La nuova trilogia del cucciolo d’uomo ormai cresciuto.
Là dove c’era l’erba ora c’è una città , non ci sono più le mezze stagioni e una volta gli album duravano di più, signora mia. Ora questi ragazzini rilasciano solo singoli… Ma dove andremo a finire… La piega che ha preso il mercato musicale ci può andare bene, fino a che continuano ad uscire brani e album degni di nota. Non leggendari, non immortali: ci vorrà tempo per capire quali dovranno essere i prossimi punti di riferimento, senza più eroi. Abbiamo bisogno di brani e di dischi semplicemente veri, fallibili e Mortali (e non è un caso)da lasciare indietro soltanto dopo averli ascoltati, e riascoltati, e sentiti davvero. Il panorama rap italiano ha fatto pace prima delle altre scene musicali con un mondo in cui l’opera musicale può contare moltissimo, per pochissimo tempo.
E Tedua invece cosa ci combina? Per annunciare il suo nuovo album, fa uscire Vita Vera Mixtape. 22 brani in totale, divisi in due parti. Ad una settimana di distanza (la prima è uscita il 5 giugno, la seconda il 12). Per la seconda volta in carriera: il suo esordio esplosivo Orange County California (2017) era stato anticipato dai mixtape Aspettando Orange County (2015) e Orange County Mixtape (2016). Nessun rapper si sognerebbe di rilasciare così tanti pezzi, tutti insieme. E infatti Tedua ha già superato la categoria del genere (musicale) per avvicinarsi a quella di artista, non superiore ma più completa: a supportare il mixtape c’è un documentary di cinque minuti, con il voice over poderoso di Luca Ward che racconta la Vita Vera di Mario cioè Tedua. Semplicemente la verità .
Nonostante la quantità di materiale, paradossalmente c’è poco da dire. Tanti pensieri sparsi e dilatati per coprire un’ora e sei minuti, due portate di antipasto che rendono insostenibile l’attesa del piatto principale. Tedua si lascia andare ad una valanga di generalità nelle quali è difficile distinguere il Mario vero del documentary, perdendosi in una ricerca lessicale forzata che toglie ogni dubbio: non sono pezzi poco rifiniti, sono pezzi poco ispirati. Diagnosi: bulimia compositiva. La quantità e qualità di ospiti si fa sentire poco, e sembra svolgere il proprio compito senza troppo sforzo. Spicca Dargen D’Amico con la sua scrittura magnifica in Pour Toujours; Massimo Pericolo diritto e deciso ma penalizzato dal beat in La Story Infinita, e soprattutto Paky sporco e cattivo in Rari. Ernia in Bro II non sfigura, ma si esprime sottotono. Gli altri ospiti sono soltanto nomi da scrivere dopo il “feat.” nel titolo dei brani.
I ventidue brani di Vita Vera Mixtape sono fallibili, mortali e forse anche veri, ma non si fanno ascoltare e neanche riascoltare. C’è un particolare in più, in realtà : il sottotitolo del mixtape è “Aspettando la Divina Commedia”. Facile dedurre che il titolo dell’album sia proprio quello del capolavoro della letteratura italiana (non sarebbe la prima volta nel rap), e immaginare in quale viaggio possano guidarci i pezzi. Meno “veri” della Vita Vera, se il prezzo della verità è suonare così generica da poter essere falsa.