da Ringo e spesso motivo di ilarità perché nell’originale reso famoso dalle Shirelles la prospettiva del testo cantato è quella femminile.

Ask Me Why figura tra le composizioni storicamente “minori” di Lennon / McCartney, un po’ perché derivativa un po’ perché priva di un refrain forte. E importa poco perché subito dopo, a chiudere la prima facciata dell’LP, ecco il grande classico: Please Please Me, canzone la cui melodia ancora oggi istintivamente è nota più o meno a chiunque.

Lo stesso vale per Love Me Do, altro classicone posto in apertura del lato B. Due composizioni perfette, melodiche, originali ed innovative, che mostrano per intero il pur acerbo genio compositivo di Lennon e McCartney (che alla pubblicazione dell’album hanno rispettivamente 22 e 20 anni). Basterebbero questi due brani, infatti pubblicati come singoli già nel ’62, per definire tutta la riuscita del disco.

P.S. I Love You è un altro piccolo classico, noto per il passaggio particolare di accordi nel refrain che introduce un tono particolarmente “lugubre”, inaspettato nell’andamento di una canzone come questa. Si torna poi a una cover, il brano più debole dell’album (seppur di Burt Bacharach): Baby It’s You, pezzo al quale nondimeno Lennon regala un’interpretazione molto sentita.

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Do You Want to Know a Secret è un piccolo gioiello cantato da Harrison, che spicca per dolcezza e atmosfera; ottima anche la trasognante cover di A Taste of Honey, che sembra una ballad western e vede quasi Macca trasformarsi in Marty Robbins. Non troppo entusiasmante invece la scanzonata e fin troppo corta There’s a Place.

Si chiude in grande stile con l’ultima cover, la celeberrima Twist and Shout cantata da un Lennon sfinito e gravemente raffreddato; e che, perciò, praticamente strilla: una performance dalle qualità involontarie che rendono il brano subito un successo e numero fisso nelle rumorose esibizioni del quartetto.

Il disco arriva alla numero uno della classifica UK e impone da subito i Beatles come nuovo fenomeno. Certo, dovrà passare ancora un bel po’ di tempo per assistere a quella crescita inaspettata che li renderà il complesso musicale più importante della storia. Ma il talento c’è già tutto, la coesione tra i quattro anche, la preparazione musicale pure.

Ringo prova già di essere un batterista originale ed eclettico e George avrà tempo per distinguersi come chitarrista solista, anche se qui le possibilità non gli mancano. John e Paul… bé, lo sappiamo. Please Please Me si può riascoltare sempre volentieri non proprio come capolavoro né pietra miliare (quelli saranno ben altri loro album) ma come un esordio valido, sicuro e a tratti sorprendente.

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