Blade Runner 2049: Analisi, Significato e Spiegazione

Cosa vuol dire essere umano? Andiamolo a scoprire analizzando i principali snodi tematici di Blade Runner 2049, il sequel capolavoro di Denis Villeneuve.

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frame da Blade Runner 2049. credit to: sony pictures
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Non hai mai visto un miracolo” (Blade Runner 2049)

Ancora freschi nella mente di giovani e veterani cinefili, sono i mastodontici campi larghi che pennellano l’image-system del capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner (1982). Immagini che rimbombano ancora in modo preponderante sia percettivamente che filosoficamente a quasi quarant’anni di distanza.

Un paio d’anni fa però, il franco-canadese Denis Villeneuve (Sicario, Prisoners, Arrival, Enemy, La donna che canta) ha tentato l’impresa di dirigere un seguito a una delle opere di fantascienza più influenti del cinema moderno, ed ha egregiamente superato le aspettative.

Vediamo di analizzare e spiegare quindi i punti principali di Blade Runner 2049 (stasera alle 21:10 su Rai Movie), e come mai il film riesca a mantenere lo spessore, l’ambizione e l’efficacia esecutiva del precedente.

Al cuore di Blade Runner 2049, riposa la stessa domanda che echeggiava durante il lavoro di Ridley Scott.

“Cosa vuol dire essere umani?

Una domanda tanto generica quanto difficile da rispondere, ma che nella sua generalità può materializzarsi in maniera differente.

Ed è questo il punto di forza di 2049. Questo lo rende un sequel solido, capace di lambire i picchi tematici del primo film, ma allo stesso tempo discostarsi, sopravvivere ed evolversi in un territorio autonomo.

Tale risultato è conseguito mantenendo la stessa domanda di fondo esplorandone delle sfumature precedentemente non perlustrate.

Se volete approfondire le tematiche del film, ecco la nostra spiegazione e analisi di Blade Runner 2049. ATTENZIONE, L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER!

La Trama

Protagonista di Blade Runner 2049 è K. Egli è un replicante di nuova generazione che lavora nella LAPD come Blade Runner di replicanti obsoleti. K Ritira esseri della sua stessa specie ed è ha piena coscienza della suo essere artificiale, costruito e strumentalizzato. Al contempo è pervaso dalla totale disillusione di potersi considerare altrimenti.

Un giorno sul lavoro trova sotterrata una carcassa che, una volta rinvenuta ed analizzata, si scopre essere appartenente a Rachel. Si scopre inoltre che prima di morire era incinta, fatto considerato impossibile in quanto i replicanti non possono teoricamente replicarsi.

Timorosa delle possibili conseguenze che tale informazioni può avere sulla flebile società terrestre in cui vi è un muro che separa le specie, Joshi, la sovrintendente di K, lo manda a cercare il presunto figlio di Rachel per ritirarlo.

Dopo aver scoperto che il padre è un certo Mr. Deckard (Harrison Ford), una strana congruenza tra le sue memorie impiantante e la data di nascita incisa sull’albero sotto al quale era sotterrata Rachel, porta K a pensare di essere lui il figlio mancante (per gran parte del film).

Successivamente si scoprirà che la sua memoria era, sì veritiera, ma impiantata dalla vera figlia di Deckard , Ana Stelline che lavora come architetta di ricordi per replicanti.

Mentre l’imprenditore Niander Wallace che vuole Deckard per sintetizzare un nuovo tipo di replicanti a riproduzione autonoma per avere più soldati e conquistare più mondi, i replicanti rivoluzionari che chiedono a K di uccidere Deckard per non darlo in mano a Wallace. In tale contesto, K decide di fare tutto il possibile per riunire padre e figlia, a costo della propria vita.

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Come nel film dell’82 però, la trama è un semplice thread di connessione per far fiorire melodicamente momenti e riflessioni profondamente intrinseche alla natura dei personaggi. Una corretta analisi di 2049 ha quindi bisogno di focalizzarsi sulle facciate non narrative del film.

Questi aspetti li possiamo dividere in due principali categorie, di fondo collegate strettamente una con l’altra: La Memoria, l’Intimità e Inter-soggettività corporea.

Nascita, infanzia e memoria – Spiegazione di Blade Runner 2049

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Frame di Ryan Gosling in Blade Runner 2049

Il grande dogma del film è connaturato dalla nascita dell’individuo, il suo essere portato al mondo, cresciuto e aver fatto di questa crescita un bagaglio di esperienze e memorie personali che definiscono il suo posto nel mondo.

Ogni angolo del film presenta una riflessione o sulla memoria, o sull’infanzia, o sulla nascita, che essa sia considerata come atto di creazione di un anima o semplice atto riproduttivo.

Da una parte abbiamo K, che essendo replicante, non ha mai avuto un’infanzia, non è mai nato nel vero senso della parola e se ne fa cinicamente una ragione fino a che non viene tormentato dall’idea che le sue memorie possano essere vere, appartenenti al percorso di crescita di un bambino che fino a poco prima pensava essere un costrutto artificiale. Essere nati vuol dire possedere un’anima, dice K, indirizzando quindi un pensiero al concetto di anima come ponte tra corpo e identità, tra materia e spirito.

