L’Attacco dei Giganti: analisi dell’anime di Isayama

Un'analisi approfondita su L'Attacco dei Giganti, l'anime che ha segnato la storia dell'animazione giapponese. A cura di Gianmaria Atzei.

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In L’Attacco dei Giganti manca completamente la divisione tra bianco e nero tipica dello shonen, tra bene e male assoluto. Nel lavoro di Isayama a vincere è quasi sempre il grigio, sottolineando la complessità dello sviluppo caratteriale, psicologico e morale con sono descritti i personaggi.

Nel finale della serie almeno i protagonisti riescono a rendersi conto dell’incoerenza in cui hanno vissuto fino a quel momento, dell’odio provato verso persone uguali e fallaci come loro, degli errori che hanno compiuto; tutto ciò li porterà ovviamente a vivere il resto delle loro vite a provare a espiare queste colpe e a portarne il gravoso peso.

Isayama ripone in loro la poca fiducia rimasta per il genere umano, coloro che dai propri errori hanno imparato e che devono ora portare a tutti un messaggio di uguaglianza, contrapponendoli invece a un’umanità immediatamente pronta a ripartire con le ostilità dopo la tragedia appena passata. Da tutto questo possiamo quindi dedurre un altro tratto con cui l’autore descrive l’uomo, ovvero l’egoismo.

Ogni scelta compiuta in L’Attacco dei Giganti, anche quella a prima vista più nobile, è dettata dall’egoismo di chi la compie, mettendo in secondo piano ogni possibile ripercussione sulle altre persone.
La guerra e la violenza sono infatti la scelta egoista per eccellenza, che pone l’interesse personale sopra il valore della vita di ogni altro individuo.

Amicizia, Amore, Morte: Gli altri motori della storia

Parrebbe folle tacciare atti d’amore e amicizia come egoismo, ma il grande fascino di L’Attacco dei Giganti sta ancora una volta nell’ambiguità con cui Isayama ne tratteggia continuamente i contorni. Ciò che rende così veri i personaggi è proprio la genuina messa in scena dei loro sentimenti, in tutte le loro contraddizioni.

Determinate scene e la caratterizzazione dei personaggi sono così intense proprio per la follia che ne sta alla base, un visione distorta ed egoistica dei sentimenti è cio che, paradossalmente, li rende puri e reali.

Quando ho più volte ripetuto come la serie sia un punto oscuro nel panorama giapponese odierno mi riferivo proprio all’incredibile capacità di Isayama di contrapporre alla rappresentazione fittizia di personaggi inseriti in vicende e contesti totalmente immaginari, una precisione nel delinearli che ce li fa apparire reali, come persone che possiamo trovare al nostro fianco. Una scrittura raffinata di cui è interessante vedere i risultati.

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Sul tema dell’amicizia l’esempio più lampante di questo discorso è l’emblematica scena contenuta nel capitolo finale dell’opera (139). Nel sogno in cui Eren va a trovare l’amico di una vita, Armin, troviamo tutta la toccante follia che ha raggiunto Eren per i suoi amici: lo sterminio dell’umanità intera era, da parte sua, l’ultimo gesto con cui regalare ai propri amici, le persone a cui tiene più della sua stessa vita, un mondo dove poter vivere finalmente in pace, senza che nessuno possa più attentare alla loro tranquillità.

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Per ricongiungerci al tema della crescita, Eren non voleva fare altro che isolare il suo ‘nido’ dalla follia del genere umano, rendendolo finalmente un vero e proprio pradiso terrestre, un ritorno all’età dell’oro in cui le persone a cui teneva così tanto potessero restare tranquille.

Un’ideale folle per rispondere alla follia dell’uomo, una scelta per cui era deciso a sacrificare la sua stessa vita. Riusciamo comunque a percepire la nobiltà di un gesto così eccessivo, a emozionarci per esso proprio per la sua genuinità e la sua contraddizione puramente umana. Lo stesso accade ad Armin, che ironicamente ringrazierà Eren di essere diventato un “mostro genocida per il nostro bene”.

Armin è ben consapevole, come lo spettatore, che l’atto di Eren è in tutto e per tutto sbagliato, ma non riesce comunque a non provare un sentimento di gratitudine nel sacrificio che l’amico ha ritenuto valere le loro vite. L’atto d’amore di Eren commuove paradossalmente proprio per la grandezza del suo male. Così come sono folli alcune azioni lo sono anche le relazioni d’amicizia, come nel caso di Berthold, Annie e Reiner e successivamente di Gabi e Falco con la famiglia di Sasha.

Il sentimento puro dell’amicizia mette in crisi tutte le ideologie sociali e razziali di cui i personaggi erano succubi, fino a farli entrare in crisi, rendendo ostico il distinguere amico e nemico (evidentemente sottolineato dalla doppia personalità che Reiner si crea per nascondere le proprie pene e fingere di poter vivere serenamente con il ‘nemico’).

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Gli amori sono un’altra folle ed egoistica costante di L’Attacco dei Giganti e a tutti corrisponde la medesima terribile fine, il fallimento. Gli amori sono resi impossibili sia dalla situazione terribile in cui vivono i personaggi, la guerra che divide le persone e ne causa la morte, sia dalla stessa natura egoistica di cui si nutrono, quasi fosse una pena da pagare. Di esempi ce ne sono molteplici, come la relazione tra Ymir e Historia, impossibilitata, come tra l’altro la definisce la stessa Ymir, dall’egoismo delle sue scelte.

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Cogliamo l’occasione per sottolineare come l’opera di Isayama sappia trattare le tematiche di genere in modo sempre sottile, lasciandole vivere con estrema naturalezza senza mai il bisogno di sottolinearle come fastidiosamente accade nell’epoca del politically correct in cui siamo immersi: la relazione omosessuale tra Historia e Ymir, l’inserimento di un personaggio dal sesso non definito come Hange (che invece nella serie animata viene descritto come donna, nonostante nel manga non sia appunto mai specificato o sottolineato) e uno dai tratti androgini come Yelena dimostrano l’attenzione dell’autore a descrivere una società quanto più vera possibile, nella sua varietà e libertà sessuale e di genere.

Ma ovviamente la relazione più forte di tutta l’opera è quella tra Mikasa ed Eren, legati indissolubilmente fin da bambini dopo essere sopravvissuti a un rapimento e uno scontro con 3 adulti. Mikasa pone Eren davanti a qualsiasi altra cosa, il suo egoismo sta proprio nell’aver anteposto la sua vita alla sicurezza delle operazioni a cui prendevano parte. Mikasa prova un amore assolutamente morboso per Eren, quasi quest’ultimo fosse un oggetto di sua proprietà, e definisce il percorso della sua vita al solo scopo di seguirlo in ogni scelta per poter stare al suo affianco, proteggerlo.