Star Trek: Lower Decks – Recensione della Seconda Stagione

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La seconda stagione di Star Trek: Lower Decks segue la stessa formula vincente della prima e conquista i fan

Star Trek: Lower Decks continua ad aggiudicarsi (per ora) il premio come miglior serie di Star Trek tra quelle contemporanee ed attualmente in produzione. L’intuizione la conosciamo: una serie animata chiaramente ispirata a Rick & Morty, con qualche tabù da infrangere, momenti provocatori e volutamente imbarazzanti, ma anche avventure divertenti e tante, tante citazioni.

La serie è ambientata a bordo della nave U.S.S. Cerritos e segue le vicende di quattro sottufficiali addetti alle mansioni più umili. Sono Becky Mariner (Tawny Newsome), Brad Boimler (Jack Quaid, il Hughie di The Boys), D’Vana Tendi (Noël Wells, una orioniana) e Sam Rutherford (Eugene Cordero, un cyborg).

A fianco a loro compare tutta una costellazione di personaggi variamente caratterizzati in modo da prendere in giro e ridicolizzare i più tradizionali cliché legati al franchise. Personaggi “alla Kirk, “alla Janeway”, e così via. Non mancano gli stereotipi, smentiti o volutamente esagerati, su tutte le popolazioni appartenenti o correlate alla Federazione: Klingon, Ferengi, Vulcaniani.

Il citazionismo a 360 gradi, che coinvolge principalmente memorie della serie classica e del periodo Berman (da TNG ad ENT) costituisce quindi il pilastro essenziale di Lower Decks, almeno per chi la segue conoscendo tutto l’universo di Star Trek. E naturalmente sempre per questo motivo lo spazio non manca per qualche comparsata eccellente, come quelle di William Riker e Tom Paris.

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Il fatto che la serie sia ambientata nel 2380, successivamente ma non troppo rispetto alla maggior parte delle altre serie finora prodotte, consente di lanciare continue frecciate a famosi episodi e personaggi, creando motivi comici ma anche sfidando il fan medio alla “caccia all’indizio”.

Una serie dalle grandi possibilità, forse ancora tutte da sfruttare

Caccia che non è, del resto, poi troppo difficile da condursi. Per esempio compare un tamariano, specie introdotta in TNG, che si esprime continuamente con frasi criptiche; oppure, abbiamo un’apparizione speciale di Armus, il mostro mutaforma responsabile della morte di Tasha Iar, sempre in TNG. Per il conoscitore medio di Star Trek, questi sono riferimenti elementari da cogliere.

Ma, per fortuna, Lower Decks va ben oltre l’autoreferenzialità. Il pregio di una serie come questa, con produttori e autori giovani e dalla mente fresca, sta proprio nel poter essere goduta anche da chi, di Star Trek, sa poco o nulla. Se infatti molte battute possono essere apprezzate appieno solo dai veri “trekkies”, è vero che le trame e gli svolgimenti toccano temi universali ed indipendenti.

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In questo senso anche la seconda stagione di Lower Decks, come la prima, si rivela trascinante e, se pur tranquillamente collocabile in un suo spazio nel franchise, riuscita indipendentemente da esso. Un po’ uno spin-off, un po’ un divertissement; sicuramente, quel tipo di visione comica e “rilassata” che a Star Trek sicuramente mancava.

E però, per molti versi, è anche questa la componente che un po’ penalizza il risultato finale. Sarebbe a dire che se Lower Decks osasse prendersi un po’ più sul serio e lasciare in secondo piano i momenti comici per soffermarsi su trame più sviluppate, se ne potrebbero ricavare grandi cose.

Sarebbe bello, insomma, vedere una evoluzione alla BoJack Horseman, ma al momento il produttore Alex Kurtzman (responsabile dell’intero franchise) non pare pronto a fare questa mossa. Certo l’uscita delle nuove stagioni di Picard e Discovery, così come il lancio di Prodigy e Strange New World, alzerà il tiro di parecchio. Speriamo che Lower Decks non abbia, in questo senso, detto già tutto quel che aveva da dire.