Overlord, la recensione dell’ultimo film prodotto da J.J. Abrams

overlord recensione
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Il cinema americano è ormai saturo di opere filmiche improntate alle rievocazioni belliche. Innumerovoli in particolar modo sono quelle trattanti il contesto della seconda guerra mondiale. Ponendo al centro della scena lo scontro armato tra eserciti alleati, sopra tutti quello statunitense, e le forze delle potenze del cosidetto Asse. Spostando il conflitto sul piano archetepico ideologico della lotta tra forze morali opposte che simboleggiano rispettivamente il bene e il male. E’ una tendenza politica hollywoodiana ad idolatrare l’esercito americano come difensore e baluardo della democrazia, e in senso più ideale del bene, nel mondo. Contro i nemici della libertà, in questo caso particolare i nazisti. In Overlord torna l’ambientazione bellica, tornano i nazisti; riversando sul mercato un prodotto dal quale il pubblico è esausto.

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Con intelligenza, Overlord gioca su un’esasperazione concettuale, fino a raggiungere l’assurdo del tema, ormai trattato dall’industria cinematografica fino alla nausea. Il tutto, riprendendo stilisticamente e narrativamente l’influenza di opere sia filmiche che videoludiche precedenti, ma portata a livelli qualitativi superiori. Merito forse dell’apporto di J.J. Abrams, che ora ricopre il ruolo di produttore del film, nome che è diventato una garanzia nel settore, permettendo di produrre pellicole interessanti, come il caso di Overlord appunto.

Uno dei primi, e forse più evidenti, riferimenti da cui il film trae ispirazione potrebbe risultare essere il videogioco: Call of duty o ancora Resident evil. Il primo presenta tra le opzioni di gioco una modalità di scontro con nazisti dotati di sembianze mostruose e capacità sovraumane. Proiettando i personaggi su un campo di battaglia popolato da creature dalla natura non più umana e dalla ferocia e dall’aspetto quasi mostruose. Elevando il conflitto, pure ideologico, su un piano fantastico quasi metaforico; facendo dei nazisti incarnazione di un male reale e più concreto che simbolico. Il regime tedesco si macchia, in questo caso particolare, dell’ulteriore colpa di mietere vittime tra i civili per portare avanti degli esperimenti scientifici su cadaveri ai fini di creare soldati e sudditi del Reich immortali e dalle capacità sovraumane.

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Sono questi i nemici da affrontare, cavie e vittime di un esperimento fallito, che ha generato creature tornate dalla morte. Guidate da una incontrollabile ferocia che sfogano su chiunque gli si pari davanti.

I resti di un plotone di paracadusti inviati in Normandia, all’indomani del famoso sbarco. Per mettere fuori uso le forze antiaeree tedesche, si ritrovano coinvolto loro malgrado in questo scenario. Raggiunto il villaggio, dove ha sede la torre radiofonica da distruggere, si ritrovano davanti una verità agghiacciante, con la quale fare i conti. Come se non fossero bastate tutte le difficoltà e gli ostacoli incontrati per raggiungere il punto di incontro e poi il luogo dell’obiettivo.

Strutturalmente il film opera su classici sterotipi, specie della presentazione dei vari personaggi, che sembrano quasi delle caricature di schemi consolidati ad Hollywood. Gli stessi schemi convenzionali si ripropongono anche su un piano narrativo. Cui solamente la deviazione orrorifica e fantastica aggiunge un elemento grottesco che rende il film di grande interesse spettacolare.

Ed è appunto in qualità di spettacolo, di forma di intrattenimento, che Overlord riesce e convince lo spettatore e la critica, almeno per quanto ci riguarda.

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Julius Avery, regista australiano, crea un’opera di grande divertimento, che pur giocando sugli ormai vecchi jumpscares in parte, si dimostra di forte impatto visivo ed emotivo. Inducendo lo spettatore a compiere quel processo di empatizzazione con la vicenda messa in scena, necessario. Overlord non è da considerare sicuramente un film eccezionale o di valore critico ma è all’altezza di opere superiori riuscendo ad intrattenere egregiamento lo spettatore, che all’uscita dalla sala sarà soddisfatto della visione. A queste vanno aggiunte indubbiamente le capacità registi di Avery. Che si dimostra in grado di padroneggiare bravamente la macchina da presa e il mezzo digitale. Attraverso cui dare forma ad un realismo esasperato e di forte impatto visivo.

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Ed è proprio la qualità estetica dell’immagine uno dei punti di forza di Overlord.  Costruito di effetti scenici sorprendenti, o forse no data la produzione; che alterna l’uso del digitale al trucco artigianale sul corpo degli interpreti.

In particolare vogliamo soffermarci, in questa sede, sulla scena iniziale che ha destato la nostra attenzione e ha colpito per il modo della costruzione. Il film si apre con I personaggi principali a bordo di un aereo, in prossimità delle coste francesci, dove lancarsi con il paracadute in Normandia. Un’intera flotta aerea attorno a loro, preda dei tentativi dell’esercito tedesco di respingerli. Uno dopo l’altro I veivoli vengono abbattuti in grande quantità, così anche quello sul quale si trovano I protagonisti. La macchina da presa si concentra su uno di loro, seguendolo lungo tutta la caduta, fino all’impatto con l’acqua. In un lungo finto piano sequenza digitale, con inquadratura fissa sulla mezza figura del soldato paracaduta. In un vortice che rotea attorno allo sfondo, tenendo immobile il proprio punto di vista, capace di rendere il tutto in un crescendo sensoriale ed emotivo.

Insomma un’apertura mozzafiato e totalmente all’altezza degli standard tecnologici odierni, che si fa garanzia di un film che non deluderà le aspettative create dalla prima scena. Avery porta a termine un esperimento di congestione dei generi intrigante, che tuttavia carica sulle proprie spalle il peso dell’evidente richiamo videoludico. Di cui sembra aver acquisito l’impostazione strutturale ed estetiche. Un esperimento che in parte sembra già vecchio, per cui per quanto Overlord colpisca, si spera che non siano molti quelli che seguiranno i suoi passi.