Richard Benson: leggenda della chitarra o mito del trash? E perché non entrambi?

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Richard Benson è venuto a mancare tutti gli ambienti dell’arte e dell’intrattenimento italiani stanno piangendo la sua scomparsa

Ormai l’avrete saputo: Richard Benson è morto. Bizzarro pensare che le voci riguardanti una sua presunta morte l’hanno inseguito diverse volte prima d’ora; tanto da condurlo, durante una delle sue tante trasmissioni televisive, ad affermare lapalissianamente: “Io non sono mai morto”.

Ora però è successo davvero, e un’Italia che per anni e decadi lo ha bistrattato solo per incoronarlo poi come tardivo fenomeno trash di metà anni ’10 piange ora la sua scomparsa. Le vecchie generazioni lo ricordano come mito della chitarra, esperto di rock e metal, figura portante della scena romana, della scena prog e dell’ambiente chitarristico nel nostro paese.

Le nuove, invece, lo ricordano per i suoi infiniti tormentoni. Da “Un pollooooooooo!” a “No, ma come cazzo ha fatto a entrà questo?” Il Richard più trash, dapprima involontariamente tale nelle sue apparizioni televisive negli anni ’00; poi complice del fenomeno, culminato nel brano trash I Nani (qui sotto), ormai fulcro portante della sua mitologia.

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La sua attività discografica, piuttosto scarna, si riassume specialmente nel cult prog dell’omonimo gruppo Buon Vecchio Charlie, album registrato nel 1971 ma distribuito solo diversi anni dopo. Ciò per cui Benson è specialmente ricordato sono le sue numerosissime apparizioni televisive e in radio, a partire dal programma di Renzo Arbore chiamato Per Voi Giovani, già tutto un dire.

Richard presenta storicamente tutte le novità discografiche, delle quali è pronto esperto fino alla fine; ma è anche una stella polare per i chitarristi italiani, padroneggiando lo strumento con una perizia pari a pochi altri “tecnici” nostrani. I corsi, i suggerimenti e le lezioni che impartisce estrinsecano per l’Italia il mondo delle sei corde come poco altro può.

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