Werner Herzog: 10 grandi film che hanno consacrato il mito

Werner Herzog è tra i pochi registi viventi che si può definire un autore totale, in quanto avente una visione del mondo e del cinema insieme.

Werner herzog
Credits: Wikipedia, Raffi Asdourian from New York, United States
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In occasione del compleanno del grande autore Werner Herzog (5 settembre 1942) abbiamo voluto omaggiare il regista tedesco tramite una piccola classifica delle sue opere migliori, tra film e documentari. Herzog è uno tra i pochi registi viventi che si può definire un autore totale, in quanto possessore di uno stile personale e avente una visione del mondo e del cinema insieme.

Oltre questo, il cineasta autodidatta è noto per non aver mai delegato ad altri la scelta o il controllo delle sue idee e del suo lavoro: si procura da solo i mezzi di produzione, si circonda e si avvale di collaboratori con i quali ha condiviso esperienze di vita, a volte segnanti, affrontando in prima persona tutti i problemi materiali (logistici, organizzativi, ambientali) che si palesano durante la realizzazione delle sue opere. Il tutto mosso da una sola fortissima esigenza: il desiderio e la volontà di vedere e comunicare. In sostanza, di fare cinema.

La filmografia di Werner Herzog trabocca di figure umane che, spinte dal loro folle eroismo, trovano il coraggio di sfidare ciò che per natura rimane invincibile, oltrepassando quella soglia oltre la quale c’è solo solitudine, morte o pazzia. 

In questa Top troverete quelli che consideriamo i titoli che meglio rappresentano la sua personale poetica cinematografica e documentaristica:

Werner Herzog: i grandi documentari

Paese del silenzio e dell’oscurità (Land des Schweigens und der Dunkelheit, 1971)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Paese del silenzio e dell’oscurità

Grandioso documentario capace di addentrarsi con profondità e in punta di piedi nel mondo oscuro e silenzioso dei sordociechi, e nella lotta quotidiana della dolcissima Fini Straubinger divenuta sordo-cieca a seguito di un grave trauma infantile, la quale si impegna con determinazione ad alleviare la solitudine dei suoi compagni di destino. Sarà lei ad accompagnare il regista tedesco nel paese del silenzio e dell’oscurità, in una serie di visite a persone e istituzioni dove quest’ultima riesce sempre a trasmettere affetto e calore, comunicando tramite un alfabeto tattile.

Un mondo ed una realtà sconosciuti, situati a una distanza abissale da noi. L’attenzione di Herzog per gli emarginati, siano essi individui o, nella produzione posteriore, intere civiltà, emerge già in questo bellissimo documentario. L’estrema sensibilità del regista tedesco ci fa intuire l’abisso di solitudine e oscurità di questi disabili, oltre allo sforzo immane, da parte della protagonista, di istituire un sottile filo di comunicazione e pietà con essi.

Grizzly Man (2005)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Grizzly Man

Altro bellissimo documentario che ci racconta in cento minuti la tragica vicenda dell’ecologista-amante degli animali Timothy Treadwell. Quest’ultimo è un uomo che non riuscendo ad integrarsi nella società decide di dare un senso alla propria esistenza dedicando la sua vita ai grizzly, vivendo con loro per 13 estati in una riserva naturale del Katmai National Park, nel nord dell’Alaska, studiandoli, filmandoli, “proteggendoli” e infine auto dichiarandosi loro salvatore. La sua esperienza si concluderà tragicamente al tredicesimo viaggio, ucciso e divorato, con la fidanzata, da uno di quegli orsi che voleva proteggere.

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Timothy Treadwell, il protagonista titanico di questo documentario, se pur mosso da buone intenzioni, andrà incontro alla sua tragica fine a causa di una natura definita dal regista stesso indifferente e spietata. Il merito della bellezza delle immagini è tutto di Treadwell che con oltre 100 ore di filmati che il regista tedesco integra con interviste a parenti, amici o semplici conoscenti, riuscendo a creare qualcosa di unico, catturando momenti emozionanti e memorabili che si trasformano in grande cinema (tra feroci combattimenti tra orsi, e volpi curiose che si aggirano per l’accampamento), montati poi sapientemente da Herzog che si mantiene a distanza dal giudicare il personaggio controverso di Treadwell: né facendone un eroe né nascondendoci alcuni aspetti oscuri e discutibili della sua vita e facendone emergere la personalità ingenua e schizoide, immerso in un favoloso e selvaggio scenario.

