Musica e film – Ready Player One

Ready Player One
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Ready Player One suona e si racconta.

L’ultimo film di Steven Spielberg è un calderone di citazioni. Di più, è un film che oltre a celebrare la cultura popolare, la rende protagonista. In Oasis, la realtà virtuale in cui si muovono i protagonisti, la citazione e il nozionismo culturale fanno parte dei dialoghi quotidiani.

Non solo, ma anche l’intero film si impernia su un utilizzo narrativo della cultura pop: i protagonisti devono cercare indizi e oggetti segreti basandosi sulle passioni di James Halliday, il creatore di Oasis. E quindi eccoli muoversi da Shining, il film di Stanley Kubrick, fino al videogioco Adventure del 1980. Partendo da questo pretesto, Ready Player One si mostra quindi zeppo di citazioni e riferimenti alla cultura pop anni ’70 e ’80.

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La musica naturalmente, non è da meno.

A cominciare dalla colonna sonora, composta da Alan Silvestri, autore delle musiche anche per un’altra famosa produzione Spilberghiana, Ritorno al futuro (1985). Nelle fasi del film in cui viene citata l’opera di Zemeckis, Silvestri si autocita sottilmente, con un ricorso alla sua stessa musica di trent’anni fa.

Una cosa simile avviene nelle sequenze ambientate “dentro” Shining, che Spielberg ha voluto rendere più simili possibili all’originale (almeno fino a un certo punto). La musica originale del film di Kubrick, composta da Wendy Carlos e Rachel Elkind, viene ripresa pari pari.

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Ci sono poi le canzoni: un coacervo di classici noti e meno noti, sempre tratti dal periodo “mitico” degli anni ’70 e ’80. Già il film si apre con Jump dei Van Halen (1984), che è letteralmente la prima cosa che ci viene fatta sentire, prima ancora delle immagini. Abbiamo poi Blue Monday dei New Order (1983), One Way or Another dei Blondie (1978), I Wanna Be Your Lover di Prince (1979).

Anche le canzoni, come il resto della cultura pop nel film, assumono un ruolo narrativo.

La “citazione digitale” de La febbre del sabato sera (John Badham, 1977) non può che avvenire sulle note del super-classico Stayin’ Alive dei Bee Gees (1977), la canzone che più di ogni altra simboleggia la disco music.

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Oppure, un altro classico, Everybody Wants to Rule the World dei Tears for Fears (1985), accompagna il racconto dell’invenzione di Oasis e della scalata al successo di James Halliday. E ancora, la ribellione di tutti i videogiocatori contro i “cattivi” e l’inizio della grande battaglia finale vengono commentati dall’inno glam metal We’re Not Gonna Take It dei Twisted Sister (1984).

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Un esempio di come la cultura “bassa” (la canzone dei Twisted Sister non è certo di un eccelso livello qualitativo), con gli anni, divenga cultura “alta”, citata e ripresa in contesti differenti.

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Ci sono anche poi Bruce Springsteen, Earth Wind & Fire, Hall & Oates, The Temptations. Insomma, tutto quel che serve per ben caratterizzare un universo nel quale la cultura moderna e il culto del passato coincidono.

E non è un caso che Spielberg abbia scelto proprio questa epoca, la stessa della sua propria scalata all’olimpo dei registi di cinema. Gli anni ’70 e ’80, in musica, sono stati un periodo pieno di alti e bassi, che vengono però qui riportati tutti allo stesso livello. Oasis (che sarebbe poi nient’altro che Internet) è il luogo in cui le tradizioni musicali vengono recuperate per assumere nuovi significati.

Nasce una nuova cultura a sè stante, fatta di pezzi del passato, e la musica ne è il collante.