Strofe: Frankie HI-NRG MC – Quelli Che Benpensano

Esegesi di uno dei più grandi capolavori della musica italiana

Frankie HI-NRG MC nel video di Quelli che benpensano
Fonte: YouTube / Melancholic Contrit Veridical Loner
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Il successo commerciale del capolavoro hip hop italiano non ne cancella il significato.

Il veterano del rap italiano Frankie HI-NRG MC canta dai tempi in cui la sigla “MC” accanto al nome era una garanzia. In prima linea per portare il rap fuori dal circuito hardcore e farlo conoscere al grande pubblico, consapevole del fatto che la forza della denuncia sociale sta nella sua diffusione, anche e soprattutto tra chi non si accorge di essere l’accusato.

Etichettati come “political hip hop”, i pezzi di Frankie HI-NRG sono calati nella realtà ipocrita dell’Italia degli anni Novanta, accecata dalla promessa del successo e convinta che tutto il peggio fosse passato. Non è il piombo ad inquietare Frankie, che nel 1997 inserisce nel suo disco La morte dei miracoli uno dei più famosi pezzi hip hop d’Italia, Quelli Che Benpensano, che Marracash ha rifatto nel suo ultimo disco. Un caposaldo del rap impegnato, immediato e capace di infiltrarsi nelle playlist di tutta Italia. Ice One alle macchine, batteria diritta, quella tromba un po’ storta che lo rende subito riconoscibile e le parole di Frankie HI-NRG, che analizziamo in questo articolo:

Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi
A far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo
Il fine è solo l’utile, il mezzo ogni possibile
La posta in gioco è massima, l’imperativo è vincere
E non far partecipare nessun altro
Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro
Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili
Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili

Non possiamo fare finta di essere diversi, siamo anche noi quelli che (ben)pensano alla propria vita come un’azienda da gestire: l’unico obiettivo sono i soldi, e il fine giustifica i mezzi. Frankie HI-NRG riporta i leimotiv della nuova classe in ascesa, per la quale successo=denaro. Paradossali se consideriamo la cattolicissima Italia, dove sul messaggio di Gesù si costruisce la morale comune. “Così gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi” (vangelo di Matteo 20, 16), ma se i primi stanno troppo in alto nessuno potrà raggiungerli. Siamo tutti cattolici, fino a quando la religione non intralcia la strada verso i soldi: non è la società a formarsi sulla morale che si sceglie, è il contrario.

Sono tanti, arroganti coi più deboli
Zerbini coi potenti, sono replicanti
Sono tutti identici, guardali
Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere
Come lucertole s’arrampicano
E se poi perdon la coda la ricomprano
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno
Spendono, spandono e sono quel che hanno

Le maschere che “loro” indossano li rendono indistinguibili dalla gente normale, perché sono maschere da gente normale: sembrano tutti uguali e noi sembriamo uguali a loro. Non è difficile: fare i forti con i deboli e i deboli con i forti, sempre sul pezzo, pronti a sfruttare ogni situazione. Gli scalatori sociali “s’arrampicano” (anche se sarebbe meglio dire “ci arrampichiamo”) come lucertole, e tutto ciò che si perde nel percorso viene rimpiazzato dai soldi: non c’è nulla che non possa essere sostituito da qualcosa che si può comprare. Quello che si può comprare e che gli altri possono vedere è quello che definisce questi esseri, così difficili da riconoscere che potremmo essere anche noi.

Sono intorno a me, ma non parlano con me
(Tutti quelli che pensano, tutti quelli che pensano)
Sono come me, ma si sentono meglio

(Tutti quelli che pensano: “Sono in quanto ho”)
Sono intorno a me, ma non parlano con me

(Tutti quelli che pensano, tutti quelli che pensano)
Sono come me, ma si sentono meglio

(Tutti quelli che pensano)

Però c’è un modo per individuarli, anche quando indossano la maschera; basta fare attenzione al loro atteggiamento. Giudicano, si sentono superiori, forti di una morale che è condivisa e non per questo diventa giusta. Il ritornello, cantato da Riccardo Sinigallia, è ironicamente molto più cristiano dei principi della gente che si spaccia per normale: loro sono uguali a me, ma si sentono meglio, segno dell’ipocrisia religiosa che è diventata tradizione, più che principio. E chi sta fuori dalla logica dei soldi e delle maschere sta fuori dal tessuto sociale, che non lascia spazio. No, Frankie, Sinigallia e Ice One non ci stanno.

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E come le supposte abitano in blisters full-optional
Con cani oltre i 120 decibel e nani manco fosse Disneyland
Vivono col timore di poter sembrare poveri
Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano, poi lo comprano
In costante escalation col vicino costruiscono
Parton dal pratino e vanno fino in cielo
Han più parabole sul tetto che San Marco nel Vangelo

Isolata, imballata, circondata di oggetti e status symbol. La nuova classe è ossessionata dalla povertà e misura il valore in maniera quantitativa; è il racconto di un’Italia in cui “povero” e “pezzente” sono usati come insulti. Anche la “salita al cielo” si fa con i soldi, impilando beni materiali e cercando di arrivare prima di tutti, altrimenti si rischia di sembrare meno bravi. L’unico modo per affermare il proprio valore, che non esiste, è affossare gli altri, superandoli con più parabole che il Vangelo di San Marco; parabole che tutti hanno sentito leggere dal prete decine e decine di volte, ma che hanno accumulato come se fossero parabole satellitari.

