Mindhunter 2: le storie vere dei serial killer

La seconda stagione di Mindhunter ci ha presentato altri serial killer. Ecco le storie vere di questi folli e crudeli criminali

serial killer
Condividi l'articolo

Il 16 agosto ha esordito su Netflix la seconda stagione di Mindhunter, serie crime ispirata alla carriera dell’agente dell’FBI John E. Douglas, pioniere della moderna criminologia e padre degli studi sulla mente dei serial killer.

Vi abbiamo parlato della splendida riuscita di questo secondo capitolo nella nostra recensione; oggi, invece, vi parleremo delle terrificanti storie vere che hanno ispirato questo piccolo gioiello targato David Fincher.

Protagonisti assoluti di Mindhunter sono i serial killer intervistati dalla task force del reparto scienze comportamentali. Per quanto riguarda gli assassini seriali presenti nella prima stagione ve ne abbiamo parlato già in questo articolo, ora non ci resta che esplorare le terrificanti esistenze dei criminali presenti in questa seconda parte.

Charles Manson

serial killer
Il caso Charles Manson in Mindhunter

Charles Milles Manson nacque in Ohio nel 1934. Tra i criminali più rappresentanti sullo schermo —sarà presente anche in C’era una volta a Hollywood di Tarantino, interpetato sempre da Damon Herriman—  Manson è stato il leader della sua “famiglia”, La Famiglia Manson, appunto. Mediante il controllo sui suoi adepti —giovani di buona famiglia e ottimi studenti dediti alle droghe e con problemi latenti— Manson riuscì a far perpetrare a quest’ultimi alcune delle stragi più scioccanti nella storia degli Stati Uniti, in nome di una guerra razziale denominata Helter Skelter, ispiarandosi a una famosa e fraintesa canzone dei Beatles.

Nonostante non abbia mai ucciso nessuno —Mindhunter metterà in dubbio il ruolo di Charles nelle stragi, virando sul giovane Tex Watson come presunto leader della setta— Manson ha sempre portato avanti una vita all’ombra del crimine. La causa, probabilmente, la ritroviamo in una situazione familiare estremamente difficile: la madre era dedita all’alcool, ai furti e alla prostituzione. L’impossibilità di poter mantenere un bambino da parte della sua famiglia, portò Manson a uno istituto per l’infanzia, in cui si percepirono le prime avvisaglie del suo carattere instabile. A tredici anni fu incarcerato per la prima volta e scontata la pena iniziò una vita di vagabondaggio.

Dedito allo studio della filosofia e dell’esoterismo, Manson ben presto sviluppò un punto di vista totalmente personale su molte questioni che riguardano l’esistenza. Le sue convinzioni passarono infine ai suoi adepti, tramutandoli, o almeno questa è la versione ufficiale, in spietati assassini grazie anche alla frequente somministrazione di droghe pesanti.

Nonostante La Famiglia abbia sempre cercato di addossare le colpe dei propri omicidi alle frange di estrema sinistra del movimento nero (i Black Panthers ad esempio), il gruppo divenne noto dopo gli omicidi Tate-La Bianca, le famose stragi di Cielo Drive e Waverly Drive. A quanto pare, l’obiettivo di Manson era quello di farla pagare ad un noto produttore discografico, reo, a suo parere, di avergli rifiutato un contratto; mentre per l’omicidio LaBianca le motivazioni sembrano condurre ad una scelta “mediatica”, Manson voleva rafforzare il clamore della strage di Cielo Drive.

Senza approfondire troppo la vicenda Manson ( su cui sono stati spesi fiumi d’inchiostro) con il rischio di togliere spazio a nomi meno noti, concluderemo dicendo che Charles fu arrestato e nel 1970 iniziò un lungo processo a suo carico. Nel 1971, tutti i membri della famiglia furono condannati a morte. Nel 1972, però, la California abolì la pena di morte e sia Manson che i suoi adepti videro la propria pena commutata in carcere a vita. Manson morì nel 2017 a causa di una emorraggia intestinale all’età di 83 anni.

LEGGI ANCHE:  Hollywood: le storie vere e i personaggi reali della serie Netflix

Tex Watson

serial killer

Membro centrale della Famiglia Manson, Tex Watson è uno dei criminali più spietati e complessi di questa stagione di Mindhunter. Apparentemente il prototipo del perfetto ragazzo americano, Tex Watson era il braccio destro di Charles Manson e autore materiale, insieme a altri adepti, delle stragi sopra citate.

La sua vita trascorse normalmente fino all’ arrivo a Los Angeles nel 1967. Nato a Dallas nel 1945 in Texas, Watson passò la sua infanzia insieme ai suoi genitori in una piccola città, ove questi ultimi lavoravano in una chiesa metodista. Fin dai primi anni, Tex si distinse a scuola sia come studente che come atleta. Finito il liceo, il giovane texano si iscrisse all’università portando avanti una vita disciplinata e tranquilla. Nei primi anni di college divenne organizzatore di eventi e iniziò a commettere i primi atti delinquenziali.

Dopo tre anni, decise, senza il permesso dei genitori, di abbandonare gli studi e di trasferirsi a Los Angeles. Nella città degli angeli entrò nel mondo hippie. Dedito all’amore libero e al consumo di droghe psichedeliche, Tex abbandonò nuovamente l’università e iniziò a guadagnarsi da vivere spacciando marijuana. Dopo qualche tempo conobbe Dennis Wilson, storico batterista dei Beach Boys, che lo introdusse nella sua cerchia. Proprio durante una visita a casa del famoso musicista, Tex conobbe Charles Manson, assiduo frequentatore della casa con la sua Famiglia dell’amore. L’idillio con Wilson finì presto, poiché il batterista decise di mandare via tutti gli inquilini dopo aver scoperto alcune accuse che additavano quest’ultimi come pedofili e adescatori di bambini. Tex decise di andare con Manson e la sua famiglia.

