Baby, recensione di una seconda stagione che aggiusta il tiro

Con questa seconda stagione Baby ci racconta le annose conseguenze di quanto visto nella prima e introduce nuovi elementi con delle interessanti potenzialità

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Baby è tornata sugli schermi Netflix, insieme ai suoi protagonisti e alla Roma dei Parioli, ma prima di parlare di questa seconda stagione, è necessario fare una precisazione preliminare. Le considerazioni che seguono alla visione e all’analisi di un film o una serie devono inevitabilmente tenere conto degli obiettivi e del pubblico a cui questi prodotti vogliono arrivare e comunicare qualcosa. Nel caso di Baby, erroneamente da quanto si pensasse prima del rilascio della serie, il mondo a cui le vicende dei Pariolini vogliono rivolgersi è quello dei teen.

Baby è un prodotto per teen e tale voleva essere nelle intenzioni del regista Andrea De Sica, grande appassionato e cultore di tali serie, come da lui stesso raccontatoci qualche giorno fa. D’altro canto questo non significa che la serie sia inapprensibile per via di questa considerazione introduttiva, anzi. Tuttavia ci sembra necessario partire da questa chiave di lettura. Fatto questo cappello introduttivo, passiamo all’analisi della seconda stagione.

Chiara e Ludo

Non possiamo che cominciare dalle due ragazze, veri e propri motori della serie. Durante la prima stagione, Chiara e Ludo hanno dimostrato di essere indispensabili l’una per l’altra, due pezzi perfettamente complementari nelle loro diversità. Questa imprescindibilità rimane una costante nella seconda stagione in cui, tuttavia, l’individualità delle due ragazze acquista maggiore spazio.

I ruoli della prima stagione sembrano invertirsi. Se nel precedente ciclo di episodi Ludovica sembrava essere la parte dominante nel rapporto con Chiara, adesso tutto è cambiato. Il personaggio interpretato da Alice Pagani, alla presa con una madre che si gira dall’altra parte dopo aver scoperto i segreti della figlia, mostra una fragile comicità che la contraddistinguerà in svariate situazioni. A dispetto del leading role assunto dall’amica, Ludo tenta diverse volte di salvare l’amica da un mondo che conosce fin troppo bene e che, tuttavia, rischia di risucchiarla fino alla fine.

Assume invece connotati decisamente più drammatici Chiara, interpretata da Benedetta Porcaroli. Spinta da situazioni contingenti, la giovane parolina entra a pieno titolo nel giro di baby squillo gestito da Fiore. E’ proprio nei momenti trascorsi con i clienti che non si riesce a capire se Chiara interpreti un ruolo o meno. Le piace davvero ciò che è diventata o è tutta una finzione obbligata dalle situazioni? Come se non bastasse, Chiara deve confrontarsi con una situazione familiare sempre più desolante, che le proietta addosso le aspettative di due genitori che non hanno ancora idea di chi sia la propria figlia, costretta a vivere in un mondo totalmente fittizio.

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I ragazzi di Baby: Brando, Fabio, Damiano e Niccolò

Uno degli archi psicologici meglio sviluppato è indubbiamente quello riservato a Brando, interpretato da Mirko Trovato. Se il ragazzo visto nella prima stagione continua a vivere in lui, tuttavia il suo lato più intimo e personale viene prepotentemente fuori in Baby 2, in stretta relazione con la figura di Fabio Fedeli, catalizzatore dei cambiamenti di Brando.

Ed è qui che, ancora una volta, entra a gamba tesa la famiglia, con dei doveri socialmente imposti che negano il pieno sviluppo della persona, in una fase cruciale come quella dell’adolescenza. Abbastanza telefonate, invece, le difficoltà e le discriminazioni a cui va incontro la figura di Fabio, dopo aver rivelato la propria omosessualità. Decisamente più interessanti i punti di tangenza con Ludovica, con la quale Fabio riuscirà ad intendersi, soprattutto in virtù di difficoltà diverse, ma simili.

