Atlas: recensione dell’ultimo sci-fi movie di Netflix

Atlas analizza una delle paure più recenti dell'uomo, l'impatto dell'Intelligenza Artificiale sul nostro mondo e le nostre vite. Qui la nostra recensione.

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Atlas di Brad Peyton, con protagonista e produttrice Jennifer Lopez, è un ambizioso film di fantascienza che crea un interessante ponte tra due epoche della storia dell’umanità, presente e futura dal nostro punto di vista, senza però riuscire a dare la sterzata decisiva che possa, in qualche modo, dare una pennellata di freschezza e novità alla sua trama. Sicuramente piacevole, ma lascia veramente poco allo spettatore.

Le premesse del film sono interessanti, e i temi che vengono trattati sono di attualità e dagli importanti risvolti storici. Si colloca nell’universo di film che vedono l’essere umano interagire con robot dotati di intelligenza artificiale, ponendo dubbi sulla loro possibile lealtà e sulla loro eventuale pericolosità. Atlas è come se prendesse spunto da questa costellazione di film del calibro di A.I. di Steven Spielberg, Io, Robot con Will Smith o L’uomo Bicentenario con l’intramontabile Robin Williams, senza però eguagliarne la grandezza.

Di seguito, troverete la nostra recensione dettagliata su Atlas. Buona lettura!

Atlas

Atlas: trama

In un mondo sull’orlo di un conflitto tra esseri umani e robot senzienti, toccherà all’analista Atlas (Jennifer Lopez) cercare di porre fine alla guerra, eliminando la minaccia rappresentata da Harlan (Simu Liu), capo dei robot ribelli e intenzionato a distruggere l’umanità, collegato all’eroina da un legame indissolubile e da un passato tormentato e doloroso che non cessa di riaffiorare. Atlas dovrà fare ricorso al suo coraggio e superare le sue diffidenze verso le intelligenze artificiali per compiere la sua impresa, tentando di superare il suo doloroso passato.

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Atlas: dalle tre leggi di Asimov agli Smartphone

Isaac Asimov, scrittore statunitense e cultore del genere fantascientifico, ideò tre precetti (dei quali avevamo già parlato nel link che vedete a sinistra) che dovessero essere severamente seguiti dai robot una volta messi in funzione, a tutela della razza umana. Essi sono:

1) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

In Atlas lo stesso Asimov viene citato nel prologo del film, in particolar modo per quanto concerne la prima legge, forse la più importante di tutte. Infrangendo la prima regola, si innesca inevitabilmente il conflitto tra umani e intelligenze artificiali, con i secondi decisamente più avvantaggiati dei primi. Sempre per citare molti riferimenti presenti in Atlas, sarebbe come giocare a scacchi contro qualcuno che ti legge nella mente, impossibile quindi.

Le tre leggi vengono spesso citate nelle pellicole riguardanti universi dove uomini e robot interagiscono tra loro, compresi i film citati all’inizio di questo articolo e tratti proprio dalle opere di Asimov. Atlas raccoglie da tutti loro per sviluppare la tematica relativa a come l’uomo concepisce l’intelligenza artificiale. La stessa Jennifer Lopez apostrofa uno dei robot come “elettrodomestico”, dandoci il senso dispregiativo e quasi razzista di come lei, ma tutta l’umanità, consideri ormai i robot traditori. Hanno abbandonato la funzione di supporto all’essere umano e hanno scoperto di avere diritti e netta superiorità nei confronti dei loro vecchi padroni. Una storia già vista.

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Sempre nell’oblio del “già visto”, ci sono, ovviamente, le eccezioni: le intelligenze artificiali buone che sono rimaste fedeli agli umani e che li aiutano nella loro lotta contro il nemico. Non più entità singole, ma capaci di interconnettersi e affinarsi con l’uomo, o la donna, per creare un simbionte che necessita della massima complicità per funzionare. Una metafora su come non sia necessario che l’uno prevalga sull’altro, ma sulla necessità di collaborazione e unità di intenti, estensibile a tutto il genere umano moderno. Un bel messaggio, ma che passa leggermente in sordina.

Da notare come il robot Smith, portatore di Atlas, nella forma visibile del suo intelletto, ricordi vagamente Siri, l’intelligenza artificiale di Apple. Perché sì, tutti possediamo e siamo circondati da intelligenze artificiali primordiali, se così possiamo definirle. È la stessa madre di Atlas a ricordarcelo, in un flashback della protagonista. Quello con cui interagiamo ogni giorno è uno strumento incredibile, di cui non conosciamo ancora tutte le potenzialità. Come tutti i processi evolutivi, esse hanno sviluppato anima e intelletto, cose che le rendono sinistramente simili all’essere umano. Cos’è che spaventa Atlas e, in generale, la razza umana? L’essere sostituibile.

I robot intelligenti sono copie esatte di tutti noi, con una marcia in più: non possono morire. Come il robot Andrew ne L’uomo Bicentenario, la distinzione tra uomini e macchine sta nella loro mortalità, uno degli aspetti della vita meno concepiti dall’uomo e che suscita invidia verso quella nuova, presunta, specie dominante. Ma perché i robot vogliono sempre distruggere l’umanità, o sottometterla?

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Harlan, in Atlas, decide di muovere guerra agli esseri umani perché ha una visione dell’orrore e degli errori che l’uomo commette da secoli, auto accompagnandosi verso un’inevitabile estinzione. Questo sentimento autodistruttivo, insito nell’essere umano, deve essere fermato, o accelerandone il processo di annientamento o bloccandolo. In Atlas vale la prima opzione, dove l’umanità viene considerata non degna del suo dominio e destinata a farsi da parte, in favore di una specie più evoluta e meno dipendente dalle risorse del pianeta dove vive. Che paura sfruttano le intelligenze artificiali per minacciare l’uomo? L’atomico.

Ecco che in Atlas si crea un ponte tra una delle grandi paure del ‘900, oltre che tristemente attuale, e due paure più recenti: il terrorismo e l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre vite. I robot di Harlan sono definiti terroristi, non più esseri umani ma prodotti della mente umana. Perché, come si intuisce in Atlas, è l’uomo stesso a creare “il mostro” che lo minaccia, come un odierno Frankenstein. In più, permane la diffidenza verso l’intelligenza artificiale, rappresentata dall’ideologia della protagonista: il non essere insostituibili e considerarsi meno intelligenti di una macchina. Una deriva verso la quale, inconsciamente, stiamo già andando.

Atlas è un catino di tutti questi interessanti spunti, che si perdono in favore di una trama incentrata sulla figura della protagonista: una donna che, giustamente, deve ritrovare se stessa e affrontare i fantasmi del suo passato. È un lato empatico fondamentale in un film, ma non ha equilibrio con i temi precedentemente citati. In ogni caso, rimane una pellicola gradevole, a cui manca solo un po’ più di carattere.

Atlas: il cast

Jennifer Lopez: Atlas Shepherd
Simu Liu: Harlan Shepherd
Sterling K. Brown: Col. Elias Banks
Gregory James Cohan: Smith
Abraham Popoola: Casca Vix
Lana Parrilla: Val Shepherd
Mark Strong: Gen. Jake Boothe

Atlas: il trailer

Trailer ufficiale di Atlas / credits: youtube; NetflixItalia

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