Tedua e la promessa di Vita Vera – Mixtape [RECENSIONE]

Tedua
Fonte: Facebook / Tedua (account ufficiale)
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La nuova trilogia del cucciolo d’uomo ormai cresciuto.

Là dove c’era l’erba ora c’è una città, non ci sono più le mezze stagioni e una volta gli album duravano di più, signora mia. Ora questi ragazzini rilasciano solo singoli… Ma dove andremo a finire…
La piega che ha preso il mercato musicale ci può andare bene, fino a che continuano ad uscire brani e album degni di nota. Non leggendari, non immortali: ci vorrà tempo per capire quali dovranno essere i prossimi punti di riferimento, senza più eroi. Abbiamo bisogno di brani e di dischi semplicemente veri, fallibili e Mortali (e non è un caso) da lasciare indietro soltanto dopo averli ascoltati, e riascoltati, e sentiti davvero. Il panorama rap italiano ha fatto pace prima delle altre scene musicali con un mondo in cui l’opera musicale può contare moltissimo, per pochissimo tempo.

E Tedua invece cosa ci combina? Per annunciare il suo nuovo album, fa uscire Vita Vera Mixtape. 22 brani in totale, divisi in due parti. Ad una settimana di distanza (la prima è uscita il 5 giugno, la seconda il 12). Per la seconda volta in carriera: il suo esordio esplosivo Orange County California (2017) era stato anticipato dai mixtape Aspettando Orange County (2015) e Orange County Mixtape (2016).
Nessun rapper si sognerebbe di rilasciare così tanti pezzi, tutti insieme. E infatti Tedua ha già superato la categoria del genere (musicale) per avvicinarsi a quella di artista, non superiore ma più completa: a supportare il mixtape c’è un documentary di cinque minuti, con il voice over poderoso di Luca Ward che racconta la Vita Vera di Mario cioè Tedua. Semplicemente la verità.

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Fonte: YouTube / Tedua Tedua (Canale ufficiale dell’artista).

A che cosa serve un mixtape? A raccontare la verità?

Tedua è tornato dopo due anni da Mowgli, un disco che ha saputo farsi pesare con le giuste misure. “Ho sempre scritto per sfogo e psicanalisi” dichiara l’artista nel suo 2020 Freestyle, in cui ha annunciato per la prima volta l’uscita di un nuovo disco; il suo approccio legato al mondo del drill tradisce, sin dagli esordi, un legame più ideale che ritmico tra i testi e le strumentali. Incastrare parole e note è la sfida di ogni pezzo, per non sprecare né la penna originale di Mario-Tedua né le produzioni del fedele Chris Nolan, e di qualche altro grande nome (Sick Luke, Charlie Charles, AVA); ma per il ragazzo di Cogo prendersi a pugni con il beat e con quello che scrive non è mai stato un problema. Anzi, di solito a prendere pugni poi sono gli ascoltatori. In due anni, Tedua quanti brani può prendere a pugni senza spaccarsi il naso? Forse quindici, un disco intero, ma non i ventidue del mixtape.

Nonostante la quantità di materiale, paradossalmente c’è poco da dire. Tanti pensieri sparsi e dilatati per coprire un’ora e sei minuti, due portate di antipasto che rendono insostenibile l’attesa del piatto principale. Tedua si lascia andare ad una valanga di generalità nelle quali è difficile distinguere il Mario vero del documentary, perdendosi in una ricerca lessicale forzata che toglie ogni dubbio: non sono pezzi poco rifiniti, sono pezzi poco ispirati. Diagnosi: bulimia compositiva.
La quantità e qualità di ospiti si fa sentire poco, e sembra svolgere il proprio compito senza troppo sforzo. Spicca Dargen D’Amico con la sua scrittura magnifica in Pour Toujours; Massimo Pericolo diritto e deciso ma penalizzato dal beat in La Story Infinita, e soprattutto Paky sporco e cattivo in Rari. Ernia in Bro II non sfigura, ma si esprime sottotono. Gli altri ospiti sono soltanto nomi da scrivere dopo il “feat.” nel titolo dei brani.

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In attesa dell’Album Promesso di Tedua.

I beat che avevano accompagnato i viaggi intricati di Tedua potrebbero non esserci, e non se ne sentirebbe la mancanza: sarebbe potuto essere un album a cappella. Ancora meno da dire, rispetto ai testi, riguardo al lavoro dei producer, semplicemente vuoto. Diagnosi: anoressia musicale. I producer si rifiutano di dare carattere alle strumentali, che non accarezzano né tirano pugni, semplicemente esistono. I due tentativi di far sentire il lo-fi hip hop in Italia, con Lo-Fi Wuhan e Lo-Fi Tu, entrambe prod. SHUNE, sono due piccole occasioni d’oro accartocciate e buttate via dai testi.

I ventidue brani di Vita Vera Mixtape sono fallibili, mortali e forse anche veri, ma non si fanno ascoltare e neanche riascoltare. C’è un particolare in più, in realtà: il sottotitolo del mixtape è “Aspettando la Divina Commedia”. Facile dedurre che il titolo dell’album sia proprio quello del capolavoro della letteratura italiana (non sarebbe la prima volta nel rap), e immaginare in quale viaggio possano guidarci i pezzi. Meno “veri” della Vita Vera, se il prezzo della verità è suonare così generica da poter essere falsa.

Tedua – Vita Vera Mixtape (aspettando la Divina Commedia) / Anno di pubblicazione: 2020 / Genere: rap, hip hop

Continuate a seguire La scimmia sente, la scimmia fa.