Underwater, Recensione del film con Kristen Stewart

Tra le novità al cinema da giovedì 30 Gennaio c'è anche Underwater: attesissimo film di science-fiction con Kristen Stewart e Vincent Cassel, ambientato in un mostruoso, terrorizzante abisso oceanico, 8.000 chilometri sotto il livello del mare.

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Dal 30 Gennaio al cinema arriva anche l’attesissimo Underwater. Progettato per celebrare la bellezza di una giovane diva dall’attitudine alternative, Kristen Stewart, Underwater è un film di fantascienza che cerca il punto di collisione tra i più grandi classici del genere: 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, ma anche Alien di Ridley Scott, epitome del primo grande tentativo d’ibridazione tra Horror e Science-fiction.

La luce purpurea dell’occhio di Hal 9000, la violenza di una specie marina sconosciuta, mostruosa e forse invincibile. Underwater preleva le più classiche icone sci-fi, ma muove in direzione opposta rispetto agli astri e lo spazio, per raggiungere le profondità estreme dell’oceano.

Certo, il confine tra una trama di stampo minimale e un plot didascalico, pretestuoso e vagamente prevedibile rappresenta in effetti un limite sottile. Per gran parte della stampa americana il film con Kristen Stewart supera quel limite, raccogliendo aspre critiche, incentrate soprattutto sulla sua natura “derivativa”, che combina citazioni e cliché del passato. Eppure, è il caso di aggiungere che il film diretto da William Eubank non cerca in alcun modo l’impatto di un’opera sperimentale, né ambisce a riscrivere le regole del gioco.

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Underwater di William Eubank, giovane filmaker devoto alla Science Fiction, sceglie un’unica direttrice, puntando integralmente sul versante visivo, e le potenzialità espressive del sound-design.

Dagli anni ’60 la storia della Fantascienza americana si separa infatti in 2 essenziali macro-categorie, che riflettono il naturale dualismo del Cinema. Da un lato, troveremo allora opere dalla natura fortemente allegorica, che scelgono lo spazio o gli scenari post-apocalittici di un futuro distopico come metafora del presente, delle ferite profonde della società contemporanea.

All’estremo opposto, c’è invece la Fantascienza intesa com genere d’elezione per una lunga serie di blockbuster. Opere al crocevia tra azione, thriller e sci-fi, incentrate sulla ricerca spasmodica di effetti speciali sempre più sorprendenti, nuovi ed esplosivi.

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Underwater si colloca esplicitamente nella seconda categoria: la Fantascienza intesa come intrattenimento puro.

La struttura è oltremodo essenziale, i dialoghi ridotti praticamente al minimo. Ma di contro, il film si presenta come un’esperienza audiovisiva radicale, che riserva una serie serrata d’intense sensazioni fisiche.

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Underwater: la sinossi del film

Kristen Stewart è Norah Price: ingegnere meccanico che vive ormai da mesi in una base situata 6 miglia e mezzo sotto il livello del mare. Stiamo parlando del fondo dell’oceano, a ben 8000 chilometri dalla terra ferma. E se quello di Underwater è già di per sé uno scenario estremo, con la sequenza d’apertura del film, saremo proiettati subito in un autentico disaster-movie.

Quello che sembra un terremoto di proporzioni devastanti colpisce la base. In pochi minuti Noah realizza di essere tra i pochissimi sopravvissuti, insieme al Capitano Lucien (Vincent Cassel) e 4 altri membri dell’equipaggio.

La base sottomarina ha subito danni irreparabili. Una base che per altro non è delegata semplicemente a trivellare i fondali oceanici, ma contiene anche una vera e propria centrale nucleare, il cui nucleo si presenta ora instabile.

Ad ogni passo le difficoltà si moltiplicano e le chance di sopravvivere sembrano sempre più inconsistenti. Per questo, il Capitano Lucien prenderà l’unica decisione possibile. In termini pratici, si tratta di scegliere tra una morte certa, e una missione ai limiti dell’impossibile, che necessita fatica, coraggio e sofferenza, ma rappresenta un’ultima, remota speranza.

Per i 6 superstiti inizia così un’odissea che attraversa le profondità degli abissi. Una sfida contro lo spazio, il tempo e le proprie stesse risorse fisiche. Il viaggio, naturalmente è complicato dalla minaccia di mostruosi mutanti, creature marine di cui nessuno conosceva ancora l’esistenza.

Se la trama è esile, la forza di Underwater è stringere lo spettatore in una morsa audiovisiva senza tregua, una gabbia claustrofobica, che restituisce davvero la sensazione d’essere intrappolati alla fine del mondo.

È un esempio di Fantascienza intesa come esperienza fisica, fondata su una serie di soluzioni sempre più stupefacenti. Il buio cosmico che caratterizza normalmente lo spazio, diventa qui un’oscurità magmatica, claustrofica. Ma il sound-design è forse tra i tratti più interessanti di Underwater.

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Fin dalle prime esplosioni, intere sequenze sono girate in soggettiva sonora: soluzione che costringe lo spettatore a condividere terrore e spaiamento dei protagonisti, prigionieri di quella che era una base avveniristica, ma è ormai ridotta a una trappola di morte.

Non c’è metafora né messaggio, ma certo l’intensità di un cinema che sfrutta al massimo le opportunità offerte dalla più moderna CGI e dal Dolby Atmos, che è forse la vera chiave di volta del film.

Naturalmente, c’è anche un uso insistente del primo piano, che torna in modo ricorrente sullo sguardo dolente di Vincent Cassel, ma soprattutto sul viso di Kristen Stewart, le proporzioni auree della sua bellezza rinascimentale.

Non c’è solo il volto, ma anche la fisicità statuaria della protagonista di Twilight e del nuovo, criticatissimo Charlie’s Angels. Dopo l’incredibile annuncio della Hollywood Critics Association, che ha eletto Kristen Stewart attrice del decennio, la nostra eroina sta certamente vivendo un nuovo apice della sua carriera. Underwater, da questo punto di vista, è un film dedicato espressamente ai fan dell’attrice californiana.

Il personaggio di Norah, deve i suoi limiti proprio al tentativo di replicare Ripley, irraggiungibile icona sci-fi, legata indissolubilmente a Sigourney Weaver e l’universo di Alien. Di quell’immaginario, Underwater non possiede né il mordente né l’aura del mito. Eppure, Kristen Steward in versione fantascientifica si è rivelata più abile del previsto. Senza contare l’efficacia dei suoi costumi, che forse ricordano più Jane Fonda e l’ammiccante Barbarella, che non la saga di Ridley Scott.

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