Apocalisse nel deserto (Lektionen in Finsternis, 1992)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Apocalisse nel deserto 

Nell’estate del 1991 Herzog vola nel Kuwait, l’unico a filmare i pozzi petroliferi in fiamme nel deserto dopo la guerra del Golfo. Senza citare mai né date né luoghi il regista suddivide il film in 13 brevi capitoli per far percepire la distruzione ambientale, i traumi alla popolazione e farne un “inno” alla follia umana.

Immagini quasi senza commenti, con l’uso di musiche da requiem, nonchè delle melodie trionfali del Crepuscolo degli dei, l’oro del Reno e del Parsifal di Wagner mentre il sole sparisce dietro cumuli neri e i tecnici cercano di spegnere fiamme infernali. Il film sin dal titolo rispecchia l’interno di Herzog di creare un poema mitologico, elaborando in maniera astratta il disastro ecologico nel Kuwait. Il fatto di cronaca, noto, serve al regista unicamente per costruire il suo requiem visivo, composto dai colori offerti dalla devastazione della natura e costruito sul ritmo di partiture musicali che ne amplificano il senso tragico, rendendo venerabili e bellissimi i panorami più degradati, le macerie e le nubi tossiche. Terribile e indimenticabile.

Kinski, il mio nemico più caro (Mein liebster Feind – Klaus Kinski, 1999)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Kinski, il mio nemico più caro

Nel 1991 sopraggiunge improvvisa la morte del grande attore Klaus Kinski. Finisce così per Herzog un legame umano e artistico, alternato costantemente da sentimenti opposti: amore e odio, stima e disprezzo, riconoscenza e beffe. Un sodalizio tra il regista e l’attore che portò alla creazione di quattro film fondamentali per entrambi: Aguirre, furore di Dio (1972), Nosferatu, il principe della notte (1979), Woyzeck (1979) e infine Fitzcarraldo (1982). Herzog impiegherà ben otto anni per metabolizzare la perdita di Kinski, andando a creare successivamente il film Kinski, il mio nemico più caro. Non un documentario sull’attore deceduto, ma sulla storia di un rapporto tra due uomini, in cui il regista tedesco ci mostra la sua personale visione del suo grande amico/nemico.

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L’intero film è giocato sulla duplice e aggrovigliata percezione dell’altro. Kinski viene così immortalato nei suoi eccessi di rabbia causati dal suo ego sconfinato, così come in più rari momenti di serenità e dolcezza. L’ossessione dell’uno è l’ossessione dell’altro, la megalomania del primo è un riflesso del secondo. Herzog conferisce così al film un tono poetico, nostalgico, quasi a voler enfatizzare l’aura mistica che aleggiava sul loro tormentato rapporto, rivelando i making-of inframezzati da gustosi aneddoti e interessanti testimonianze di Eva Mattes e Claudia Cardinale.

Into the Abyss (2011)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Into the Abyss

Herzog in questo emozionante e drammatico documentario ricostruisce, attraverso interviste ai protagonisti coinvolti a vario titolo nella vicenda, la pesante storia e gli omicidi che hanno portato all’esecuzione capitale del giovane Michael Perry (giustiziato 8 giorni dopo l’intervista). Il regista tedesco con la lucidità etica che da sempre è la sua cifra stilistica, conversa con Perry e con Jason Burkett nelle carceri di Livingston e di Huntsville nel Texas, uno dei sedici stati degli Usa, sui trentaquattro, in cui si applica ancora effettivamente la pena capitale.

Herzog gira un documentario capolavoro non contro la pena di morte, ma per quel barlume di vita che cova sotto la cenere di ogni mostruosità. Non un film di impegno politico/sociale ma un racconto di storie, senza nessuna critica, ma anzi con l’intento di riflettere sulla casualità della vita. Come la storia del boia pentito, Fred Allen, caduto in crisi alla centoventicinquesima esecuzione, innanzi alla prima donna condannata a morte.

L’obiettivo del regista tedesco non è la verità dei fatti, quanto la ricerca di altra natura che si nasconde dietro i comportamenti di uomini e donne destinati alla pena di morte. Difatti, oltre a incontrare i detenuti e le persone che vivono o hanno vissuto loro attorno, utilizza video delle scene dei diversi crimini riprese della polizia, servizi televisivi, fotografie e quant’altro con cui approfondire gli aspetti più interessanti. La maggior parte di questi, ispirati dal momento. Chi siamo? come ci comportiamo da esseri umani? Documentario spaventoso e diretto, commovente senza pietismi, bruciante di angosciante umanità.