5 miniserie HBO che sono degli assoluti capolavori

Abbiamo deciso di parlarvi di 5 miniserie HBO che sono degli assoluti e intramontabili capolavori

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Watchmen | HBO
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A cura di Matteo Sarceno

Viviamo in un’epoca in cui l’offerta del prodotto audiovisivo è di gran lunga maggiore della domanda. È debordante. L’arrivo delle piattaforme ha rotto il mercato e quello che prima ci veniva lentamente sciorinato dalle tv generaliste e, in parte dai canali via cavo, è diventato improvvisamente a portata di mano. Il binge watching, l’illusione del tutto e subito, hanno fatto sì che diventassimo fruitori di una quantità industriale di prodotti di cui, salvo rare eccezioni, finiamo inesorabilmente per dimenticarci. Capita anche che, nello sconfinato mare magnum di serie tv che ci viene proposto, finiamo col perderci delle chicche perché è difficile orientarsi. E allora qui subentriamo noi: ecco una carrellata di 5 miniserie targate HBO che sono dei capolavori assoluti e che magari vi siete persi. Disclaimer: la top five che segue è rigorosamente in ordine alfabetico. Come avrebbe detto Cattelan qualche anno fa durante un televoto a X Factor: ”questa non è una classifica”.

I know this much is true

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I know this much is true, sanguinosamente tradotta in italiano con il titolo di Un volto, due destini, è la miniserie che eleva Mark Ruffalo allo status di semidio consegnandogli in scioltezza Emmy e Golden Globe. Protagonisti della storia sono due gemelli, entrambi interpretati da Ruffalo; cresciuti con la mamma e con un patrigno molto severo. Uno dei due gemelli, Thomas, ha grossi problemi psichiatrici che lo rendono pericoloso per sé stesso e per gli altri. Così Dominc, l’altro gemello, dopo la morte della mamma se ne prende cura.

Ma quella di Dominic è impresa dura perché Thomas dapprima si amputa una mano e poi inizia un lungo peregrinare fra carcere e istituti psichiatrici con una diagnosi di schizofrenia. I know this much is true è una serie che mette a dura prova chi guarda: l’accumularsi di drammi e sfighe occorse ai protagonisti è un qualcosa di oggettivamente senza precedenti. Come se Cianfrance e Epstin (gli sceneggiatori) volessero testare lo spettatore, sottoporlo a un numero infinito di prove fino a sfinirlo e fin dal primo episodio. Testata la fedeltà, la serie HBO concede un finale ad alto impatto emotivo, coerente e, a suo modo, lieto. Una serie dalla scrittura solida, e con un Mark Ruffalo straordinario.

I may destroy you

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I may destroy you è la serie HBO che ha portato Michaela Coel alla ribalta. Uscita nell’estate del 2020 e arrivata in Italia con colpevole ritardo solo lo scorso settembre su Sky Atlantic, la serie racconta le vicende di Arabella, personaggio scritto e interpretato dalla stessa Coel. I may destroy you è un cazzotto forte alla bocca dello stomaco dello spettatore per tematiche delicate e importanti come stupro, molestie, razzismo.

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La storia è quella di una millennial londinese che con il suo primo romanzo ha fatto il botto e ora, alle prese con il secondo, è bloccata. Il turbamento di Arabella è dovuto a uno stupro di cui lei però non ricorda quasi niente. Questo le porta attacchi di panico, flash e disturbi. Pian piano la memoria le torna: è stata drogata da un uomo che una sera in un pub ha abusato di lei. I may destroy you è una serie imprescindibile, potente, che accende i riflettori  sul percorso interiore che è costretta a vivere una giovane donna vittima di abuso in una società ipocrita e machista. Non pretende di essere universale, il percorso di Arabella è un percorso personale e non paradigmatico. L’Emmy Award per la miglior sceneggiatura per una miniserie drammatica consegna Michaela Coel a quella ristretta élite di autrici di una generazione che definire d’oro è riduttivo. Da Lena Dunham (Girls), a Phoebe Waller-Bridge ( Fleabag), passando per Sally Rooney e Alice Birch  (Normal People).

