Strofe: Arctic Monkeys – Do I Wanna Know?

Arctic Monkeys
Alex Turner degli Arctic Monkeys - Credits: Lucas Tavares / Agencia O Globo
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Arctic Monkeys: le ombre, le risposte a metà e il buio nell’amore.

Do I Wanna Know? è uno dei singoli più famosi degli Arctic Monkeys, nonché indubbiamente una delle canzoni rock più note del decennio. In pochi mancherebbero di riconoscere il caratteristico riff di chitarra, e l’atmosfera inquietante del pezzo. Nella canzone il songwriter, che è naturalmente Alex Turner, cerca con il suo testo per gli Arctic Monkeys di indagare le luci e le ombre in una storia d’amore. Dubbi, risentimenti, rancori, cose non dette e cose che non bisogna dire. Ma ancora di più, Turner parla della relazione, come suo solito, come di una specie di gioco di strategia, con mosse false, finte, tattiche. Tutti elementi che rispondono a minuscoli accenni nei movimenti dei corpi, ad azioni caratteristiche, a gesti involontari, a frasi pronunciate a metà.

La bellezza del testo di Do I Wanna Know? sta proprio nel sapersi insinuare in queste pieghe, in questi anfratti nascosti, anche pericolosi, delle relazioni. Già il titolo dice tutto, con il punto interrogativo che da solo fornisce l’interpretazione dell’intero testo: voglio sapere davvero? Voglio saperlo, se tu mi ami o no, se tra noi va tutto bene, se io ti piaccio veramente? O preferisco restare nell’illusione, restare nel dubbio, persistere in una situazione di incertezza nella quale ogni eventualità potrebbe avverarsi? Ricordatevi del gatto di Schrödinger. Perché se io sapessi, dice il narratore del testo (e lo dice tra le righe) dovrei affrontare le conseguenze di ciò che so.

Meglio sapere o non sapere?

Cominciamo ad analizzare il testo. Già dalle prime note, possiamo quasi immaginarci la scena: un locale buio, a tarda notte; pochi avventori, sguardi che si perdono e bicchieri vuoti accumulati sul bancone. Il nostro protagonista, Alex (perché possiamo tranquillamente immaginarci che sia lui) intavola una conversazione con la sua amante. O forse solo con l’immagine di lei. Non ha molta importanza, in realtà.

“Have you got colour in your cheeks?
Do you ever get that fear that you can’t shift the type
That sticks around like summat in your teeth?”

Il protagonista fa una serie di domande alla “sua” donna, passando continuamente da un tono arrogante ad uno di autocommiserazione, diventando prima suadente e poi umile, e vittimista. Le chiede se c’è “colore” sulle sue guance, ovvero se lei provi qualche passione; e poi le domanda se non ha paura di non potersi liberare di chi la infastidisce come ci si libera del cibo rimasto tra i denti. Già qui emerge un rapporto di sudditanza: Alex riconosce alla ragazza un potere su di lui, come presumibilmente su chiunque altro, di allontanarlo come e quando ne ha voglia.

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Un gioco di potere che si gioca anche imbrogliando

“Are there some aces up your sleeve?
Have you no idea that you’re in deep?”

“Hai degli assi nella manica? Non sai che sei già ‘sotto’?” La metafora del gioco d’azzardo serve ad affermare che la ragazza bara, ed è costretta a farlo perché se seguisse le regole sarebbe lei a perdere.

“I’ve dreamt about you nearly every night this week
How many secrets can you keep?
‘Cause there’s this tune I found
That makes me think of you somehow
An’ I play it on repeat
Until I fall asleep
Spillin’ drinks on my settee”

Come sempre, quando una relazione è colma di dubbi, il pensiero si fa ossessionante. Ossessionante come può esserlo una musica, o ancora di più un semplice motivo, che ci si pianta nel cervello senza andarsene.

