Franco Battiato – La Voce Del Padrone, quarant’anni di un album epocale

Spiagge dissolte nella danza sfrenata, disimpegnata, mistica. Auguri al maestro e alla rivoluzione con la maglia.

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“Pop” lo direte a qualcun altro. Per ora ascoltate il padrone, che non è Battiato

Non si capisce cosa vada cercando certa musica italiana negli anni Ottanta retrofuturistici. La macchietta con i sintetizzatori e le Adidas vintage è un assiduo frequentatore dei festival della penisola, anche si tiene un po’ più lontano dai palchi rispetto a qualche anno fa, quando l’esplosione di Calcutta aveva fatto crescere del 500% il fatturato dei negozi vintage. Erano diventati, nei fatti, i principali distributori di cultura “musicale” in Italia. La situazione non è troppo diversa, nella grande ottica della megadiffusione, ben poco virtuosa per natura.
L’obiezione, anche legittima, è che sia troppo facile sbeffeggiare la musica contemporanea se si sta parlando di Franco Battiato e de La Voce Del Padrone, che compie quarant’anni questo 21 settembre. Nonostante sia stato il primo LP italiano a vendere più di un milione di copie.

“Erano altri tempi”? Sulla fredda cronologia siamo tutti d’accordo. Nessuno che pretenda di sputare sulla nostra musica dopo aver ascoltato soltanto le classifiche, anche se risulta il modo più veloce per farsi muovere allo schifo nei confronti dei tempi presenti.
E provare nostalgia per quel profilo asciutto e noncurante sedutosi sul nulla, in ostentazione ascetica bianca e nera dentro la cornice azzurra di una tranquillità che esisteva solo nell’oscillazione tra il successo commerciale (quale sarà quel disco) e l’incomprensione.

Quando si arriva a parlare di Battiato e di quanto si balli bene su almeno quattro dei sette brani de La Voce Del Padrone, la testa sbatte comunque contro i testi. Non si capisce niente, quindi non ci accorgiamo di come vola bassa la sua mente? Noi che ormai facciamo finta di portarci dentro quel disco e quella musica, i caratteri genetici dominanti del DNA italomusicale, sarà ora che ci rimettiamo a riascoltare all’infinito trentuno minuti usciti nel 1981?

Un lavoro pop di nostalgia e metafisica, un altro-classico


Per la definizione corrente, per quel che si dice, del “classico” come qualcosa che non smette di parlarci, La Voce Del Padrone non sarebbe da considerare nella categoria. Se vogliamo continuare a raccontarci che gli italiani sono brava gente, ci diciamo che gli abbiamo lasciato l’onere di rompere i rapporti con gli anni Settanta e le nebbie progressive finite troppo presto, e questo gli vale già come merito. Al decadimento della canzone d’autore politica non poteva sostituirsi una fase di audacia dell’arte per l’arte.
Invece l’audace degli audaci dell’arte per l’arte, perentorio come sempre, ha detto che il “classico” è quello che si dà una volta per sempre. Non è detto che “parli”, presupponendo che qualcuno ascolti.

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Nel giugno del 1981, quando è andato a registrare negli studi milanesi di Alberto Radius, Battiato non aveva affatto voglia di smettere con le sue fissazioni intellettuali e la tensione al metafisico. Summer On A Solitary Beach sarebbe potuta essere una fotografia della provinciotta con il mito italiano della spiaggetta imboscata; la distesa di sabbia, facendosi irreale, si disfa e si allontana. Battiato si fa trasportare al largo, in odore di santità, lasciando il brano a languire sulla spiaggia nella sua eco alla fine dell’ultimo ritornello. E quella spiaggia si è data nell’orchestra del maestro Giusto Pio ammiccante, nostalgica, incorporea come il ricordo che ne abbiamo alla fine dell’estate. “Passammo l’estate”, non “passeremo”.

Il video ufficiale di Bandiera Bianca. (Credits: YouTube / FrancoBattiatoVEVO)

Strane inibizioni e splendori musicali ad alleggerire la colonna della musica italiana

Bandiera Bianca, il capolavoro irriverente, stretto in un consapevole inibizione dell’estro musicale, anche se a fargli da contraltare c’è l’altisonante Gli Uccelli. Siamo solo al terzo brano, pure si ha già la sensazione che La Voce Del Padrone sia una colonna di marmo, chiaramente scolpita in blocco unico. I lavori di basso e batteria organici sono la sostanza marmorea; e ovviamente il centro di gravità della sensazione di “ballabilità”. Consideriamo tutto quello che c’è in una canzone di Battiato scolpito insieme alla colonna, ma sopra la sua struttura.

