Myss Keta mostra il suo “lato B”: Il Cielo Non è un Limite

Pubblicato ieri il lato b di "Il Cielo Non è Un Limite"

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Credits: Myss Keta / YouTube
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Myss Keta pubblica a sorpresa il lato B di Il Cielo Non è un Limite

Con questa inaspettata uscita, Myss Keta mette un punto alla riflessione aperta con il lato A. Se nel primo mini disco interrogava il mondo e i suoi spazi fisico-temporali dalla cornice di una vetrata all’ultimo piano di un grattacielo, nel Lato B del progetto la ritroviamo esattamente dove l’avevamo lasciata, ma al calare delle tenebre.

In realtà quest’ultimo EP è composto da appena due brani: MIRIAM e L 02 FREESTYLE, per un totale di poco più di 8 minuti di ascolto. In Miriam, Keta collabora per la prima volta con i DPCM. Il risultato è sorprendente.

“MIRIAM, WHERE THE FUCK ARE YOU? “

Il verso richiama nemmeno troppo alla lontana il “Where will it end? Where will it end?” cantato da Ian Curtis – frontman dei Joy Division – in Day Of The Lord. Certo, siamo consapevoli che il paragone sia più che azzardato, ma è innegabile come Myss Keta abbia affondato le mani nei più classici dischi della new wave degli anni ’70/80, questa volta. I ritmi frenetici e onirici tipici di Keta sono sempre presenti: la differenza è che, stavolta, non sono cadenzati dai beat dell’elettronica tanto cara ai suoi precedenti lavori.

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O meglio: in L 02 FREESTYLE abbiamo sempre il rumorismo elettronico che ci piace di Myss Keta, ma è più cupo, più oscuro rispetto al solito.

Se fino a questo momento la notorietà della cantante mascherata era dovuto a pezzi meno impegnativi come MILANO, SUSHI & COCA, in L 02 FREESTYLE si attiva una sorta di catarsi. La voce robotica, eterea, lontana è un fiume in piena da cui non si può far altro che essere travolti e che inevitabilmente entra in contrasto con quanto descritto nel precedente Ep. In che modo? Beh, se il lato A rappresentava il sogno, il lato B è la cruda realtà.

Il Cielo Non è un Limite delude le aspettative dei fan solo per la sua brevità, ma sicuramente non per il contenuto. Anzi, Keta ci ha brillantemente dimostrato che i fiumi di parole non sono sempre necessari a descrivere qualcosa. Detto in 3 parole: less is more.

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