10 film che ti faranno cadere in profondo stato di tristezza e depressione

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5) Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli (1977)

film depressioneQuando suo figlio viene ucciso da un giovane ladro di banche, Giovanni Vivaldi decide di farsi giustizia da solo. Un film che è l’emblema del difficile periodo storico italiano in cui è ambientato, analizzato da un punto di vista sociale, giudiziario, storico, economico, religioso e chi più ne ha più ne metta. Monicelli non risparmia nessuno e condanna tutti, soprattutto il suo protagonista (un Sordi monumentale). Da metà film in avanti i toni da commedia vengono definitivamente abbandonati, lasciando spazio ad un dramma che culmina nella tragedia più nera e nel grottesco più amaro.

Non c’è davvero più nulla da ridere: la commedia all’italiana è morta, così come la possibilità di rappresentarne i propri mostri se non condannandoli.

Forse uno dei più duri tra i nostri film legati alla depressione. Emotivamente devastante.

4) Dancer in the dark di Lars Von Trier (2002)

dancer in the dark 1Selma è un’operaia con la passione per i musical. A causa di una malattia degenerativa sta gradualmente diventando cieca e sa che anche a suo figlio, un giorno, toccherà lo stesso destino. L’unica soluzione per evitargli tale dannosa tara ereditaria è guadagnare abbastanza soldi per pagargli un’operazione chirurgica preventiva. E infatti Selma ad altro non pensa se non a mettere da parte, a tal scopo, i frutti del suo faticoso lavoro in una scatola nascosta nella credenza. Le troppe confidenze riposte al vicino porteranno però a tragiche conseguenze.

Avremmo potuto selezionare altri film di Von Trier, autore intrinsecamente legato alla depressione e allo sconforto, alla sfiducia nell’essere umano e nelle sue comunità (basta pensare a titoli come Melancholia, Dogville o Le onde del destino). Ma forse nessuna delle sue opere riesce, come questa, a gettare lo spettatore nella più profonda e irrimediabile tristezza verso le sorti di un’eroina (una straordinaria Bjork) vittima della propria bontà e della cattiveria altrui.
Una tragedia greca che trova, negli intermezzi musicali frutto della fantasia della protagonista, un espediente contrappuntistico tanto geniale quanto struggente.

3) Un anno con 13 lune di Rainer Werner Fassbinder (1978)

anno13“Ogni 7 anni c’è l’anno della luna: uomini la cui esistenza è determinata in gran parte dai sentimenti in questi anni della luna soffrono in modo particolare di depressione. La stessa cosa avviene in modo meno rilevante anche negli anni con 13 noviluni. E se un anno della luna è anche un anno con 13 noviluni, si verificano spesso ineluttabili catastrofi personali. Nel ventesimo secolo sono sei gli anni dominati da questa pericolosa congiuntura astrale; uno di questi è l’anno 1978. Prima c’erano stati gli anni 1908, 1929, 1943 e 1957. Dopo il 1978, sarà l’anno 1992 a mettere, ancora una volta, in pericolo l’esistenza di molti uomini.”

Questo l’incipit, eloquente, del film di Fassbinder che evidentemente più si presta al nostro discorso. Il film con la sua solitudine e la sua irrimediabile depressione, raggiunge picchi di insuperato lirismo tragico.

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Basterebbe anche solo descrivere la scena iniziale: un uomo in cerca di sesso aggancia in un parco chi è disposto a concederglielo, un gigolò ben vestito; i due cominciano ad amoreggiare, finchè l’uomo non si accorge che la persona che sta baciando e palpando non è del suo stesso sesso, o meglio, (come scopriremo nel proseguo della pellicola) non lo è più; accecato dalla rabbia, chiama a gran voce i suoi compari ed insieme cominciano a spogliarlo e picchiarlo, buttando i suoi vestiti nel fiume.

La sequenza è accompagnata dai titoli di testa e dall’adagietto dalla quinta sinfonia di Mahler e racchiude già in sé l’essenza del film: una ricerca d’amore disperata e umiliante, inadeguata alle aspettative degli altri, destinata a generare incomprensione e rigetto e a non poter portare ad altro che alla più tragica delle soluzioni. Un’immagine, quella del bestiale accanimento su un soggetto inerme, vista tante volte nella filmografia fassbinderiana (si pensa al beffardo finale de Il diritto del più forte o, emblematicamente, al primo corto del regista, Il vagabondo).

Difficile dire se questa sia effettivamente l’opera più pessimista del geniale autore bavarese, certo è che fosse una delle più sentite, girata in 25 giorni a seguito della morte, nell’estate del ’78, del compagno Armin Meier.

P.s. Ci sembra doveroso, dovendo uscire questo articolo all’indomani della morte del grande Jerry Lewis, onorare la sua memoria riportando in calce alla pagina la diretta citazione che proprio questo film di Fassbinder opera nei confronti di una celebre scena de Il nipote picchiatello, uno dei maggiori successi del geniale comico americano.

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2) Germania anno zero di Roberto Rossellini (1948)

film depressioneNon poteva mancare in questa classifica un film della stagione neorealista.  E forse, andando a pescare in quell’importante filone del nostro cinema, nessun film come questo era più adatto allo scopo.

Condizionato dalla recente morte del figlio e dalla volontà di portare il pubblico italiano ad empatizzare con le sorti che colpirono nel secondo dopoguerra anche i civili tedeschi, Rossellini ambienta il terzo capitolo della sua ideale trilogia sulla guerra (dopo Roma città aperta e Paisà) nelle macerie della Berlino post-bellica, dove il piccolo Edmund si barcamena per aiutare la propria famiglia a sostentarsi. Traviato da un cattivo incontro ed esasperato dalle sempre più gravi ristrettezze economiche, maturerà una tremenda idea risolutrice.

Nerissimo e pessimista, il film di Rossellini non offre alcuna speranza, se non quella che gli spettatori capiscano un concetto, ora come allora, di fondamentale importanza: la sofferenza è un sentimento universale.

1) Titicut follies di Frederick Wiseman (1967)

film depressione

E’ il 1967 quando un documentarista esordiente di nome Frederick Wiseman decide di entrare, con la propria macchina da presa, in un manicomio del Massachussets per filmare le inumane condizioni di vita in cui vertono i pazienti. Ciò che ne viene fuori è uno straordinario e potentissimo documento di denuncia, un coraggioso grido di protesta contro l’ottusità e la bestialità imperante nella gestione di queste strutture statali.

Impossibile rimanere indifferenti di fronte alla potenza lancinante di alcune sequenze, magistralmente montate da Wiseman stesso; momenti che spesso travalicano il confine della sopportazione, mettendo a dura prova anche lo spettatore emotivamente più solido.
Vittima di numerose traversie censorie, la pellicola fu bandita dagli USA e ne fu vietata la proiezione in pubblico fino al 1991.
La tristezza e la depressione nel film, sono i sentimenti tangibili delle persone (non personaggi) che si trovano sullo schermo.

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