Si diceva, Bandiera Bianca ispirata con ostentato distacco ad una poesia su Venezia del 1894; anche se un telo bianco è, in effetti, il modo più adatto per attestare la morte degli anni Settanta. Non si risparmia gli attacchi, granitici quanto quelli di Up Patriots To Arms (dal disco Patriots, 1980) e protetti dall’elegante lontananza dai beni di questa Terra, che si è tradotta nella resa della bandiera bianca. Ostentato distacco nelle citazioni a The End dei Doors e a Minima Moralia di Theodor W. Adorno (“immoralia”); se è finita l’era di un impegno – che per Battiato non era mai cominciato – la metafisica non resta a guardare; Bandiera Bianca è un fallo di reazione.
Le eleganze corinzie del capitello posto a metà colonna, Gli Uccelli, raffinano il lavoro d’orchestra sull’eterea contemplazione del volo degli uccelli, in obbedienza alle leggi di questo universo; incantevole dimostrazione della forza di un brano slegato dall’obbligo narrativo.

Del Padrone 1
Franco Battiato dal vivo. (Credits: newsicilia.it)

Centri di gravità permanenti nella mistica, finiti nelle orecchie di tutta Italia nell’estate 1982

Quanto a fondo ha dovuto scavare Battiato per trovare questo titolo? Risulta essere il nome di un romanzo di Stanisław Lem, di una casa discografica e soprattutto di un elemento cardine nella filosofia del mistico armeno Georges Ivanovič Gurdjieff: il cocchiere, cioè la mente dell’uomo, deve ascoltare la voce del Padrone ed eseguire le istruzioni, imparando a guidare il cavallo, ossia le emozioni dell’uomo, e la carrozza, ossia il corpo.

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Nella sezione lasciata a Cuccurucuccù la colonna si fa rudentata: un amore giovane cantato con la spigliatezza che ha il controcanto nell’erotica Sentimiento Nuevo, implacabilmente erudita. Fa paura la capacità melodica di Battiato, che rende perfetta per un’estate (sulle spiagge irreali) la canzone dedicata a Paloma. Anche nella raffinatezza di Sentimiento Nuevo viene fuori il gancio da mani agitate al vento: “Ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo”, l’eros che si fa parole.

Parlavamo però di Gurdjieff. Segnali Di Vita e Centro Di Gravità Permanente sono il bassorilievo metafisico che corre intorno alla colonna, il tributo evidente di Battiato alla mistica orientale. Due momenti di un’unica composizione, divisi nella nebbiosa descrizione della propria persona in relazione alla vita che c’è intorno (Segnali Di Vita) e irriverenza di accostamenti alla ricerca di un equilibrio.

La Quarta Via di Gurdjieff porta al bilanciamento del corporeo, del mentale e dell’emozionale; il raggiungimento del centro di gravità permanente di cui Battiato afferma sornione di aver bisogno, affondando l’ultimo colpo all’impegno di cui prima si è detto. Nei fatti, il suo disco non fa che disintegrare i restanti, possibili centri di gravità permanenti, svelandoli nella loro natura di illusioni. Prima fra tutte, il fatto che non si può ballare mentre si cerca di ascoltare la voce del Padrone.

Il successo inaspettato e inaspettabile

Nellestate 1982 non esisteva italiano dotato di udito che non avesse ascoltato La Voce Del Padrone (soltanto il disco, niente Gurdjieff). Battiato era riuscito a sopravvivere all’inverno 1981 con il suo disco più estivo. Dietro, comunque, al disco mistico in cui Mister Tamburino viene invitato a rimettersi la maglia c’è un’idea musicale, pure contemplativa, che le melodie rendono metafisica in terra.
Il grandissimo lavoro del maestro Giusto Pio, storico collaboratore di Battiato e direttore d’orchestra, rende organici tra di loro archi, sintetizzatori e organi, struttura del pop rivoluzionario. Il cantautore siciliano gioca con la new wave, le sue dilatazioni e le sue secchezze, mentre una voce in lontananza parla. Hanno ammazzato il pop, il pop è vivo!

Franco Battiato – La Voce Del Padrone / Anno di pubblicazione: 1981 / Genere: Pop