Dubbi, incertezze, domande: una costante dei testi degli Arctic Monkeys

(Do I wanna know?)
If this feelin’ flows both ways?
(Sad to see you go)
Was sorta hopin’ that you’d stay
(Baby, we both know)
That the nights were mainly made
For sayin’ things that you can’t say tomorrow day

Nel pre-ritornello, ecco la questione fondamentale, già individuata sopra: “Voglio sapere davvero, se questo sentimento scorre in entrambe le direzioni?” Il controcanto serve ad esprimere tutte le sfumature della natura paranoica di questi pensieri. Il verso migliore della canzone fa da preludio al fulcro concettuale del testo, e ne sottolinea la natura ombrosa e “notturna”: “Sappiamo entrambi che le notti sono state fatte soprattutto per dire cose che di giorno non si possono dire”.

Quindi: segreti, bugie, menzogne, che danno adito a sofferenza, tradimento, dolore. Proprio l’elemento del “buio”, della notte, comunica come Alex vede i rapporti, o perlomeno come vede questo: come un passaggio buio, nel quale ci si deve fare strada seguendo le poche luci e cercando di distinguere le confuse sagome di qualche verità.

Alla fine lo sconfitto può essere uno solo

“Crawlin’ back to you
Ever thought of callin’ when
You’ve had a few?
‘Cause I always do
Maybe I’m too
Busy bein’ yours
To fall for somebody new
Now, I’ve thought it through
Crawlin’ back to you”

Non riuscendo più a prendere tutto come un gioco, il narratore torna dalla sua amante, come si dice, strisciando. In questo modo, ammette di essere sconfitto. Dice “Va bene, hai vinto, basta che tu mi faccia capire che cosa vuoi”. Descrive poi la sua debolezza. Chiede alla ragazza se, da ubriaca (“when you’ve had a few”, si intende “a few of drinks”) non prova mai il desiderio di cercare qualcuno, perché lui invece sì. Questo è un riferimento ad un’altra canzone del gruppo, Why’d You Only Call Me When You’re High?, sempre dall’album AM. Alex asserisce poi che la sua fedeltà è assoluta (non sappiamo se sia vero), e che perciò si trova completamente abbandonato: “Sono troppo occupato ad essere tuo per innamorarmi di qualcun’altra”.

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Da una parte l’impegno, dall’altra la fuga

“So have you got the guts?
Been wondering if your heart’s still open
And if so, I wanna know what time it shuts”

Preso dallo sconforto e dalla rabbia, Alex sfida la ragazza, la provoca: “Allora, ce le hai le palle?”, ben sapendo che non otterrà nulla. La sua vera speranza emerge nel verso successivo: “Mi sono chiesto se il tuo cuore è ancora aperto, e se è così, voglio sapere quando si chiude”. Lui vuole stare con lei, ma allo stesso tempo vuole essere sicuro che non soffrirà ancora. Sicurezza impossibile, naturalmente.

“Simmer down an’ pucker up
I’m sorry to interrupt, it’s just I’m constantly on the cusp
Of tryin’ to kiss you
I don’t know if you
Feel the same as I do
But we could be together
If you wanted to”

Dall’immagine qui descritta, sembra che la ragazza non voglia farsi baciare. Allo stesso tempo, non sembra neppure negarsi decisamente, cosa che porta il suo amante, per forza, ad illudersi di poterci riuscire. Egli infatti afferma che “Potremmo essere insieme, se tu lo volessi”. Questo è un altro riferimento forte alla doppiezza dimostrata dalla donna, che non sembra mai chiarire le sue intenzioni, divertita da come sta andando il gioco.

Non c’è una vera conclusione. Il refrain e il pre-refrain si mescolano, in una specie di litania confusa, che sembra davvero dare l’immagine del narratore che, sfinito da tutti i “giochetti” (e dall’alcol, naturalmente) barcolla, ripetendo le stesse parole senza trovare una vera via d’uscita.

Nel testo non viene detto da nessuna parte, ma è implicito: Alex partecipa al gioco, sceglie volontariamente di partecipare, nel momento in cui appone il punto di domanda davanti al titolo della canzone. Basterebbe toglierlo, forse, per uscire dal blocco e terminare il gioco. Ma forse non vuole farlo, e forse non vuole ammetterlo, ma questo gioco in fondo magari diverte anche lui.

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