Bong Joon-ho: tutti e 7 i film classificati dal peggiore al migliore

Quest'anno Bong Joon-ho ha fatto storia a Cannes quando con il suo ultimo film, Parasite (Gisaengchung), è stato nominato vincitore della Palma d’Oro

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Parasite
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Quest’anno, Bong Joon-ho ha fatto la storia del cinema coreano. Con il suo ultimo film, Parasite (Gisaengchung), ha vinto la Palma d’Oro a Cannes, diventando il primo film coreano a ricevere la massima onorificenza del festival francese. Prevedibilmente, la Corea del Sud sceglierà proprio Parasite come opera ufficiale per la corsa agli Oscar in lingua straniera del 2020. Il paese asiatico non ha mai ricevuto una nomination nella categoria, il che darebbe al film ancor più lustro, nazionale ed internazionale.

Bong Joon-ho è un autore di grandissimi film di genere (Memories of Murder) e punta di diamante del cinema coreano post anni ’90 insieme a Kim Ki-duk, Park Chan-wook, Kim Jee-woon, Lee Chang-dong e Hong Sang-soo. Ha sfatato anche il mito secondo il quale gli orientali che vanno a girare film oltreoceano, difficilmente riescono a realizzare dei lavori qualitativamente migliori delle pellicole girate in patria (Snowpiercer).

Quindi, per chi volesse approfondire il regista sudcoreano, ecco una classifica di tutti i suoi lavori dal peggiore al migliore:

7. Okja (2017)

Bong Joon-ho: tutti e 7 i film classificati dal peggiore al migliore

Per dieci anni la giovane Mija (An Seo Hyun) si è presa cura di Okja, un enorme animale, ma un amico ancora più grande, nella sua casa tra le montagne della Corea del Sud. Tutto cambia quando la multinazionale Mirando Corporation prende Okja e lo porta a New York: la CEO della compagnia, Lucy Mirando (Tilda Swinton), ossessionata dall’apparenza e da se stessa, ha grandi progetti per il più caro amico di Mija. Senza un piano particolare, ma determinata come non mai, Mija si imbarca in una missione di salvataggio.

Dopo le atmosfere glaciali di Snowpiercer, il regista torna con una storia che mette in mostra la crudeltà dell’essere umano nei confronti del regno animale. Una storia che riesce a regalare momenti di grande dolcezza, sopratutto nella parte iniziale, ma anche di grande crudeltà.

Le tematiche che prende in esame la pellicola sono molte: l’uso sconsiderato dei social network, l’opinione di se stessi, il lato oscuro delle industrie alimentari. Bong Joon-Ho concentra però il tutto sul rapporto tra i due protagonisti: Mija, una bambina orfana che vive con un nonno tirchio e materialista e il super maiale Okja, elemento realizzato in maniera eccellente, grazie a un’ottima computer grafica. Una regia semplice, ma che si avvale di una fotografia fredda e perfetta per l’atmosfera generale. Un cast di tutto rispetto, ma che purtroppo rientra nei difetti principali di questa pellicola, oltre alla morale spiccia e facilona.

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6. Barking Dogs Never Bite  (Flandersui gae, 2000)

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Yun-ju (Sung-jae Lee) è uno sfaccendato che ambisce al ruolo di professore universitario, ma che non riesce a realizzare il proprio obiettivo. Frustrato, riversa il suo risentimento su alcuni poveri cani del palazzo in cui abita, tentando goffamente di farli fuori. Si imbatte però in Hyun-nam (Bae Doona), giovane svampita ma di buon cuore, che decide di indagare per scovare il rapitore del suo cane. 

Il film che segna l’esordio alla regia di Bong Joon-ho è una curiosa visione tragicomica della vita, in cui coesistono assurdità e malinconia, grottesco e umana compassione. Ne deriva una commedia curiosa, originale, piena di irascibilità e di latenti nevrosi, di desideri irrealizzati ai quali corrispondono pulsioni di fatto letali.

Un’opera multiforme che lascia già intuire una parte della verve narrativa e creativa del regista sudcoreano, nonché gli stilemi su cui poggia il suo cinema: l’indagine di una società deviata, i rapporti interpersonali, l’amicizia, oltre alle parentesi comiche al limite del demenziale, e la violenza verso gli indifesi, specchio di un profondo degrado sociale. Al di là di tutti i limiti fisiologici di una pellicola d’esordio, Barking Dogs Never Bite (letteralmente “cane che abbaia non morde”) ci palesa lo sguardo del regista, che da lì a poco virerà verso ben più eccellenti produzioni ma che appare già pungente, oltre a evidenziare una maestria delle riprese, un uso sapiente del piano sequenza e la capacità di articolare attraverso le immagini trame piuttosto contorte.

5. Snowpiercer (Seolgug-yeolcha, 2013)

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Il mondo è ormai una distesa desolata, ghiacciata e priva di qualsiasi forma di vita. I pochi esseri umani che sono riusciti a salvarsi dall’apocalisse climatica si trovano all’interno di un treno ultra tecnologico che sfreccia intorno al globo, impedendo l’estinzione al genere umano. Ogni vagone è adibito ad un compito specifico: quelli in coda ospitano i poveri, gli umili e tutti coloro che sono riusciti a salire sul treno all’ultimo secondo, in testa invece abbiamo i ricchi ed il loro lusso sfrenato, senza limiti, chiara rappresentazione della loro sterile essenza.

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Una pellicola anarchica, che porta in scena l’ennesima battaglia politica tra le varie classi sociali, ma con una resa avvincente, interessante e mai troppo banale. Sono presenti l’azione, i momenti drammatici e toccanti, ma anche la claustrofobia, l’orrore e la tensione. Una regia fluida, precisa, che regala momenti di combattimento di alto livello, fino ad un finale filosofico e impressivo. Una delle pellicole di fantascienza “sociali” migliori del XXI secolo. Il treno che viaggia senza mai fermarsi può considerarsi come l’arca di Noè contemporanea, ma la salvezza forse si trova fuori.

4. The Host (Gwoemul, 2006)

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Un mostro marino, la cui nascita è probabilmente imputabile allo smaltimento abusivo, emerge dal fiume Han, a Seul, attaccando e uccidendo i villeggianti. La creatura mutante, dopo aver mietuto numerose vittime, prende prigioniera una bambina, Hyun-seo. Nonostante l’intervento dell’esercito americano, sarà la disastrata famiglia della piccola a risolvere la situazione.

Nel corso della sua carriera, Bong Joon-ho ha realizzato una vasta gamma di film: dagli abusi di animali a quelli sui diritti di quest’ultimi, un thriller poliziesco, una tragicommedia horror e un film di fantascienza. The Host si può definire un ”monster movie”, ma non è solo questo. È anche la storia di un famiglia ben lontana dall’essere perfetta, di uno sbaglio in laboratorio che causa la nascita di creature anfibie e di un virus capace di terrorizzare letteralmente la Corea.

Un film che si prende la libertà di mostrare, senza scadere mai troppo nel moralismo, la distruzione dell’uomo nei confronti dell’ambiente, che sembra partire in maniera leggera, quasi comica, con un protagonista amante del sonno, per poi giocare la carta del mostro mutante, impressionante durante la sua prima, dinamica e lunga apparizione, girata con coinvolgente maestria. Una storia capace di regalare intrattenimento, riflessioni ed emozioni.