Tommy Wiseau, tutti i misteri dell’uomo più assurdo di Hollywood

L'infanzia europea il e business dei jean falsi, i milioni e The Room. L'alieno sceso sulla terra Tommy Wiseau compie 64 anni. O almeno così dice

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Dal 2016 ad oggi, il 3 ottobre è il giorno dell’anno in cui milioni di appassionati celebrano per quanto possibile il compleanno di Tommy Wiseau. La scelta di questa data precisa è arbitraria come quella di una festività folkloristica; non è connessa a nulla in particolare, e rappresenta la cifra di comodo assegnata al mitologico personaggio dal documentario Room Full of Spoons. Il film dell’amico Rick Harper è ad oggi la cosa più vicina ad una biografia (ovviamente non autorizzata) di “Thomas Pierre Wiseau”. Nato (forse) a Poznan, in Polonia, nel 1955, e regista di uno dei tanti “peggior film di tutti i tempi” come la critica più acida ama segnalare.

Se si considera che persino il succitato documentario biografico non presenta di fatti informazioni al 100% verificabili, resta da concludere che Tommy Wiseau resterà probabilmente un mistero per molto tempo ancora. Il discreto successo dell’adattamento di James Franco tratto da The Disaster Artist ha acceso per un po’ i riflettori pubblici sull’individuo; quella del libro rimane però una lettura parziale, filtrata dallo sguardo narrativo dell’amico e collega di sempre Greg Stestero. Fu lui che, nel 2013, provò per  primo a fare un  po’ di luce attorno alla storia di Wiseau, dall’alto di dieci anni di sofferta amicizia. Tutto ciò che sappiamo di lui si esaurisce dunque a questi pochi, lacunosi documenti.

Prima di quel fatidico 2003, anno in cui The Room vide per la prima volta le sale, la biografia di Wiseau rimane avvolta nelle nebbie della speculazione. Un contenitore oscuro in cui negli anni sono confluite ogni ipotesi di inevitabile stampo complottista; un romanzo indistricabile se non a ritroso, come per quel Charles Foster Kane il cui film Wiseau ama citare come principale influenza.

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Carcere, laurea, droga e jeans contraffatti: le mille vite di Tommy Wiseau

Room full of spoons e The Disaster Artist rappresentano ad oggi l’unica chiave per arrivare a sintetizzare un’idea coerente di Tommy Wiseau. Ciò che ne nasce è tutt’altro che una biografia sensata, quanto un accumulo di dicerie, supposizioni e vere e proprie fanfiction; rigorosamente mai smentite o confermate dal diretto interessato. Cosa sia vero oppure no è inutile provare ad appurarlo. La fattualità stessa del personaggio Wiseau rimane in dubbio: individuo reale, o reiterata interpretazione di qualche maniacale performative artist dalle misteriose ambizioni? Domande a cui lui per primo risponderebbe con quell’iconica risatina a denti stretti di chi ha capito tutto, e osserva sornione un mondo di bambini brancolare attorno al nulla.

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Dalla data di nascita alla carriera, tutto nelle biografie note di Wiseau sembra contraddirsi costantemente

Thomas Pierre Wiseau sarebbe nato alternativamente in Francia, in Polonia, appunto, o direttamente in America. La sua versione propenderebbe per l’ultima ipotesi, millantando origini in Louisiana e una data di nascita nei tardi ’60. Sestero dal canto suo insiste per ricercarne le origini nel blocco Sovietico, aggiungendo almeno un decennio alla conta dell’età. Harper sostiene di aver messo mano a certi documenti attestanti come numero il famoso 3 ottobre 1955. In mancanza di altro, quella è la data buona.

Dopo un periodo giovanile europeo oscuro e indecifrabile (che include un arresto in un raid anti-droga, improbabili storie carcerarie e racconti di abusi subiti dalla polizia francese), un Tommy Wiseau misteriosamente benestante approdò negli USA tra gli anni ’70 e ’80. Fu lì che adottò il proprio nome d’arte (esatto: Thomas Pierre Wiseau è uno pseudonimo assunto legalmente, non registrato all’anagrafe in nessuna parte del mondo) ed iniziò a fare fortuna secondo il più classico e incredibile schema da American Dream.

Il giovane e bizzarro ragazzo europeo senza nome racconta da sempre di essersi laureato magna cum laude in Psicologia grazie al suo lavoro di guida turistica, di aver fatto fortuna come modello e imprenditore in campo vestiario (Levi’s “tarocchi” importati dalla Corea), e di aver investito in proprietà immobiliari in California divenendo milionario. Alla fine degli anni ’90, un incidente automobilistico lo ridusse in fin di vita. Dalla tragica esperienza, la scelta di inseguire finalmente sogni da filmmaker.

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The Wiseau Picture Show: il primo cult dell’era-meme

Da lì in avanti, seguire il flusso degli eventi che porterà Tommy Wiseau a imporsi come Ed Wood moderno (paragone riduttivo e ingiusto per entrambi) diventa più semplice. La storia produttiva di The Room è già divenuta materia di ogni tipo di racconto popolare. Presentandosi con un budget spropositato e di origini sconosciute (altro classico: Wiseau gangster, spia, trafficante con enormi somme di denaro sporco da riciclare), radunerà una  troupe di giovani ingenui o disperati nel film più fuori dal mondo che si sia probabilmente mai visto.

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Riassumere The Room richiederebbe a questo punto un secondo articolo (più di uno probabilmente); ma se è vero,come da sempre si dice, che Il Grande Lebowski fu il primo cult del nuovo millennio, il film di Wiseau è sicuramente il secondo. Non tanto (non  solo) per la cialtroneria dei green screen straccioni, degli errori di continuità e l’assurdità del racconto; a fare breccia immediata nel nascente mondo della cinefilia pirata degli eMule e dello streaming, è Wiseau stesso. Con la sua voce, il suo idioma, la sua parlata, l’espressione e i movimenti, è qualcosa di mai visto, di inafferrabile. Uno scherzo ricorrente delle ormai classiche proiezioni collettive del film lo vuole come un alieno goffamente mimetizzatosi tra gli umani, come nei vecchi Men in Black. Bastano dieci minuti a caso del film per arrivare quasi a crederci.

Prima di essere un film brutto, The Room conquista il pubblico con l’immagine inquietante e indecifrabile di Wiseau stesso

Da quindici anni  a questa parte, il mistero di  Tommy Wiseau non ha fatto che ingigantirsi, insieme alla popolarità del suo The Room, meme ante-litteram e moderno Rocky Horror dei cineclub e delle proiezioni di gruppo in maschera (a cui lui stesso partecipa di buon cuore, insieme al resto del cast, consapevole che la maniera in cui si entra per sempre nella cultura pop non è sempre possibile scegliersela).

In questo tempo, il franco-polacco americano non ha prodotto o diretto pressoché nient’altro; continua a vivere dei soldi delle sue proprietà immobiliari (o del cartello della droga che segretamente governa), venera James Dean e Marlon Brando, cita Hitchcock e Welles ogniqualvolta gli si chieda delle influenze artistiche, e vive a modo suo il sogno americano. Ha uno shark movie in lavorazione (titolo di lavorazione: Big Shark) e un canale youtube delirante con cui condivide parodie del suo film. Compie oggi 64, o almeno ci piace crederlo.

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