Mare of Easttown

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Vincitrice di 4 Emmy Awards (su ben 16 candidature ) e di un Golden Globe a Kate Winslet come migliore attrice protagonista, Mare of Easttown approda a giugno dello scorso anno in Italia, su Sky Atlantic). La serie è scritta da Brad Ingelsby e diretta da Craig Zobel; 7 puntate, un’ora scarsa l’una, Un piccolo paesino della provincia americana, Easttown per l’appunto, viene scosso da omicidio sul quale indaga Mare (la Winslet), la detective del paese. La trama è semplice e lineare ma è tutto il resto a lasciare senza fiato: una scrittura raffinata, una regia elegante e una direzione degli attori curata nei minimi dettagli con una Winslet in stato di grazia.

L’intensità interpretativa  e la crescita, non solo interiore, dei protagonisti, ci restituisce personaggi non monodimensionali ma pieni di sfumature e, perché no, di debolezze e contraddizioni. Forse è proprio questo il pregio maggiore di questa miniserie HBO: la complessità delle pedine che dispone sulla scacchiera. Mare of Eastown è un piccolo gioiello, diverso da tutti gli altri, perché non cerca mai di stupire a tutti i costi, racconta una storia “normale”, lineare, ma la racconta bene, meglio di tutti.

Olive Kitteridge

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Probabilmente è la serie HBO meno conosciuta di questa cinquina. Per Olive Kitteridge vale quanto detto in precedenza per Mare of Easttown: siamo di fronte a una storia “normale”, che non ha bisogno di sparare fuochi d’artificio per catalizzare l’attenzione. È la semplicità  e la delicatezza di questa storia e colpire e devastare. Tratta dall’omonimo romanzo di Elizabeth Strout e adattata per il piccolo schermo da Jane Anderson (già nella writers’ room di Mad Men), Olive Kitteridge è la storia di un insegnante di matematica ormai in pensione alle prese con un carattere difficile che puntualmente ne compromette i rapporti.

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Il ruolo della protagonista è affidato a una sontuosa Frances McDormand che vinse un Emmy per questo ruolo (la serie ne collezionò ben 8 in totale) e fu candidata ai Golden Globe. La McDormand è attorniata da un cast di primo piano: Bill Murray e Richard Jenkins (Six feet under, Dahmer ) su tutti. La serie HBO abbraccia un quarto di secolo, l’ultimo della vita della protagonista che, dopo la morte del marito, cade in depressione. Olive chiude i ponti con suo figlio col quale ha da sempre un rapporto conflittuale e alla fine trova nel bisbetico Bill Murray un po’ di conforto per passare in compagnia gli ultimi anni che le restano. È una serie di nicchia, poco trasversale, e forse per questo sconosciuta al grande pubblico. Ma è un drama intenso, straordinario. La scrittura non è mai ridondante, non aggiunge, anzi, toglie e Frances McDormand ci regala una delle migliori performance della sua straordinaria carriera.

Watchmen

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Quando questa serie HBO fu annunciata, la paura di tutti era quella della lesa maestà. Per chi non lo sapesse, Watchmen è una graphic novel  della DC Comics,scritta da Alan Moore (uno dei talenti più puri degli ultimi quarant’anni) e disegnata da Dave Gibbons. Certo, a fare da garante c’erano l’omonimo film di Zack Snyder del 2009 e la presenza di Damon Lindelof (Lost, The leftovers) ma da qui a dormire sereni ce ne passava. Watchmen invece ha avuto l’intelligenza di distaccarsi fin da subito dal fumetto, di cui è figlia e non banale clone. La storia parte dal cuore narrante del fumetto di Moore per poi discostarsene e vivere di luce propria con uno stile narrativo e visivo che di lì a poco sarebbe diventato il mandate morale di serie iconiche come, ad esempio, quel capolavoro di The Boys.

Che ne pensate? Quali di queste avete visto?

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