Venezia 76 – La masterclass di Pedro Almodóvar

Il maestro è stato il protagonista di un'appassionante lezione di cinema.

Pedro Almodóvar
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Dopo aver ricevuto un più che meritato Leone d’Oro, Pedro Almodóvar sale in cattedra per parlare del suo cinema con la stampa e alcuni fortunati appassionati. Alle 15, nel Palazzo del Casinò, con l’aiuto di Piera Detassis, ha ripercorso la sua produzione, snocciolando miti e motivi dietro la costruzione della sua poetica. Quasi la ricerca di un paradigma, o di un possibile manifesto dell’artista, con la complicità dell’attento pubblico, il quale a sua volta ha potuto porre delle domande.

La prima, inevitabile questione riguarda il suo magnifico Dolor y gloria, ultima sua fatica, nutrita di motivi autobiografici e di un amoroso e compassionevole sguardo alla propria storia personale. La moderatrice pone una prima provocazione: Dolore, gloria e desiderio; primi desideri. Almodóvar ha risposto:

Il desiderio è una parola fondamentale nella nostra vita. La fase fondamentale della pellicola è proprio l’origine del desiderio. Nel film lo si vede sia nelle pulsioni del bambino, sia quando il personaggio di Banderas rincontra l’amore perduto a causa della droga. La scena del bacio ci parla quindi di un desiderio che non si è spento in realtà

El primer deseo, motivo cinematografico del film, ma anche un pezzo di storia per Almodóvar.

Alla domanda su quali fossero state le sue prime volte con il cinema, ha raccontato di quando comprò la sua prima Super 8 con il suo stipendio da impiegato, a Madrid nel 1971. Da lì il maestro parla di un progressivo percorso di autoeducazione, di esplorazione di se stesso e delle proprie cause espressive. Ha quindi esortato tutti gli aspiranti cineasti a fare lo stesso:

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È importante scoprire il proprio linguaggio, perché è il momento in cui senti di creare del cinema. Non aspettate il diploma di un’accademia, guardate dentro voi stessi e cercate la vostra storia!

Pedro Almodóvar
Credits La Biennale di Venezia

Ha quindi aggiunto che ormai non serve più comprare la ormai vetusta Super 8, perché basta il telefonino. Dimostra così di apprezzare e ritenere degne le possibilità offerte dalle ultime conquiste del digitale. Il suo incontro col cinema da spettatore avvenne invece quando si trasferì a Caceres. Aveva 10 anni, e lì poté incontrare il grande cinema americano. Il fascino del technicolor ispirò il suo amore per il cinema, ritenendo che ancora oggi quelle tinte, tutt’altro che naturalistiche, sono perfette per i suoi film, e tenta tuttora di riprodurre quei colori così vividi nella sua memoria.

La lectio di Almodóvar è proseguita su alcuni valori pedagogici.

Il regista ha ammesso di sentire una grande responsabilità, come autore, nel donare un’ampia libertà morale ai suoi personaggi. Ricordando Truffaut, ogni regista deve insegnare qualcosa con i suoi film. Il regista ha quindi analizzato gli spunti didattici di alcuni suoi lavori, come in Mujeres al borde de un ataque de nervios o ¿Qué he hecho yo para merecer esto?. Ha infine ricordato il suo battesimo internazionale a Venezia nel 1983 con L’indiscreto fascino del peccato, criticando la censura democristiana dell’epoca:

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Non vivo la mia vita in termini di vittorie e sconfitte, ma quella la considero la mia prima vittoria cinematografica. La pellicola, estremamente anticlericale, rischiò di non passare a causa del braccio lungo della censura di Gian Luigi Rondi. Il clamore però fu tale che il film non poté non essere inserito nel programma.

C’è stato poi uno spazio abbondante per le domande del pubblico.

Questo ha dato modo al cineasta di spaziare su vari argomenti. Dalla dichiarazione d’amore per il neorealismo italiano, che considera l’unico genere sempre attuale, al ruolo della diversità sessuale nel cinema e nella Spagna post-franchista. Non è mancato lo spazio per parlare della sua maturazione e della sua maturità, raggiunta secondo lui con Todo sobre mi madre, Hable con ella e La mala educación.

La domanda però più interessante del pubblico è stata quella riguardante il ruolo dell’arte nella sua filmografia. Ricordando le pareti bianche e spoglie della casa di Julieta, ha ammesso che l’arte è ciò che riempie la nostra vita. Come quella di Banderas nel suo ultimo film, la cui gloria è testimoniata appunto solo dai costosi dipinti che possiede. Gloria allora peritura, che accentua la depressione del protagonista dovuta alla progressiva distanza che sente crescere col cinema. Distanza che ci auguriamo che questo Maestro non metta mai tra lui e la settima arte, della quale oggi ci ha fornito una lezione preziosa.