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Riccardo Mandolini si conferma come uno dei profili attoriali più interessanti della serie. Il suo Damiano continua a vivere in una zona grigia, generata soprattutto dai non detti con Khalid e Chiara. Al centro di due sfere attrattive molto forti, quella di un padre che tenta di aprirsi e di Fiore che rappresenta un oscuro modello da imitare, Damiano riesce ad essere se stesso solo con Natalia, interpretata dalla new entry Denise Capezza, che convince nel ruolo di femme fatale con delle sfaccettature tutte da scoprire.

Stretto ancora all’interno di una relazione soffocante, Niccolò subisce una lenta trasformazione, passando attraverso errori che lo rendono diverso e maggiormente consapevole di se stesso. Il suo percorso evolutivo lo porta ad avvicinarsi con piedi di piombo a Damiano, complici le comuni delusioni in tema d’amore. E’ così che Niccolò tenta di riempire una vita vuota, fatta di apparenze e di valori vacui inseguiti dai figli della benpensante borghesia romana.

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Famiglie lacerate e adulti inadatti

Uno dei fulcri tematici della serie è costituito dalla lacerazione della famiglia borghese dei nostri giorni. Le scelte dei ragazzi del Collodi sono in gran parte condizionate dalle proprie realtà familiari, desolanti e distruttive nella quasi totalità dei casi. I genitori non riescono a dialogare con i propri figli e l’assenza di comunicazione li porta a sposare strategie diverse, ma ugualmente sbagliate. Le cene vuote e silenziose di questa seconda stagione assumono un valore centrale nell’esemplificare proprio la mancanza totale di comprensione fra le parti.

Se per un verso si tenta la strada del controllo maniacale della vita dei figli, dall’altro assistiamo a un vero e proprio lassismo che si traduce in una totale non conoscenza. Khalid tenta di indirizzare il figlio a seguire una strada, che non è semplicemente quella di Damiano, e tenta di rimediare in maniera drastica. Stesso discorso vale per Roberto, padre di Brando, interpretato da un Max Tortora perfettamente calato in un ruolo al quale non eravamo abituati, ma che ci convince pienamente.

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D’altro canto si rivela altrettanto distruttiva l’ipocrisia di genitori superficiali, che non riescono ad entrare nel complesso mondo dei propri figli. E’ indubbiamente il caso di Elsa e Arturo, genitori di Chiara, e Simonetta, madre di Ludovica. I tre sono accomunati da una cieca volontà di imporre i propri desideri alle due figlie, che vengono ridotte alla stregua di merci dalle quali trarre vantaggi sociali e sostentamento economico.

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La Roma e i Parioli di Baby

La lente d’ingrandimento di questa seconda stagione allarga ulteriormente il proprio focus e ci trasporta nel migliore dei mondi preannunciato dall’esordio di Baby. La Roma descritta è una città che può facilmente essere identificata con molte altre capitali europee. Dalle camere dei ragazzi e dalla scuola si passa ai ristoranti di lusso e alle camere d’albergo, che tutto sanno e tutto vedono, in cui il sesso riveste una parte fondamentale.

La tematica sessuale orienta una parte consistente degli eventi, divenendo uno dei valori alla base della vita di ragazzi e adulti. In tal senso risulta intelligente la scelta di estendere la portata del fenomeno delle baby squillo ad altri referenti, introducendo dei potenziali nuovi personaggi e ingrandendo la portata degli eventi in questione.

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Una nota di merito va indubbiamente ascritta alla regia di Letizia Lamartire, che da quest’anno ha affiancato un ottimo Andrea De Sica, mostrandosi assolutamente all’altezza di una collaborazione con Netflix. Gli episodi tre e quattro da lei diretti innovano, in parte, i cardini registici visti nella prima stagione e negli altri episodi di questa seconda, e riescono a parlare più per immagini che per parole, indubbio pregio da riconoscere.

Rimane ancora debole a tratti la sceneggiatura, basata a volte su cliché che si riverberano su dialoghi che risultano così scontati e abbastanza vacui. In vista di una probabile nuova stagione ci sono elementi su cui lavorare, per far sì che questa serie esprima tutto il potenziale che ha, partendo da una seconda stagione che ha già alzato il livello e la posta in gioco.

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