In the hand of Dante, la recensione del film di Julian Schnabel
"In the hand of Dante" Julian Schnabel porta Dante e Nick Tosches al cinema tra imperfezione, sogno e ricerca di senso. Un cast stellare da "untouchables" per un film controverso che ha diviso la critica cinematografica
“In the hand of Dante” di Julian Schnabel in anteprima al Festival di Venezia 2025 tra sogno e mito. Un lavoro complesso nella sua realizzazione, per un’opera d’arte che risulta folle e imperfetta. Un Oscar Isaac spinto oltre i limiti, così come gli altri protagonisti. Una scelta cinematografica controversa e particolare, di cui si discuterà a lungo… Qui la nostra recensione.
In the hand of Dante, La Trama
Nel cuore di un mistero che attraversa sette secoli, spazio e tempo si intrecciano in un racconto che unisce la vita reale dello scrittore Nick Tosches a quella del sommo poeta Dante Alighieri. Quando riemerge un manoscritto che potrebbe essere la Divina Commedia scritta di pugno da Dante stesso, si scatena una corsa pericolosa per verificarne l’autenticità e, forse, salvare qualcosa di più della sola verità storica.
Tratto dall’omonimo romanzo “In the Hand of Dante” , ci conduce in un viaggio vertiginoso che unisce la New York contemporanea e l’Italia del Trecento, dove la vita di Nick si riflette e si fonde con quella di Dante. Entrambi animati da un’ossessione – per l’amore, la bellezza e il divino – i protagonisti sono disposti a spingersi oltre ogni limite per trovare risposte che potrebbero cambiare il senso stesso della loro esistenza.
In the hand of Dante, La Recensione
Siamo nelle mani di Dante. O, meglio dire, di Julian Schnabel, che porta sullo schermo il romanzo di Nick Tosches, autore dell’omonimo libro e protagonista del film. Una volta usciti dalla sala, leggermente storditi, si rimane con tante domande e un’unica risposta: non si può mettere mano all’arte se non col cuore, ed è proprio questo il tentativo di Schnabel, che esce antonianamente fuori dagli schemi della logica per raccontare al pubblico la sua verità delle cose.
La versione soft e satirica di Ron Howard nel Codice da Vinci, un po’ di quella profonda e tagliente di Steven Zaillian in Ripley… In the Hand of Dante non si può guardare però con un piglio razionale ed estremamente critico. Si deve trascendere la stratificazione cinematografica del regista, guardare oltre la macchina, posare lo sguardo sull’arte e sull’importanza dei sentimenti umani.
Spazio e tempo tra il presente e l’umano: la lettura del regista
Lo conferma lo stesso regista in conferenza stampa, in anteprima all’82ª edizione del Festival di Venezia: “Non esiste il tempo passato e futuro, esiste ciò che siamo nel presente. Anche quando la nostra vita finisce, ciò che abbiamo fatto rimane. L’arte rimane, il suo senso permane, nulla esiste al di fuori dell’arte stessa”.
Tutto “estetica” e cuore il nostro regista, per cui il significato del tempo è racchiuso concettualmente dentro l’opera d’arte, proprio come nel suo film. Pur comprendendo che i fatti narrati non sono realmente accaduti, ciò che esiste, resiste e prende forma è la verità dell’arte, che vive oltre la morte.
È di questo che parla il film: della possibilità per Nick di essere Dante, di donargli un’altra opportunità, di trovare il bello nel fallimento e nella caducità delle cose. “Conosco molti artisti che sono ottimi talenti e poi nella vita privata sono decisamente confusionari,” sottolinea Schnabel. “È questa una delle poche lezioni che ho compreso: la perfezione non esiste. Mi interessa mettere in luce l’essere umano e l’artista dietro l’imperfezione, così com’erano Dante, Caravaggio, Michelangelo”. Esseri umani inclini al fallimento, alla tensione verso l’amore platonico, alla spasmodica ricerca della “costola mancante”, ciò di cui siamo costantemente privi.
E non è forse di questo che parla la Divina Commedia, e in particolar modo l’Inferno? Delle fragilità dell’uomo, dell’eterna commedia che è la vita, della costante sensazione di dover aspirare a qualcosa di inafferrabile. Dante siamo noi quando cadiamo e falliamo, quando ci rialziamo e decidiamo di danzare nietzschianamente sulle improbabili note della nostra vita.
In the hand of Dante – Starring Oscar Isaac
Oscaar Isaac: l’esilio necessario dell’artista
Se il presente è l’unico tempo che siamo capaci di afferrare, il passato non è qualcosa di sbiadito, ma – come ci insegna il protagonista (Oscar Isaac) – qualcosa di intenso, che ci rende costantemente vivi. Il gioco virtuoso del regista tra luce e buio – elemento oggi molto utilizzato dai registi statunitensi, soprattutto per raccontare la nostra Italia – rende questo messaggio ancora più evidente: il passato si veste dei colori del presente, e il presente di quelli del passato. Tutto grazie a quell’“eterno ritorno” che, per fortuna, non rende tutto uguale.
Oscar Isaac, insieme a Nick, riesce perfettamente a passare attraverso questo spazio, a trascenderlo, per entrare in questo “sogno impossibile”. Una sorta di esilio necessario per l’attore, come quello di Dante, che lo spinge oltre i limiti verso una profonda conoscenza di sé. Limiti o abissi?
E se “la grazia accade”, come sottolineato da Oscar in conferenza stampa, succede anche che un grande artista si confonda straordinariamente con l’uomo e con l’autore, e che il cinema sappia ancora parlare – con voce autentica, necessaria e vulnerabile- di arte e di poesia. Non importa se ci trova in disaccordo sul giudizio del film: l’importante è che se ne parli. Perchè in fondo la perfezione non conosce sentimento.
Parafrasando Schnabel, la Divina Commedia, e in generale ogni opera d’arte, non è un insegnamento didascalico che puoi acquisire da piccolo, ma tutto ciò che, rileggendolo, ti attraversa in modo non ordinario da grande.
La voce degli altri personaggi: un cast da ricordare
E se col bello convive, freudianamente, anche il “brutto”, Gerard Butler, Jason Momoa – in una versione simpaticamente inedita – e gli intramontabili Al Pacino e John Malkovich in questo film sanno rappresentarlo alla perfezione.
Una menzione speciale anche per i nostri attori italiani, forse utilizzati un po’ troppo come cameo di passaggio, ma la cui presenza è densa e “di peso”: Franco Nero, Claudio Santamaria, Fortunato Cerlino e Sabrina Impacciatore in primis, che prende e dilata lo spazio sulla scena.
In the Hand of Dante è un’opera “sporca”, esagerata, ma sincera nel suo intento, quello di suscitarci qualcosa, anche se imperfetta come i suoi personaggi. Con un’unica consapevolezza sul finale: è “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”.
In the hand of Dante, Il Cast
Oscar Isaac
Gal Gadot
Gerard Butler
John Malkovich
Louis Cancelmi
Sabrina Impacciatore
Franco Nero
Benjamin Clementine
Paolo Bonacelli
Lorenzo Zurzolo
Martin Scorsese
Al Pacino
Jason Momoa
Mohamed Zouaoui
Claudio Santamaria
In the hand of Dante, Il Trailer
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