1966: 10 capolavori da vedere regista per regista [LISTA]

Il 1966 è stato forse il maggior anno di piena del cinema. Vediamo come ogni regista della lista ha segnato la storia in quell'anno.

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Au hasard Balthazar – Robert Bresson (1966)

Au hasard Balthazar | Institut français Milano

Capolavoro del regista francese, Au hasard Balthazar è uno dei film più belli di sempre. Protagonista della vicenda è un asino di nome Balthazar, che conduce un’esistenza itinerante al cospetto di più padroni, quasi tutti indifferenti o addirittura violenti.

Dotato di una grande intelligenza, viene anche reclutato per condurre calcoli matematici presso un circo. Particolare, però, è il legame tra l’animale e la ragazzina Marie (Anne Wiazemsky).

Lo spettatore riesce perfettamente a immedesimarsi nell’asino, con cui condivide una vita perennemente itinerante e immersa in un contesto sociale complicato. L’animale è simbolo di innocenza e purezza, le quali, però, vengono lacerate e soggiogate dall’asfissiante prepotenza dell’essere umano.

Il tema della violenza umana pervade, infatti, tutto il film, permeato da un delicato nichilismo. Inoltre, la scelta di un protagonista animale porta Bresson nella sfera ambientalista, che sarà approfondita in film successivi, culminando in Il diavolo probabilmente (1977).

L’opera offre anche spunti cristologici, basti pensare al battesimo iniziale dell’asino e alla sua vita, che coincide con la passione di Gesù. Altro elemento è la ghirlanda di fiori collocata sulla testa di Balthazar da Marie, poco prima che l’animale venga percosso per la prima volta: è un evidente parallelismo con la corona di spine del Cristo, affidatagli prima di portare la croce.

La fotografia del film, curata da Ghislain Cloquet, attinge molto al realismo rurale, mimando i dipinti di tale corrente. Bresson stesso cominciò la propria carriera come pittore prima di dedicarsi al cinema, perciò tale tendenza non deve stupire.

Tornano i frequenti particolari delle mani, riprese da diverse angolazioni, vera e propria cifra stilistica del regista francese. Lo stile asciutto è accostabile a quello di Dreyer, anche se più nella tecnica che nelle emozioni e nei dialoghi.

Oltre a Jean-Luc Godard, che ha amato il film, altri importanti registi come Michael Haneke, Nuri Bilge Ceylan e Béla Tarr si sono detti influenzati dall’opera di Bresson.