Per un breve periodo, poi, abbandonò la comune per recarsi a Hollywood con la sua ragazza. Tornò pochi mesi dopo giusto in tempo per pianificare la strage di Cielo Drive. Watson fu al comando quella fatidica sera ed è stato riconosciuto come l’autore materiale dell’omicidio di Sharon Tate, uccisa brutalmente con quindici coltellate. Dopo gli omicidi Tate-LaBianca, Tex tornò a vivere per un paio di mesi con La Famiglia per poi tornare in Texas dai propri genitori con la speranza di vivere una vita tranquilla. La “latitanza” durò poco, due mesi più tardi fu arrestato e portato a processo, la cui conclusione vi è stata riportata qualche rigo più in alto. Attualmente è ancora vivo ed è detenuto nel carcere di San Diego.

David Berkowitz aka “il figlio di Sam” o “L’assassino della calibro 44”

serial killer

David Berkowitz, nato nel 1953, è un serial killer americano che si dichiarò colpevole di ben otto sparatorie a New York nel 1976, utilizzando un revolver Bulldog del calibro .44, caratterisistica che gli “donò” il primo soprannome. Mentre “il figlio di Sam” gli fu dato dal giornalista del New York Daily News Jimmy Breslin.

Berkowitz raccontò di aver avuto un’infanzia terribile —segnata soprattutto dalla decisione di darlo in adozione prima ancora che nascesse— e che fu sempre accompagnato da depressione e pensieri suicidi. Il tutto fu aggravato dalla morte della madre adottiva quando David aveva solo quattordici anni. Pochi anni dopo il padre si risposò e l’avvenimento spinse il giovane ad arruolarsi nel esercito degli Stati Uniti. Nel 1975 iniziò la sua ossessione per l’occultismo e la stregoneria. Testo fondamentale per la completa perdita del senno di David fu La Bibbia Nera di Anton LaVey, fondatore della chiesa di Satana. Le oscure letture sommate ai suoi problemi lo portarono ad uccidere sei persone e a ferirne altre sette nel giro di pochi mesi. Le vittime di Berkowitz erano coppie e giovani studenti. Il Killer le seguiva in macchina, le sceglieva con cura e una volta individuate si avvicinava puntando l’arma alla testa e facendo fuoco.

LEGGI ANCHE:  Dr. Victor Frankenstein: creatore di vita e sofferenza

Al principio, gli attacchi sembrarono frutto di una azione sporadica e sconnessa ma ben presto si convertì in un gioco macabro. Infatti, Berkowtiz fu uno dei serial killer più attivi nel comunicare con la stampa e la polizia, facendo recapitare loro numerose e inquietanti lettere, contribuendo ad accrescere la propria fama. Si definì un seguace di Satana sostenendo che i suoi omicidi fossero un modo per servire il demone che viveva dentro di lui e che gli parlava, spesso, tramite il cane del suo vicino.

Dopo essere stato arrestato, David puntò sull’infermità mentale e sulla presunta possessione. Il castello di carte, però, crollò ben presto e lo stesso killer fu costretto ad ammettere di aver inventato tutto e che i motivi che lo portarono ad uccidere furono di natura sessuale. Infine i medici gli diagnosticarono una schizofrenia paranoica.

Berkowitz fu “incastrato” da numerosi testimoni che identificarono la sua auto in molti luoghi in cui furono consumati i delitti. Confessò tutti i suoi crimini in trenta minuti. Il 12 giugno 1978, “Il figlio di Sam” fu condannato a sei ergastoli. Sopravvisse a una brutale aggressione da parte di altri detenuti e si convertì al cristianesimo. Ad oggi è ancora vivo.

Paul Bateson

Paul Bateson

Paul Bateson nacque nel 1950 e dopo una carriera come radiologo decise di darsi agli omicidi seriali. La mancanza di fonti affidabili sulla sua storia hanno contribuito a creare un aura di mistero attorno alla sua figura. Bateson partecipò, nei panni di un tecnico radiologo, alla celebre opera horror L’Esorcista — in una delle scene più inquietanti del film— e ciò ha alimentato le varie teorie sia sulla sua persona che sul film di William Friedkin.

Paul fu il primo sospettato per una serie di omicidi avvenuti a New York tra il 1977 e il 1978, anno in cui “apparirono” i corpi di sei uomini non identificati, mutilati e smembrati dentro a delle grosse sacche di plastica nere. La polizia dichiarò che i cadaveri appartenevano tutti ad omosessuali e la notizia mise in stato di agitazione l’intera comunità gay della Grande Mela.

La mancanza di prove resero difficile l’indagine fino a quando Bateson non fu arrestato per aver pugnalato il critico cinematografico Addison Verrill. Nel marzo del 1979, il killer confessò l’omicidio e fu condannato a vent’anni di prigione. Durante la prigionia, Paul dichiarò di aver ucciso altri omosessuali sostenendo di averlo fatto solo per divertimento. La presunta confessione portò le autorità a credere che Bateson fosse anche il killer dei “sacchi neri” ma la mancanza di prove evidenti portò ad un nulla di fatto e i casi sono tutt’oggi ancora irrisolti.

Dopo aver scontato ventiquattro anni di prigione, Bateson fu rilasciato nel 1997. Non sappiamo se sia ancora vivo o meno, di certo è che un certificato di morte con il suo nome e la sua data di nascita sono stati ritrovati pochi anni fa. La sua storia ha ispirato il film Cruising di William Friedkin.

Mindhunter 2: le storie vere dei serial killer continua a pagina 2 (tasto in fondo)