Tool: Fear Inoculum non sancisce una nuova era

Dopo tanta, tantissima attesa, abbiamo messo mano sopra il quinto lavoro della band

Tool: Fear Inoculum
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Viaggiamo insieme attraverso l’ultimo, attesissimo, disco dei Tool.

Un album che rischiava di diventare il più grande e deludente vaporwave ha finalmente visto la luce. Dopo l’incredulità generale di un annuncio ufficiale, una data e un singolo, i 13 lunghissimi anni di hype e stressante attesa hanno finalmente avuto una conclusione. Questa formula ha generato un’isteria incredibile dietro un disco che oggi ha finalmente un nome e una pubblicazione. Ecco l’ultima fatica dei Tool: Fear Inoculum.

La band californiana ha più volte scherzato sull’uscita di questo fantomatico disco. In realtà si è passati troppo spesso da un semplice scherzo a una vera e propria presa in giro, facendo infuriare molti fan. I Tool però sono così, prendere o lasciare. Fear Inoculum è quindi sia un nuovo e atteso Messia, che un qualcosa da affrontare con aggressività per cercare di demolire tutto l’hype cresciuto in ben 13 anni.

Vietato sbagliare, vietato fallire.

Fear Inoculum
Cover di Fear Inoculum

Dopo una sfinente attesa si rischia che le aspettative possano essere talmente alte che inciampare e tradirle è fin troppo semplice. Il quinto disco dei Tool, Fear Inoculum, riesce sicuramente a farsi lodare, ma allo stesso tempo a farsi odiare. Che se ne voglia oppure no, l’aspettativa può cambiare notevolmente l’opinione di un’opera, sia in positivo che in negativo. Proprio per questo motivo Fear Inoculum potrebbe dividere enormemente i fan e gli ascoltatori.

Come ogni disco della band, serve un ascolto generale per poter dare un giudizio, ogni canzone è strettamente legata alle altre e tutte insieme al disco. L’intro è una presenza conosciuta, primo singolo estratto e brano che dà il nome all’intero album. Il crescendo continuo tra ritmi tribali e vocalizzi perfettamente fusi sulle note impeccabili dei musicisti apre a quello che si potrebbe definire un lavoro pulito e ottimamente curato. Già dalle prime battute si può perfettamente capire quanto il lavoro di mixing e mastering sia maniacale.

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Ogni traccia riesce a donare una notevole attesa verso il brano successivo, portando l’ascoltatore verso la ricerca finale del tanto agognato climax. Terminato l’ascolto dell’ultima nota si ha l’impressione di avere di fronte un prodotto già ascoltato e questo, come già anticipato prima, può portare all’estasi come alla delusione. Fear Inoculum è Tool al 100% e lo si può percepire in tutto, dai suoni alla ricerca sonora, dalle composizioni all’esecuzione. Superate le poche innovazioni presenti si ha l’impressione di essere trasportati di peso nel lontano 2006.

Squadra che vince non si cambia.

L’album è chiaramente pieno di enormi pregi. Abbiamo già citato una produzione ben sopra le righe, una composizione ricercata e un’armonia generale perfetta. Chi si aspettava però una netta evoluzione nei suoni e un nuovo disco che segna un’epoca, resterà profondamente deluso. Molte sezioni sanno di già sentito, come una riproposizione di vecchi brani mescolati in ordine diverso. La cosa che però può deludere maggiormente è la voce di Maynard. Gli inserimenti vocali sono impeccabili e all’interno possiamo trovare anche nuovi effetti, ma il tutto risulta quasi sempre senza mordente.

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Solo nella sezione principale di Descending e in 7empest si può sentire uscire una vera grinta, una voce che esce fuori in modo spontaneo e meno controllato. In tutto il resto del disco sembra che l’apporto di Maynard sia quasi superficiale, come una jam session di riscaldamento. Dopo 13 lunghi anni ci aspettavamo una ricerca più marcata di qualcosa di nuovo, di un’evoluzione stilistica che avrebbe potuto trascinare il genere verso una nuova linfa. L’ultimo lavoro dei Tool, Fear Inoculum, risulta invece un ottimo disco che però non vuole osare di più, restando legato a un passato che può esaltare ma non risaltare.

Dopo poche ore dall’uscita è praticamente impossibile poter trovare riferimenti e pazzie varie nella composizione. Tra qualche mese il fantomatico 7 che fa da perno a tutto il disco potrebbe risultare la base per una complicata formula matematica su cui si è basato tutto il progetto. A impreziosire i vari misteri c’è anche l’edizione deluxe del disco, vera perla che potrebbe nascondere un famigerato collegamento tra disco e video. Infatti il cofanetto ha al suo interno un piccolo schermo lcd su cui appare un filmato targato Alex Grey. Qualsiasi scoperta impreziosirà sicuramente questo nuovo disco ma non cambierà il risultato finale.

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