Dall’altra abbiamo il nefasto Wallace, morbosamente ossessionato dal voler creare replicanti capaci di riprodursi, approcciandosi all’atto riproduttivo da un’ottica puramente industriale (e militare), mostrando quindi uno sradicamento dei confini tra uomo e macchina.

Due personaggi quindi, seppur nella loro differenza, perseguitati dal desiderio della nascita. Il primo funzionalmente all’identità, il secondo a scopi meccanicistici.

Il tema della memoria in 2049, viene rafforzato simbolicamente tramite un riferimento al romanzo Fuoco Pallido di Vladimir Nabokov. Il romanzo viene citato nel baseline test che fa K ogni volta che torna in stazione, volto a giudicare la sua responsività ed inaffettività emotiva fondamentali per essere un blade runner efficiente. Il testo citato è il seguente:

Cells interlinked within cells interlinked within one stem. And dreadfully distinct against the dark, a tall white fountain played.”

La fontana bianca è l’immagine che vede il protagonista di Fuoco Pallido sul punto di morte, e una volta scoperto che un’altra persona aveva avuto la stessa visione, inizia un percorso di riflessione sulla possibilità di un vita oltre alla morte, solo per scoprire alla fine che l’altra persona si era sbagliata e la visione in punto di morte era in verità di una montagna bianca.

Il parallelismo è abbastanza chiaro ed è principalmente rappresentato dall’ineluttabile propensione dell’uomo a creare una narrativa intorno ai propri simboli, che lo avvolgono nell’ossessione di autodefinirsi. Il desiderio di un’aldilà è, in fondo, analogo al desiderio di proclamare il proprio sé, che è ciò che K tenta di fare attraverso il cavallino di legno della sua presunta infanzia.

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Intimità e corpo – Analisi di Blade Runner 2049

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Frame da Blade Runner 2049

L’altro aspetto fondamentale per comprendere al meglio la profondità di 2049 è l’intimità e l’inter-corporalità. Il film fa continuo riferimento a stimoli sensori-motori nei momenti più rivelatori dei protagonisti.

Wallace, cieco, deve per forza mantenersi in continuo contatto fisico con ciò che deve e vuole analizzare, JOI prova per la prima volta a sentire le gocce di pioggia caderle sulle mani, ma ovviamente essendo un ologramma, le passano attraverso.

K tenta in tutti i modi di auto convincersi che JOI è una persona reale, ma nella scena (di una poesia rabbrividente) in cui la ragazza-ologramma porta a casa una prostituta per poter simulare di far sesso con K, diventa evidente che siamo in un mondo dove la corruzione dell’atto sessuale non avviene solo dal punto di vista riproduttivo (come nel caso del replicante: essere vivente mai nato), ma anche dell’intimità corporea ed inter relazionale.

Il valore di questo aspetto del film risiede nell’importanza che hanno le esperienze fisiche nello sviluppo mnemonico e quindi dell’identità dell’individuo, che senza la possibilità di stimolare i propri sensi, non riesce a rivendicare il se interiore.

Un’intimità persa che concerne non solo la relazione individuo-individuo, ma individuo-natura, perno della decadenza della società di 2049, la cui maggior parte di abitanti non ha mai visto un albero.

Spiegazione del Finale

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Ryan Gosling nella scena finale del film

Una volta che la rivelazione di non essere il figlio miracolo gli devasta l’unica fibra esistenziale che lo portava avanti, K, seppur incaricato dai replicanti rivoluzionari di uccidere Deckard , e quindi di ritornare al suo statuto impassibile e cinico di cui era preda a inizio film, decide di prestare i suoi ultimi sforzi a riunire Deckard e sua figlia.

Per la prima volta ci appare emancipato e svincolato da ordini maggiori, in lotta di sua spontanea volontà per una causa maggiore che la sua mera esistenza. Agisce motivato dall’importanza emotiva della memoria, nonostante quella memoria non sia sua.

Una decisione che rappresenta l’ultimo disperato aggancio verso un’umanità che finalmente sembra creare un’aura di pace e tranquillità attorno al protagonista, negli ultimi momenti della sua esistenza.

Conclusioni

Nel Blade Runner di Scott la domanda cosa vuol dire essere umano era esplorata (e non risposta, come è giusto che sia) nell’apparente paradosso della fitta rete di desideri e impulsi emotivi che inondavano umani e replicanti. In molti casi ciò portava il replicante a dimostrarsi più umano dell’umano, fermamente idealista e anelito verso il reclamare la propria connessione con la natura, a differenza della depravata e corrotta società di umani che ci vengono presentati nel film.

In 2049, invece, la questione dell’essere umano viene ripercorsa in un’ottica di costruzione identitaria. L’infanzia, le memorie fisiche adempite durante la crescita, sono tutte cose volte a costruire un’interiorità della persona, indispensabili all’esteriorità materiale e corporea perché quest’ultima possa proliferarsi come umano.

Una corporeità che, come visibile nella figura di JOI, è essa stessa cruciale nell’inter-soggettività relazionale e nella costruzione di quell’esperienza fisica che andrà poi ad influenzare l’identità stessa, il se e la sua memoria.

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