10 capolavori trash nella “musica” italiana contemporanea

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Dieci capolavori trash italiani che hanno reso la nostra vita più bella.

Sappiamo tutti che stiamo vivendo nell’epoca d’oro del trash, e ogni giorno rendiamo grazie per questo. Il trash, lo si sa, è tanto più godibile quando viene identificato come tale: lo ascolti, senza aspettarti nulla, e ti diverti. Per nostra fortuna molti “artisti” hanno capito che fare trash è, oggi, una scala sicura per il successo. Si tratta di produrre un contenuto di qualità amatoriale, provocatorio ma anche demenziale, e di rendere questo contenuto virale.

Questa è la strategia che, grazie alla iper-velocità della rete, può rendere dei perfetti sconosciuti come il piccolo Lucio delle superstar musicali. Superstar famose almeno quanto (se non più) degli artisti “reali” in cima alle classifiche. Nel nostro paese, nell’arco dell’ultimo decennio, sono state prodotte delle perle trash di incredibile bellezza, fenomeni di un’ingenuità e semplicità commovente, che hanno reso più bella la nostra vita. Fenomeni che, però, ad ascoltarli bene e a leggere tra le righe, dicono più di quello che sembra. Ecco i nostri dieci migliori momenti trash nella musica italiana contemporanea.

10. Checco Zalone – Siamo una squadra fortissimi

Conosciamo tutti Checco Zalone, e la sua comicità sottile. In questo inno calcistico intenzionalmente sgrammaticato, Checco prende in giro la calciofilia italiana. Non manca un bel riferimento a Luciano Moggi e allo scandalo detto “Calciopoli“.

9. Lil Angel$ – Estate

Brano celebrativo della stagione preferita dai rapper, potenziale hit da spiaggia con belle ragazze, location esotiche, cantati in inglese con pronuncia pessima e occasionali “suck my dick”, che ci stanno sempre bene.

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8. Luca Sarracino feat. Elvira Visone – Mi hai rotto il cuore

Una lacrima strappa storie. Lei: gli rompe l’anima fino ai limiti estremi della sopportazione. Lui: si sfoga in neo-melodico avanguardistico, prorompendo infine nell’invito già reso famoso da Marco Masini. Tutto bellissimo.

7. Trucebaldazzi – Vendetta vera

Il vero eroe del gangsta rap nostrano si destreggia in liriche rancorose contro la sua scuola, tra rotacismo e flow perfettamente fuori metrica. Attenzione, finale esplosivo.

6. Uomini con piedi con patate

Non sappiamo neanche come cominciare a descrivere questa cosa. “Hommes avec le pieds avec le pommes de terre”. Alcuni scienziati ipotizzano, ma non è provato, che si tratti di una via di mezzo tra un inno neo-femminista e un rito satanico. A noi sembrano le L7, invecchiate, datesi all’avanguardia neo-gothic. In ogni caso, terrificante.

5. Enrico Papi – Mooseca

Il nostro Enricone nazionale si trasforma in Fabio Rovazzi con questo capolavoro trash accuratamente studiato per provocare, divertire, e attirare i vecchi fan di Sarabanda. Featuring: l’Uomo Gatto, Vittorio Sgarbi, qualche milf occasionale, il millennium whoop, e la Fiat Panda.

4. Richard Benson – I nani

Facile descrivere questo pezzo: dite “i nani” e moltiplicate per diecimila. Assolo imitati malissimo, ambientazione da film horror norvegese, nani di gesso da tutte le parti (specie sulle rive del fiume), e non scordiamoci la mandragola, la betulla, la canfora e il fico sacro. Produzione e regia, assolutamente senza motivo, di Federico Zampaglione dei Tiromancino.

3. Piccolo Lucio – A me me piace ‘a Nutella

Nanni Moretti spostati. Il piccolo Lucio, oggi soprannominato ufficialmente “‘o diabete”, non si trattiene dal mostrare tutto il suo apprezzamento per il junkfood, dando nel frattempo mostra di doti vocali che gli hanno già guadagnato la nomea di nuovo Gigi D’Alessio. Biagio Cipolletta oscar come miglior attore non protagonista.

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2. Bello Figo Swag – Io no pago afito

“Io no pago afito, io no faccio opraio”. La cosa in assoluto più bella di questa canzone è che c’è davvero chi, in Italia, l’ha presa sul serio. Un pezzo costruito per essere a un tempo provocatorio, auto-parodistico e anti-razzista, è divenuto un caso eclatante, oggetto di polemiche manchevoli di ogni cognizione di causa. Notare, a tal proposito, lo sguardo del passante, inorridito. Frase chiave: “Io non mi sporco le mani, perché sono già nero”.

1. Il pulcino Pio

Sì, lo sappiamo. Sappiamo che anche voi, dopo aver sentito le prime tre note di questa cosa, sarete tentati di distruggere il vostro laptop, o di gettare il telefono in una cloaca. Tranquilli, succede a tutti. Il fatto è che questo motivetto irritante ci ha talmente tormentati, nell’estate del 2012, che ora è reazione comune a tutti noi provare per esso un odio repulsivo, pari a quello per il nazifascismo, o per la Rana Pazza. Un grottesco incrocio tra la Fiera dell’est di Angelo Branduardi e il Gioca Jouer di Claudio Cecchetto, con finale (soft-)splatter. Se l’avete ascoltata una volta, non importa quanto cercherete di non pensarci, vi tornerà in testa ogni volta che qualcuno dirà “pio”, “pulcino”, o anche solo “il”.

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