Sono quelli che di sabato lavano automobili
Che alla sera sfrecciano tra l’asfalto e i pargoli
Medi come i ceti cui appartengono
Terra-terra come i missili cui assomigliano
Tiratissimi, s’infarinano, s’alcolizzano
E poi s’impastano su un albero
Nasi bianchi come Fruit of the Loom
Che diventano più rossi d’un livello di Doom

Frankie HI-NRG rende chiaro il suo riferimento ad una particolare fetta della società: gli “yuppies” e gli aspiranti tali, giovani medioborghesi lanciati nel mondo della finanza e dell’imprenditoria. Provenienti dai ceti medi e con la voglia di riscattarsi, hanno costruito uno stereotipo che è diventato il simbolo del successo: alterati dalla cocaina, la droga che il jet set ha elevato al rango di pane quotidiano dei ricchi, celebrano la vita a duecento all’ora e la onorano andando a schiantarsi con le auto tirate a lucido, coronando in pieno la loro esistenza di eccessi. Si sentono missili lanciati verso il cielo, ma partono da terra e sono destinati a schiantarsi per terra.

Gli yuppies rappresentano il sogno di ognuno nell’Italia dell’epoca, e con i soldi che accumulano compulsivamente possono permettersi di tenere in pugno la società e la politica, rafforzando la loro immagine scintillante. Il post-Tangentopoli nel quale scrive il rapper si porta ancora addosso i segni del marcio che i soldi portano nella politica. Quello che Frankie fa è mettere in luce la natura autodistruttiva di quella che sembrava la vita perfetta e normale, togliendole la patina luccicante e mostrandola per quello che è: un progetto di suicidio.

Ognun per sé, Dio per sé, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica
Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano
Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano
Mani che poi firman petizioni per lo sgombero
Mani lisce come olio di ricino
Mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli
Che si alzano alle spalle dei fratelli

Le mani sono il simbolo del “fare” , della materialità, perché sono quelle che maneggiano i soldi, li spendono e li raccolgono. Frankie HI-NRG degrada le persone che ha descritto fino ad ora al rango di “mani”, descrivendone i comportamenti ipocriti e in contrasto fra loro: strette a darsi la pace la domenica e pronte a togliere di mezzo con la violenza fisica (i manganelli e l’olio di ricino, simboli anti-culturali del neofascismo) o quella istituzionale (le petizioni per lo sgombero), per poi riempirsi di gioielli, simbolo della ricchezza materiale, nascondendo le malefatte per evitare di scandalizzare le altre mani. Come se le altre mani non lo sapessero benissimo, perché anche loro alzano si alzano contro i “fratelli” cristiani, incuranti dell’italianissimo proverbio “Ognuno per sé, Dio per tutti”, che viene infatti prontamente rivisto.

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Quelli che la notte non si può girare più
Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan La TV
Che fanno i boss, che compran Class
Che son sofisticati da chiamare i NAS, in cubi di plastica
Che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara
Ma l’unica che accendono è quella che dà loro l’elemosina ogni sera
Quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera

La notte, che è diventata pericolosa, è abitata proprio dagli yuppies medioborghesi che devono spendere i milioni di lire guadagnati. Di giorno la borghesia si lamenta di quello che lei stessa combina la notte, lasciati i figli davanti alla TV per assicurarsi che crescano con i valori sani dei loro genitori: “la zingara” che accendono è un riferimento al programma Luna Park, trasmesso dal 1995 al 2002 su Rai 1, in cui la zingara era uno dei tanti giochi televisivi a premi che nell’immaginario del ceto medio è il perfetto esempio del guadagno senza sforzo, un sogno che si avvera. Poco più di un’elemosina per l’emittente televisiva, che incassa cento volte tanto grazie a tutti gli occhi incollati sugli schermi.

E parallelamente è un riferimento alle prostitute di cui Frankie HI-NRG ha parlato poco sopra, in un capovolgimento di ruoli che vede il borghese yuppie ricevere l’elemosina dalla “zingara”: non soldi, di cui il borghese è strapieno, ma un briciolo di umanità, in qualche modo. L’ultimo verso tributa gli onori all’album Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd: la “faccia oscura” della luna e l’iconografia della faccia oscura per rappresentare la dualità del borghese; ma si riferisce ancora alla luna della trasmissione Luna Park, che soltanto sullo schermo è colorata e brillante: nella realtà, vi si specchiano i borghesi incollati alla televisione, e non può che risultarne un riflesso nero.

Chi sono in veri benpensanti?

Quelli che Benpensano è un masterpiece, ironicamente finito negli stereo di moltissimi medioborghesi, che lo inseriranno nelle loro canzoni preferite come se fosse una parabola qualsiasi. E tra quelli, forse, ci siamo anche noi.
Ma nel caso vi foste stancati della versione originale, ce n’è una di Vincenzo De Luca, il presidente della Regione Campania. Perché? Questo non lo sappiamo.

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