Kubrick, la satira e la musica: Dr. Stranamore e dintorni

Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick (1964)
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Prova con un poco di tenerezza.

Try a little tenderness, in inglese. Quando approcci con una ragazza, devi essere tenero, gentile, galante. La devi far sentire a suo agio, non devi essere scortese o violento. Questo vale se sei un uomo. O se sei un KC-135 che deve rifornire di carburante in volo un B-52 Stratofortress. Così Kubrick dà il la al suo settimo lungometraggio, Dr. Strangelove: un capolavoro di satira politica. I titoli di testa del film non potevano che proiettarci all’interno della carica dissacrante, con questa fantastica sequenza iniziale.

Le immagini vengono piegate ad una dimensione erotizzata. Il KC-135 sembra avere un pene che penetra il Boeing che sta rifornendo. Questa allusione però non sarebbe possibile senza la musica. Anche prima della “rivoluzione copernicana” di 2001: Odissea nello spazio, Kubrick era pienamente conscio del potere della dimensione sonora. Infatti è l’aereo a dover usare a little tenderness, come suggerisce il brano di apertura. Un pezzo ricco di sfumature e nuances sensuali, perfetto per un rituale d’accoppiamento, come quello che sta avvenendo tra i due aerei.

Così Kubrick ci introduce alla metafora fallica che permea tutto il film.

Dr. Strangelove, con un Peter Sellers al limite dell’istrionismo, parla proprio di questo. Un generale, convinto di un complotto comunista ai danni dei suoi “fluidi essenziali”, è pronto a scatenare una guerra atomica contro la Russia comunista. Fortunatamente si riesce a riparare al disastro, ma la casualità non permette di stare completamente al sicuro. Un ordigno infatti esplode lo stesso, dando vita alla sequenza finale del film.

E anche qui la carta che gioca Kubrick è quella del grottesco. La potenza delle immagini apocalittiche è rovesciata, ma il senso di inquietudine che trasmettono è amplificato.

We’ll meet again
Don’t know where
Don’t know when
But I know we’ll meet again some sunny day

Ovviamente dopo un’esplosione nucleare non c’è nessun where, nessun when dove incontrarsi. Per questo We’ll meet again è perfetta nel finale di questo film. Se da un lato contribuisce a non appesantire l’atmosfera ironica e a suo modo leggera del film, dall’altro collide con le immagini che musica.

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La capacità di ribaltare i significati attraverso il bizzarro è propria del grande genio di Kubrick.

Così come quella di miscelare i generi. A più riprese infatti Dr.Strangelove interseca il film di guerra, essendo a suo modo un film sulla guerra. Su una guerra che in tutti i modi vuole essere evitata, ma che purtroppo non riesce ad essere gestita. Infatti un velivolo sfuggito ai radar, come già detto, e fa esplodere comunque un ordigno. La sequenza che precede l’avvenimento fatale è accompagnata da una marcetta militare, When Johnny comes marching home. Come se quell’operazione fosse stata davvero ordinata e approvata dall’esercito e dallo Stato Maggiore, l’intromissione nel genere dei film di guerra avviene anche attraverso la musica.

Muovendoci trasversalmente lungo la produzione di Kubrick troviamo diverse pellicole del genere che forse preferiva. Da Paura e desiderio a Full Metal Jacket, passando per Orizzonti di Gloria e, appunto, per Il Dottor Stranamore. Tutti film in cui il regista ha cercato di scandagliare diversi lati della psiche umana, collettiva e del singolo. Capolavori nei quali, in qualche modo, la satira rimane uno strumento perfetto per dipingere l’assurdità del reale.

A cominciare da Full Metal Jacket.

La musica in questo film è principalmente inserita a questo scopo. Come se Kubrick avesse voluto unire, in un azzardato paragone, diversi prodotti del capitalismo americano sotto la stessa egida: la guerra e l’industria musicale. Così l’inquietante ed estraniante Marcetta di Topolino corona questo percorso, chiudendo le cruente sequenze finali del film rovesciandone la potenza, ma sottolineandone l’orrore. Il silenzio o una grave marcia militare o funebre sarebbero stati elementi coerenti. La scelta invece di inserire quella musica amplifica certi aspetti delle immagini, poiché cozzando e rompendo l’equilibrio crea il grottesco, l’assurdo.

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Il grottesco come squilibrio però può avere anche delle accezioni positive. Come accade nel finale di Orizzonti di gloria. Il film è l’inesorabile marcia al patibolo di tre soldati condannati dalla corte marziale. Nella crudezza del destino ineluttabile dei tre non c’è spazio per la bellezza, per la speranza. Solo un piccolo cantuccio le viene riservato nel finale, quando i giochi sono ormai fatti.

Il rivolto emotivo del film viene lasciato tutto a questo commovente finale. I soldati, piuttosto disumanizzati, irridono e fischiano la cantante che sta per andare in scena. Quando lei però inizia ad intonare Der treue Husar scende il silenzio, e ad uno ad uno i militari iniziano a seguirla nella mesta canzone. Un briciolo di umanità sembra brillare di nuovo in loro, visibilmente commossi. Così il finale di Paths of glory contribuisce al valore antimilitarista del film, rappresentando l’unico momento dialettico della guerra, ed in questa disparità tra i due poli risiede l’approccio satirico e l’idea di grottesco che ne nasce.

La dimensione musicale si conferma fondamentale nei film di Kubrick.

Il regista aveva colto ante litteram, ovvero prima della conversione alla musica classica, la potenza del suono. Non solo per i suoi valori puramente sensoriali, come avrebbe esplorato dalla prima pellicola dopo Il Dottor Stranamore. Prima di indagare la sensibilità primitiva, Kubrick ha indagato la sensibilità mediata. Prima di parlare al profondo dell’animo, Kubrick ha parlato alle orecchie e agli occhi, utilizzando la potenza del contrasto e della contraddizione per iniziare la sua personalissima crociata artistica.

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